di Emanuele Manco
Alan D. Altieri, Killzone. Autostrade per l’inferno, TEA, pp. 262, € 12,00
La nuova antologia di racconti di Sergio “Alan D.” Altieri ha per protagonista Russell Kane, lo Sniper già visto in tre romanzi dei cinque che lo scrittore milanese ha previsto per il personaggio.
Solo uno dei sei racconti è inedito, si tratta di “Dry Thunder”, primo della raccolta, nel quale viene mostrata una diversa versione dell’epilogo di “Victoria Cross”, nel quale il personaggio sembrava morire nell’esplosione di un pozzo petrolifero nel golfo del Messico.
Ed è già da questo primo racconto che si evincono alcuni elementi che sono la costante narrativa e tematica della raccolta.
La costante narrativa è la capacità ormai non comune di scrivere un racconto che abbia una struttura solida, con un inizio, un centro e una fine. A prescindere dallo stile fatto di frasi brevissime, di terminologia cinematografica e di suggestioni più visive che letterarie, i racconti hanno una struttura senza falle. Felice di sapere che Altieri non rinnega di essere un mestierante dello scrivere, non c’è nulla di cui vergognarsi nell’essere tale.
In “Dry Thunder” Altieri risolve brillantemente anche il problema di come raccontare in breve quanto successo nel romanzo, intervallando il racconto della fuga di Kane con dei rapporti in puro stile burocratese, che riassumono ciò che serve alla comprensione del racconto.
Quello che però stupisce è il secondo livello di lettura del racconto, che narra delle speculazioni, delle corruzioni messe in atto da multinazionali del petrolio per trivellare illegalmente nel Golfo del Messico. Ancora una volta un “cialtrone”, un “contastorie” vede più lungo di quanto non riescano a vedere prestigiosi giornalisti e i mezzi della cosiddetta “informazione”. Ancora una volta un inventore di favole ci racconta storie che, spazzate vie le iperboli, sono ambientate in un mondo così crudo che preferiamo guardare da un altra parte. Ma ecco che il contastorie ci ricorda che è meglio tirare fuori la testa dalla sabbia.
Prima di scandalizzarvi per questo, domandatevi che razza di mondo abbiamo costruito, dove devono essere dei raccontapalle di professione a raccontarvi del mondo reale.
Ma di essere un puro narratore Altieri non si dimentica. Il secondo racconto “Monsone” è puro intrattenimento, nel quale gustiamo l’incontro tra Kane e Chance Renard, il “professionista” creato da Stefano di Marino. Il racconto è un puro divertissement, realizzato nello stesso spirito degli incontri tra l’Uomo Ragno e Devil, dove due personaggi troppo simili per amarsi inizialmente diffidano l’uno dell’altro e poi si spalleggiano a vicenda per cavarsi d’impiccio. Alla fine sappiamo che un’altra amicizia nel mondo dei personaggi è nata, e sarà per sempre.
Il terzo racconto, “The Joshua Tree”. è aspro come il luogo di cui parla. La vicenda di Kane nel deturpato parco naturale della California, alle prese da un lato con una classica dark lady, dall’altro con un torre da distruggere al centro di complotti in un mondo che ormai è al completo collasso. Forse il racconto è meno riuscito da un punto di vista strettamente strutturale. D’altra parte era nato per una raccolta sul tema dell’amore e della morte, per cui è più concentrato sulla dinamica tra i due personaggi che a delineare un chiaro quadro generale. Ma gli sprazzi che intravediamo ci lasciano comprendere di uno scrittore che è attento al mondo in cui vive, in modo del tutto inaspettato.
Con “Il giorno dell’artiglio” Altieri dice la sua sulla guerra in Afghanistan. In modo chiaro e senza perifrasi. A suo modo ovviamente, raccontando una vicenda che narra non solo di una sporca guerra, ma anche di sporche azioni compiute nel nome della “democrazia”. Non scrive saggi Altieri, non compie complesse analisi sociali, ma dal racconto emerge un pensiero lucido. Forse più lucido di quanto la scrittura sincopata faccia apparire. Viene sempre da dire: Ma vi stupite ancora? Ma deve essere uno che racconta storie a farvi comprendere l’ovvio, come il bambino che gridava che il Re era nudo? A che cosa serve il surplus di informazione che tra tv, giornali e internet ci sommerge ogni giorno?
“Family Day” è quasi un romanzo breve. Ambizioso nei propositi, il racconto amplia gli orizzonti sul mondo in rovina nel quale si muove Kane. Rovina strutturale che è anche morale. Non la fa anche qui lunga e noiosa. Non verrà mai invitato Altieri a un dibattito sulla rovina della famiglia, perché “Family Day” non è un saggio su questo tema. Ma la sua visione non è meno efficace, anche se la cosa più riuscita del racconto è l’evocazione del fantasma post industriale di Detroit, ridotta anche nel mondo reale a una cattedrale nel deserto. Una città che dagli anni ’60 a oggi ha visto dimezzare la sua popolazione, con interi quartieri formati da edifici vuoti. E’ un universo narrativo più ampio di quanto non sembri, ma basta farci mente locale ed emerge con forza. E fa perdonare gli eccessi stilistici dello scrittore.
“Zona Zero”, con cui si chiude la raccolta, era apparso in “Bad Prisma”, l’antologia curata da Danilo Arona pubblicata sulla defunta collana Epix. E’ un racconto che vive solo di suggestioni visive, di dialoghi intrecciati tra diversi piani e diverse vicende. Nel realismo estremo della guerra in Irak irrompe uno spirito, Melissa Parker. Pur tuttavia l’incursione nel campo dell’horror e del mistero fantastico nulla aggiunge all’orrore della guerra, con l’efficace descrizione della Kuwait Highway 80 (che però nel racconto diventa la numero 1 per licenza narrativa suppongo), l’autostrada della morte già descritta da Sam Mendez in “Jarhead”. Non è un caso, Altieri stesso ha affermato di aver attinto al film, che tra l’altro ha per protagonista proprio un cecchino.
L’episodio è crudissimo e merita di essere ricordato. Nella notte tra il 26 e il 27 febbraio 2001, le truppe irachene in ritirata, che con ogni mezzo possibile ritornavano dal Kuwait all’Iraq, vennero bombardate dall’aviazione statunitense e alleati. Il risultato fu una striscia di veicoli distrutti e di loro occupanti carbonizzati che si estendeva per chilometri e chilometri.
E’ il fatto di ricordare simili episodi in un prodotto che dovrebbe essere di puro intrattenimento che dà un valore aggiunto all’opera. Intrattenimento che non è decerebrato, non è avulso da questo mondo. Vi scandalizzate se dico che questo “cialtrone”, questo racconta storie ci prende meglio di tanti “titolati” nei vari settori? Ve l’ho detto e ve lo ripeto. Non sparate su chi vi racconta le storie, non ha senso. Incazzatevi come iene con chi vi racconta ben altre palle, scambiandole per verità, per informazione e invece vi prende solo in giro.