di Franco Foschi
Collettivo MetalMente, Wu Ming 2, I. Brentani, Meccanoscritto, Alegre Edizioni, 2017, pp. 350, € 16.00 (con un racconto di Luciano Bianciardi)
Saremo passati di moda noi che amiamo parole come giustizia, libertà, lotta? Saremo dinosauri a un passo dall’estinzione, saremo patetiche marionette del passato, o forse illusi combattenti del nulla visto che la resa e la rassegnazione, tanto amate dai cinici moderni, ancora ci infiammano di ribellione?
Ecco, questo libro serve proprio a dirci il contrario. Cari miei, le lotte di ieri sono esattamente le lotte di oggi: i capitalisti, i ‘padroni’ di ieri, oggi forse hanno altri nomi, sono impalpabili, non impugnano più la pistola per sparare contro gli operai, usano mezzi più subdoli, sinuosi. Si sono impadroniti, per esempio, della politica, non la fronteggiano più, la manipolano, ma il risultato è, per chi lavora, sempre lo stesso: la sopraffazione.
Bene lo hanno compreso Ivan Brentani, il curatore di questo libro fenomenale, Wu Ming 2, spalleggiatore eccellente, e gli eccellenti spalleggiatori del Collettivo MetalMente. Sono partiti da una curiosità, un concorso letterario bandito dalla FIOM negli anni 60, per ripercorrere, narrativamente, la storia di alcune lotte operaie dell’Italia di allora, intrecciandole con scritti ‘metalmeccanici’ di oggi e con il racconto, per molti versi agghiacciante, dell’evoluzione storica del sopruso padronale. Intercalando poi con infra-racconti legati ai titoli dei giornali dei tempi, come cartine di tornasole rivelatrici di come si fa a rigirare la frittata, i responsabili di tutto ciò hanno prodotto da una apparente frammentazione un progetto solidissimo, uniforme, e un libro di impressionante forza.
Dopo una lunga, e del tutto insolita, introduzione in cui sentiamo parlare oltre ai curatori anche capi vecchi e nuovi della FIOM come Sacchi e Landini, si entra nel vivo dell’idea primitiva, quella di ‘utilizzare’ i racconti di quella singolare iniziativa degli anni 60 per arrivare fino a noi, a oggi, al ‘che fare’ sempre attuale.
I piani di lettura sono quindi diversi: da una parte i vecchi racconti, tutti molto militanti, nei quali anche il linguaggio è uno specchio dei tempi, che cede senza complessi al gergo, al dialettale, alla grana rossa, diciamo. Un secondo piano è quello della lettura dei titoli di giornale. Questa è abbastanza impressionante, una stessa notizia strillata dall’Unità viene stravolta e deviata dal Sole 24 ore con una piroetta da derviscio che solo l’ideologia conservatrice può permettere. Ho detto ‘impressionante’ perché quel modo dichiarava con chiarezza tutto ciò che abbiamo perso: e cioè la comprensione di chi-sta-con-chi. Oggi il sole 24 ore produce un inserto letterario domenicale molto amato dagli intellettuali di più o meno sinistra…
Allora si conoscevano e riconoscevano i nemici. Ora i nemici sono entità indistinte, tipo la JP Morgan (allucinanti certi report in proposito che possiamo leggere qui), mentre dai politici di professione nessuno si aspetta più nulla. A questo proposito è davvero significativo che quasi in conclusione venga riportato il racconto del Collettivo MetalMente che riprende i temi del lavoro oggi: ebbene, è un racconto di fantascienza…
Eppure, come detto in precedenza, l’unità e la direzione di questo libro sono solidissimi, e l’obiettivo davvero elevato: e cioè la risposta alla domanda ‘ma davvero il lavoro è finito?’. Grazie all’interesse feroce che questo libro solleva, sappiamo che la risposta è no, anzi ‘NO!’. Ci dice che siamo tornati agli anni 60, che è tempo di lotta e di reclamare i diritti sfilati via con nonchalance da quella tribù vergognosa di ipocriti fintamente popolari, veri nani sulle spalle dei giganti (del passato) con nomignoli come monti, fornero, marchionne, renzi, e compagnia bella.
Che il potere, da sempre (religioso, militare, economico che sia), desideri dirigere una tribù di lobotomizzati lo sappiamo. Il fatto è che anche se tanti sono stati lobotomizzati, quelli non non smetteranno mai di credere ai diritti, all’equità, al valore del lavoro. Un libro come “Meccanoscritto” non può che essere la bibbia laica di questi credenti