di Valerio Evangelisti
Non dedicherò molto spazio al ricordo di un grande amico e di un grande scrittore. Ancora non riesco a rendermi pienamente conto che Sergio Altieri, meglio noto come Alan D. Altieri, da due giorni non c’è più. Mi vengono in mente frasi elogiative che rischiano di suonare vuote, di maniera. Potrei dire che era un uomo profondamente buono, generoso, onesto. Che la sua umiltà naturale quasi metteva in imbarazzo. Che mancava totalmente di saccenza, ambizione personale, vanagloria. L’esatto inverso dei modelli intellettuali prevalenti.
Lui, che chiamavo il Lupaccio, si sarebbe sottratto ad apologie del genere. E allora lo ricorderò per la sua forza, niente affatto incompatibile con le virtù che ho elencato. Forza nello scrivere pagine roventi, di potenza impressionante, con uno stile tutto e solo suo, fatto di immagini che sembrano scolpite. Forza nel commentare gli eventi del mondo con lucidissimo pessimismo, magari alleggerendolo con interiezioni americane che anche nel parlare gli uscivano spontanee (aveva vissuto a lungo negli Stati Uniti). Forza nel sottrarsi a fazioni, conventicole, “scuole” di qualsiasi tipo, davvero lontanissime dalla sua innata libertà di pensiero.
Potrei fare un lungo elenco di romanzi e racconti in cui l’energia di Sergio non solo è presente, ma esplode addirittura. Mi limito a citare la trilogia Magdeburg, che pare incisa nella roccia, o il recente ciclo di fantascienza, composto dai romanzi Juggernaut, Magellan e Maelstrom, quest’ultimo destinato purtroppo a uscire postumo. Ma invito soprattutto il lettore a inserire “Alan D. Altieri” nel motore di ricerca di Carmilla. Troverà tanti interventi del grande pessimista, intinti di dolente ma appassionata chiaroveggenza.
C’è altro da aggiungere? Be’, in tanti si sono avvalsi della bravura di Sergio (The Maltese Falcon di Dashiell Hammett tradotto da lui, per dirne una, è veramente un’altra cosa), ma nessuno ha mai pensato a candidarlo a un premio intitolato a un liquore dolciastro color piscia. Sergio avrebbe reagito con iroso stupore. Lui, romagnolo, aveva nel sangue il Sangiovese, mica la pappa per gatti.
Addio, caro Alan D., caro Lupaccio. Quando andrò in paradiso (ti vedo scettico) verrò a trovarti nel Walhalla.