di Mauro Baldrati
Controverso. Ha suscitato reazioni opposte, capolavoro, un mattone inguardabile. Potrebbe essere un segnale significativo di qualità: le opere “forti” richiamano spesso valutazioni contrapposte, perché provocano entusiasmi o resistenze, che dipendono dalle risposte psicologiche dei singoli: rimozioni, ilarità, repulsione, noia. Succede quando si toccano corde complesse. Per esempio, Sorrentino potrebbe avere un titolo secondario per le sue opere: “La grande lentezza”. Molti non sopportano la lentezza. Forse perché si oppone alla velocità nevrotica del nostro tempo? Eppure sarebbe importante riuscire a sintonizzarsi su un rallentamento, per meglio contemplare la natura, coltivare l’amicizia e l’amore. Per sottrarsi alla spinta violenta dell’omologazione.
Potrebbe essere una chiave di lettura del Papa Giovane, una delle tante possibili di questo personaggio dalle molte sfaccettature e, dicono, contraddizioni. Una costruzione mutevole, anche sfuggente, pur nell’affermazione drastica di tanti enunciati che escono non solo dalla sua bocca, ma dall’olismo della sua persona spigolosa; enunciati qua e là incomprensibili, addirittura inaccettabili. Per dire: Pio XIII vuole bonificare la Chiesa dai gay, vuole lanciare anatemi contro i matrimoni misti, la libertà di cura e di coscienza, vuole spazzare via ogni istanza libertaria, ogni “democrazia” ecumenica. Esiste l’assoluto, esiste il dogma, l’obbedienza. Nient’altro. Oltre, c’è solo il vuoto, e il buio.
Dunque un integralista? Sì e no. E’ uno degli aspetti più multiformi di The Young Pope. Non è possibile una lettura certa, perché il nostro eroe non finisce mai di stupire, con le sue durezze, le sue apparenti superbie. Al diavolo la finta Chiesa povera. Al diavolo la Chiesa mediatica, quella che va verso i fedeli a braccia aperte, che dice loro esattamente quello che vogliono sentirsi dire. Al diavolo la morbidezza, la tolleranza e la fratellanza mainstream. Esiste solo Dio e la sua adorazione.
Sembrerebbe l’esatto contrario di Papa Francesco. Niente padre spirituale, niente sorrisi e abbracci. Secondo il Papa Giovane la Chiesa deve chiudere tutte le porte, abbattere i ponti e ritirarsi nelle sue cattedrali per contemplare e adorare dio. Tutti i cardinali, dopo averlo eletto papa, sono sconvolti, terrorizzati. Soprattutto il segretario di Stato, interpretato da un pragmatico, scaltro, surrealistico Silvio Orlando, che guarda le partite del Napoli vestito da calciatore, che briga dietro le quinte, che veglia sugli interessi economici del clero, atterrito dalle nuove politiche isolazioniste del nuovo papa che fanno fuggire i fedeli e quindi sottraggono risorse a quel mondo separato di alieni in costume che vivono nei saloni vaticani.
Eppure: Papa Francesco non teorizza forse la Chiesa povera, come povero era Cristo? Bene, Papa Pio XIII non la teorizza, agisce. La Chiesa deve risalire alle origini, e i fedeli, se vogliono, torneranno tra le sue braccia. Perché senza la Chiesa, che rappresenta la parola di Dio, l’uomo non è niente. Bisogna solo avere pazienza. Dopo la mondanità ci sarà la verità.
Non è questo il Significante del cattolicesimo? L’uomo è solo di fronte al mistero divino. Dio è inconoscibile, la Sua volontà non può essere compresa o discussa dall’uomo. Se l’uomo ha la pretesa di capire Dio pecca di superbia.
Il Papa Giovane sembra portare avanti questa missione. Non un’idea. Una missione. La Chiesa Totale. Per questo i media cattolici non l’hanno capito? Famiglia Cristiana, che non è un giornale bigotto, ha pubblicato una tesi per dimostrare che in The Young Pope tutto è banalizzato, falsificato. Ma si ferma alla superficie. I soliti intrighi vaticani, i vizi, le perversioni. Personaggi improbabili. Eventi inverosimili. Non ha capito, o forse non l’ha accettato, che la serie non è assolutamente contro la Chiesa. Instilla il dubbio dell’esistenza di Dio anche tra gli atei più coriacei, affascina con la fede granitica del Papa Giovane e dei cardinali, che credono, al di là di ogni dubbio, anche se sono dilaniati dalle miserie terrene, schiavi del lusso e del piacere, ma anche di una solitudine disarmante, con quei lettini singoli, quei saloni sfarzosi e al contempo desolati (il Segretario di Stato abita in un appartamento di 650 mq, tipo Bertone). Soli, perché il voto di celibato è giusto. Perché il papa, i cardinali, i preti, oltre ad essere dei “vigliacchi” sono dei figli. Per sempre. Figli della Chiesa, la Madre di tutto. Ogni cedimento ai cosiddetti tempi moderni deve essere severamente bandito. Dio non è moderno. Dio non transige. Dio è Dio.
