di Cynthia Franco*
Cynthia Franco (1988) è una poetessa originaria di Tijuana (Messico) che si dedica principalmente alla poesia orale. “Nacqui” ho avuto l’occasione di ascoltarla declamata dalla stessa autrice. Mi ha colpito la sensibilità e l’intimità con la quale è messa in verso la condizione biografica degli abitanti delle zone settentrionali di frontiera. Una condizione che rimesta la violenza di una modernità senza scrupoli, con la speranza e la forza della visione ancestrale della vita umana, nella quale mescolanza l’ottimismo non può arrivare a lucente compimento, così come il nichilismo trova nella nuda vita un limite ultimo all’abbandono. In questa poesia, dolcezza e crudezza si mescolano nella poetica di una poetessa e donna del Nord messicano [Nino Buenaventura, traduttore].
Nacqui con le ossa fragili dentro una sacca di piombo
non lo posso negare
mi hanno insegnato fin da piccola a divorare le ceneri dei miei avi
dei loro calpulli, potrei dare in prestito lacrime
mia madre fu intuita in orizzonti meridionali, avvolta nei sette mais
bevve il pianto dei huichioles, dandomi alla luce partorì uomini morti
gli divennero cenere gli occhi e all’interno dell’iride cercammo un secondo parto, non lo posso negare
il mestiere ereditato dai miei nonni fu migrare come fanno gli uccelli
meditare la rotta con un’ala sul petto e l’altra in direzione del vento
i miei fratelli impararono a collocare rametti funebri nei loro rizomi
papà nacque nella culla degli amputati
scelse di lasciare l’impiego ed essere vedente
non lo posso negare.
Nacqui a Tijuana
sono del nord, sacrificio della frontiera, ho vissuto spaccata tra casinò e gringos leccando puttane
punto di fuga che richiede transgenici per lascito
iniezioni per saziare la mancanza d’incroci, dal seno latte gringo per alimentare nuovi frutti
faccio domande in inglese, all’asilo imparai l’inglese, mangiai in inglese, aprii le gambe in inglese,
non lo posso negare.
Nacqui un 10 novembre e a novembre assassinarono 10.000 bambini
nel tempo che ci misi per cominciare a parlare
furono torturate madri con frutti in grembo, zitte zittite
durante i miei primi passi le visioni furono di santi rifugiati
esigevano amore con monete, nessuno dà amore gratis
in incognito il loro lavoro è uccidere, uccidere per amore
nel mio quartiere adornavano le strade con narcomessaggi, la gente rideva nei bar
cantando narcocanzoni, non lo posso negare.
Lasciai il cristianesimo per celebrare le mie proprie messe, cantare le mie proprie lodi
credere nel mio intimo chiamato Dio, Dio nel Nord e nel Sud, Dio esiliato e messo da parte
aprii le porte in grande, i miei calvari, non lo posso negare.
Nacqui
vidi madri cullando ninnenanne in tzotzil
con i piedi aderenti alla terra, con unghie divorate dal fango e per metà dal freddo
capii cos’è la fede, cos’è il canto, la contemplazione del tempo, la rabbia
non lo posso negare.
Nacqui
e fui capace di rendermi conto
abitando quel tutto nel quale tutto si muove
al vedersi si negano l’uno all’altro, costruiscono maquilas e industrie per sabotare popoli
si sta creando una nuova frontiera nel linguaggio
si cuoce una pentola di fagioli che sarà il pane di ogni singolo giorno
mentre un nuovo presidente impara a disincarnare il proprio popolo.
Nacqui
e fu il vento sopra i bambù, lo scricchiolare del fiume divorando se stesso
nel frattempo finirono i funerali, si sincronizzano i momenti preziosi:
una nuova linea della mano si forma in milioni di uteri, un nuovo cuore
comincia a palpitare in milione di grembi, un altro canto sciamanico trapassa il ventre del sole
fui capace di rendermene conto
piccole cose succedono
alla luce colando tra le ciglia
mentre un altro suicida appare tra le notizie
senza che nessuno se lo aspetti, con tutto il diritto
un battesimo consegna il mio nome al mondo
molti nomi, molti cognomi si crivellano tra loro.
Dove nascono i morti?
[Versione originale in spagnolo]
NACÍ con los huesos frágiles dentro de un saco de plomo
no lo puedo negar
me enseñaron desde pequeña a devorar la ceniza de mis ancestros
de su calpulli, fío lágrimas
mi madre fue intuida desde horizontes sureños, envuelta en siete maíces
bebió el llanto de los huicholes, al darme a luz parió hombres muertos
se le volvieron ceniza los ojos y entre iris buscamos un segundo parto, no lo puedo negar
el oficio heredado por mis abuelos fue migrar a la manera de las aves
meditar el rumbo con un ala en el pecho y otra en la dirección del viento
mis hermanos aprendieron a colocar ramos de defunción en sus rizomas
papá nació en la cuna de los amputados
prefirió dejar el empleo y ser vidente
no lo puedo negar.
Nací en Tijuana
soy norteña, sacrificio de la frontera, viví a mitad de casinos y gringos lamiendo putas
punto de fuga que solicita transgénicos por herencia
inyecciones para saciar la falta de cruce, del seno leche gringa para alimentar nuevos frutos
pido en inglés, fui al kínder aprendiendo inglés, comí en inglés, abrí las piernas en inglés
no lo puedo negar.
Nací un 10 de noviembre y en noviembre asesinaron 10,000 niños
en el intervalo en que comencé a hablar
fueron torturadas madres con frutos en el vientre, calladitas
durante mis primitivos pasos la visión fueron santos refugiados
exigían amor con monedas, nadie da amor gratis
sin ser identificados su trabajo es matar, matar por amor
en mi barrio adornaban las calles con narco mensajes, la gente reía en los bares
cantando narco corridos, no lo puedo negar.
Dejé el cristianismo por hacer mis propias misas, cantar mis propias alabanzas
creer en mi partícula llamada Dios, Dios en norte y sur, Dios exiliado y a lado
abrí mis puertas en mayúscula, mis calvarios, no lo puedo negar.
Nací
vi madres arrullando a sus hijos en tzotzil
con los pies adheridos a la tierra, con las uñas devoradas por lodo a mitad del frío
entendí qué es la fe, qué es el canto, la contemplación del tiempo, la rabia
no lo puedo negar.
Nací
pude darme cuenta
habitando todo en el que todo se mueve
al verse se niegan unos a otros, se construyen maquilas e industrias para sabotear pueblos
se va creando otra frontera en el lenguaje
se cuece una olla de frijoles que será el pan de cada día
mientras otro presidente aprende a desencarnar su pueblo.
Nací
y estuvo el viento sobre los bambúes, el crujir del río devorándose a sí mismo
en tanto culminan funerales, se sincronizan momentos precisos:
otra línea en otra mano se forma en millones de úteros, otro corazón
comienza a palpitar en millones de úteros, otro canto chamánico traspasa el vientre del sol
pude darme cuenta
cosas pequeñas transcurren
la luz colándose entre las pestañas
mientras otro suicida aparece en las noticias
sin que lo espere nadie, con todo su derecho
un bautizo entrega mi nombre al mundo
muchos nombres, muchos apellidos se acribillan a sí mismos
¿dónde nacen los muertos?
* Traduzione di Nino Buenaventura (si ringrazia Cynthia Franco per aver concesso l’uso e la traduzione della poesia)