di Girolamo De Michele
Ho fatto un sogno strano.
Ero tornato tra i banchi di scuola, ma dall’altra parte: uscito di casa con la borsa da professore, mi ritrovavo seduto tra studenti in attesa dell’apertura delle buste. Cosa succede, chiedevo? Come, cosa succede? Stanno per arrivare le tracce della prova di italiano.
E infatti entrava in classe, scortata da due carabinieri, la preside, e chiamava due studenti come testimoni dell’integrità della fatidica busta.
E lì mi accorgevo di conoscerla, quella signora: era la preside Ugolini, dirigente di spicco dell’INVALSI, esponente di Comunione e Liberazione e dirigente di un liceo parificato di Bologna: eravamo a Bologna, dunque? Ma che ci facevo in un liceo privato?
Intanto la preside, aperta la busta con una netta sforbiciata, consegnava al Presidente di Commissione le tracce. Dal brusìo dei miei compagni di classe percepivo il timore che il Presidente ispirava: si sapeva che era un insegnante di matematica, un universitario addirittura!, e questo accresceva la tensione (i profe di mate fanno sempre paura). Di nuovo, mi capitava una curiosa reminiscenza: io questo matematico lo conoscevo, era il professor Vittadini, docente universitario di Statistica, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà: un altro ciellino, per le corna di mille alci!
E come spuntata dal nulla, si affacciava sulla porta il ministro Gelmini, che salutava il Presidente e chiedeva: tutto bene? Tutto bene, ministro: adesso facciamo le fotocopie e poi leggiamo le tracce, ma stia tranquilla, va tutto bene, tutto benissimo…
Intanto che il Presidente parlava, l’aula cominciava a crescere in dimensioni, posti, e soprattutto alunni: eravamo centinaia, qualcuno diceva milleottocento. E decine di professori nelle prime file, e la cadenza del mormorìo di fondo che si faceva sempre più toscana. Al posto del professor Vittadini c’era ora un tale che ci salutava a nome dell’Associazione Diesse, e dichiarava aperti i Colloqui Fiorentini su Giacomo Leopardi.
Forse sto sognando, mi dicevo: duemila ciellini a discutere di Leopardi? Ma quando mai!
Eppure tutt’intorno sentivo i convenuti, l’uno dopo l’altro, affermare «l’impossibile riduzione a schemi precostituiti» e il «nulla relativo», la bellezza come «strada verso la felicità» e «una nuova esigenza di realtà».
Poi entrava in classe la bidella con le fotocopie, e diceva sorridente: «l’amore è la legge del rapporto con l’infinito».
E lì, un attimo prima di svegliarmi, ricordo di aver pensato: vuoi vedere che quest’anno esce Leopardi?