Per questo Pio XIII, spietato, arrogante, spauracchio di tutti gli interlocutori, che disarticola con poche stilettate micidiali (memorabile il faccia a faccia col Premier Giovane renzoide, interpretato da Stefano Accorsi), potrebbe essere un ritorno sulla terra della voce di Dio. Una voce severa, grave, minacciosa, come tuona nell’Antico Testamento, e la sua boria apparente è il riverbero della sua insindacabilità, del suo potere indiscutibile. Il potere di Dio, l’Unico.
Potrebbe. Sarebbe. Forse. Il condizionale è d’obbligo. Una simile “tenuta”, così tranchant, è difficile. Anche perché questa lettura sembra sfilacciarsi, quando il Giovane Papa va in crisi di identità (nelle puntate n. 7 e 8); si confonde, si distrae, pensa di avere fallito. Pur essendo assolutamente virtuoso, incorruttibile (e questo è il maggior punto di forza del suo fascino), mostra quelle debolezze che un missionario di Dio (per dire, l’Arcangelo Michele) non può avere.
Come il complesso di abbandono. E’ devastato. I suoi genitori, hippies americani, l’hanno scaricato in un orfanatrofio a dieci anni, accolto da una suora che tornerà dopo l’elezione a papa (interpretata da una magnifica Diane Keaton, che dimostra come una donna anziana può essere bella). L’abbandono lo tormenta, lo perseguita. Umano troppo umano quindi? Un sintomo di debolezza? Forse. Ma… chi era che gridò, di fronte alla propria fine: “Padre, perché mi hai abbandonato?”.
Insomma, The young Pope è un’opera originale, strana, che pone domande sulla sua genesi (Perché? Perché questi registi si appassionano ai papi? Perché si lanciano in simili avventure?); che ci stupisce con l’esibizione degli stili del suo regista (e dobbiamo essere grati a chi davvero ha uno stile personale, merce diventata rara): la fotografia di ottima qualità, quelle dissonanze pop che strappano sorrisi e meraviglia (le suore che giocano a calcio con le vesti bianche immacolate), una colonna sonora molto interessante, benché “tuttologa” oltre ogni limite (Da Murolo all’elettronica a una cover di All Along The Watchtower, passando per Nada, e un uso intensivo dei timpani), certe suggestioni felliniane-dechirichiane, paradossi estetici. E ovviamente l’ossessione sorrentiniana per il tabagismo. Fumano tutti con dovizia di accendini, nuvolette di fumo che si sprigionano controluce nella ripetizione autistica di quel gesto.
Questa sera verrà trasmessa l’ultima puntata. Come finirà? Non sappiamo. Non siamo a conoscenza di anticipazioni sul finale. Certo The Young Pope è una di quelle opere per le quali il finale è difficile. Qualunque soluzione rischia di essere insoddisfacente.
Per cui ci permettiamo di avanzare la nostra idea, sulla base di quanto abbiamo visto fino ad ora. Non una previsione, sia chiaro. Anzi, un simile epilogo sarebbe alquanto “duro”, e quindi in controtendenza con le esigenze televisive di una seconda stagione (già semi-annunciata peraltro).
Eppure, considerando tutti i fattori della storia, un finale coraggioso, scolpito nella pietra, sarebbe la morte di Pio XIII. Ucciso, giustiziato dal sistema, dal clero unito contro la sua spinta destabilizzatrice. Un clero che non vuole ascoltare. Che non può accettare. Né rinunciare. E’ già successo, no? Nell’antichità la voce di Dio è stata soffocata, inascoltata, assassinata. E se qualcuno obietta – perché questa è un’obiezione diffusa – che il Papa Giovane rappresenta una negazione del messaggio di fratellanza e compassione di Gesù Cristo, si può contro-obiettare che ciò è vero solo in apparenza. La voce si ripresenta con suoni e stili diversi, ma la natura è la stessa. Non avrai altro Dio all’infuori di me. Io sono il signore Dio tuo. Dopo la speranza e la carità, passati 2000 anni di guerre, di distruzione, di peccato mortale permanente, Dio torna alla severità della Genesi. E ancora una volta questo mondo lo respinge e lo uccide.
Pertanto il finale può rispettare fino in fondo la coerenza del personaggio, approdando nella verde vallata, misteriosa e inaccessibile, dell’epica; oppure imboccare, come consuetudine, come prevedibile (e come previsto?), il sentiero turistico e molto frequentato del fumetto. Magari con un colpo di scena inaspettato, una svolta che, mentre sembra sparigliare tutto, non fa che confermare ancora una volta la Regola.