di Paolo Lago
Bram Stoker, L’ospite di Dracula (Dracula’s Guest), testo originale a fronte, Leone Editore, Milano, 2016, pp. 51, € 6,00
L’ospite di Dracula è un capitolo tagliato del romanzo di Bram Stoker, Dracula (1897), recentemente recuperato come un godibilissimo racconto e pubblicato da Leone Editore nella collana di classici della letteratura con testo a fronte, nella bella traduzione di Andrea Cariello. Al centro del racconto vi è il tema del viaggio, importantissimo anche nella versione definitiva del romanzo dello scrittore irlandese: il protagonista (presumibilmente lo stesso Jonathan Harker), durante il suo viaggio per raggiungere la dimora del conte, fa tappa a Monaco e, incautamente messosi in cammino all’approssimarsi della notte di Valpurga (peccato per il refuso, sul risvolto di copertina, «notte di Valpurnia»), si troverà immerso in una situazione da incubo. Secondo il folklore germanico e dell’Europa settentrionale, nella notte di Valpurga (della quale la più famosa eco letteraria si può incontrare nel Faust di Goethe), fra il trenta aprile e il primo maggio, le streghe si ritrovano per danzare alla luce della luna. Nell’area tedesca e nordica, in questa notte, vengono celebrati dei festeggiamenti per salutare l’arrivo della primavera.
Il racconto è interessante perché sembra rispecchiare al suo interno la struttura di viaggio dello stesso Dracula. La narrazione in prima persona è incentrata sulla partenza del protagonista dopo aver alloggiato a Monaco in un albergo, l’hotel Quatre Saisons. Dopo aver percorso un certo cammino in carrozza, fra boschi e vallate, il cocchiere si rifiuta di proseguire poiché sta facendo sera e quella che sta giungendo è la ValpurgisNacht (cioè la notte di Valpurga). Nessun tedesco, infatti, si avventurerebbe in quei luoghi in quella notte. Il personaggio ribatte che lui non è tedesco e, ostinatamente, insiste per proseguire a piedi fino ad imbattersi in un cimitero abbandonato. Il movimento di viaggio avviene tra una grande città come Monaco e uno spazio ‘desertico’ e lontano caratterizzato da boschi, vallate e montagne. Lo scrittore ci presenta poi uno scontro tra due mentalità: quella razionalista del giovane inglese e quella superstiziosa e legata ad arcaiche credenze del cocchiere tedesco. Anche in Dracula assistiamo al progressivo avanzamento del protagonista in uno spazio ‘esotico’ e lontano dal razionalismo inglese, verso l’Europa centro-orientale. Ad esempio, quando Harker raggiunge Budapest, annota nel suo diario (il romanzo è costituito da pagine di diario e da lettere) di avere la sensazione di trovarsi in un punto di incontro fra Oriente e Occidente. Lo spirito con il quale il personaggio va incontro alla terra incognita della Transilvania è lo stesso di un razionalista inglese del Settecento: afferma infatti di aver fatto ricerche al British Museum, prima di partire, sugli usi e i costumi di quella lontana e ‘selvaggia’ regione; annota inoltre nel suo diario ogni particolarità sulla cucina e le usanze dei paesi che attraversa, soprattutto della Transilvania. Un universo strano, esotico, affascinante, velato quasi di magia, si affaccia all’orizzonte del viaggiatore inglese che, gradatamente, si sta immergendo in territori sconosciuti. Come ha scritto Edward W. Said, il viaggiatore colto inglese che si reca in Oriente in epoca vittoriana si muove come un padrone sulla sua terra poiché attraversa un territorio colonizzato culturalmente e politicamente dalla Corona britannica. In questo senso, Dracula riflette profondamente la mentalità vittoriana (periodo in cui l’Inghilterra conosce un vero e proprio predominio culturale, commerciale e coloniale): Harker che si muove verso la Transilvania sembra rappresentare quasi la raziocinante mentalità inglese che si incontra con l’altro da sé, il Diverso, lo Straniero. Dal centro del mondo, rappresentato dalla Londra vittoriana, dallo spazio «striato» per eccellenza, lo spazio cittadino – per utilizzare un’espressione di Deleuze e Guattari – Harker si muove verso lo spazio «liscio» e nomadico del «deserto». Lo stesso conte Dracula appare come l’incarnazione più perturbante della figura dello Straniero. Egli, in un movimento di viaggio contrario rispetto a quello del protagonista, si recherà successivamente nella città per sferrare il suo attacco al cuore della civiltà e contemporaneamente al cuore del capitalismo colonizzatore e accentratore. Come un nuovo Dioniso, Dracula diffonde l’irrazionalità e la malattia all’interno del razionalismo borghese dell’Ottocento, proiettandosi nel cuore di quella Londra vittoriana che, nei suoi interstizi, produceva comunque già di per sé numerosi ‘mostri’ e creature fantastiche, come racconta il bel libro di Franco Pezzini, Victoriana. Maschere e miti, demoni e dèi del mondo vittoriano, uscito recentemente per Odoya.
Proprio come avviene in L’ospite di Dracula, anche nel romanzo la mentalità razionale di Harker si scontra con quella superstiziosa delle popolazioni indigene. Nel momento della partenza dalla locanda verso la magione di Dracula, la vecchia locandiera si reca nella stanza di Harker scongiurandolo di non partire poiché si sta avvicinando la notte di San Giorgio (specchio della notte di Valpurga del racconto), in cui i poteri oscuri e malvagi si aggirano sulla Terra. Durante il viaggio in carrozza, poi, il cocchiere e gli altri viaggiatori si rivolgono al protagonista con strani gesti e con segni della croce, poiché sapevano che il giovane straniero si sarebbe diretto al castello ‘maledetto’ di Dracula. Harker liquida ogni ammonimento dei locali con l’espressione «fantomatiche paure». Come nel racconto, egli insiste nel proseguire il suo cammino nonostante i numerosi avvertimenti del pericolo imminente.
L’albergo, la locanda è uno spazio letterario assai importante nella narrativa di viaggio e in Dracula in particolare. Se in esso, Harker, in Transilvania, alloggia in un’antica locanda in un paesino sperduto, nel racconto il personaggio alloggia a Monaco in un grande albergo di lusso dal nome francese. La sosta nella locanda (nonché la stessa struttura del viaggio) sarà un topos ricorrente anche nelle diverse riletture cinematografiche del romanzo di Stoker, dal Nosferatu (Nosferatu. Eine Simphonie des Grauens, 1922) di Friedrich Wilhelm Murnau fino al Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker’s Dracula, 1992) di Francis Ford Coppola passando attraverso le produzioni Hammer degli anni Sessanta. La sosta nella locanda viene poi narrativamente ampliata in quella che è la più geniale parodia cinematografica dedicata a Dracula, Per favore non mordermi sul collo (The Fearless Vampire Killers, 1967) di Roman Polanski. Il film narra le avventure del professor Abronsius e del suo assistente Alfred i quali, dopo un lungo viaggio attraverso l’Europa centrale dedicato alla ricerca dei vampiri, si fermano in una locanda in un paesino della Transilvania. Qui si succedono ad un ritmo incessante numerose gag, dagli scambi di persona e dagli inseguimenti notturni per i corridoi fino all’innamoramento non ricambiato dell’ingenuo Alfred per la bella locandiera, figlia della padrona, che verrà ‘vampirizzata’ dal conte.
In L’ospite di Dracula il movimento verso il luogo ‘esotico’ che sarà lo sfondo della vicenda da incubo vissuta dal protagonista è una vera e propria immersione in un ambiente naturale descritto come dotato «di un’affascinante bellezza». Ugualmente, in Dracula, mentre Harker viene condotto in carrozza al luogo dell’appuntamento con il cocchio del conte, rimane letteralmente affascinato da una natura descritta come bellissima e stupefacente. Nella rilettura quasi ‘filologica’ del film di Murnau attuata da Werner Herzog con Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu, Phantom der Nacht, 1979) viene accentuato proprio l’elemento della bellezza della natura durante il viaggio a piedi di Harker verso il castello di Nosferatu, viaggio musicalmente cadenzato dal Preludio all’Atto I de L’oro del Reno di Wagner. Nel nostro racconto, la natura che era apparsa al protagonista come un bellissimo e placido teatro naturale si trasforma improvvisamente in uno scenario terribile: comincia infatti a imperversare una tormenta di neve e lo sprovveduto viaggiatore sarà costretto a trovare rifugio in un cimitero abbandonato. Qui egli farà un perturbante incontro con una vampira, la contessa Dolingen di Graz, morta suicida, personaggio femminile nel quale si rispecchiano le vampire incontrate da Harker al castello in Dracula (del resto, la donna vampiro aveva debuttato in letteratura ben prima di Dracula, nel 1872, con Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu).
Salvato in extremis dalle fauci della vampira e da quelle di un lupo mostruoso ad opera un gruppo di soldati, l’incauto viaggiatore inglese viene ricondotto a Monaco all’Hotel Quatre Saisons. Qui scoprirà che l’albergatore aveva allertato i soccorsi proprio grazie a una lettera di Dracula nella quale il conte si raccomandava di vegliare su quel suo giovane ospite, «inglese, quindi di indole avventurosa». Il racconto si chiude su queste parole dell’incauto viaggiatore: «Di certo godevo di una misteriosa forma di protezione. Da un paese lontano era arrivato, proprio in extremis, un messaggio che mi salvava dal pericolo di rimanere addormentato nella neve e dalla minaccia delle fauci del lupo» (p. 51).
Ancora non sa, l’ingenuo protagonista, che di lì a poco quel ‘protettore’ misterioso, «da un paese lontano», sferrerà un terribile attacco alla sua Londra vittoriana, cuore economico e culturale di un inconsapevole Occidente.