di Simone Scaffidi
S. Tan, L’approdo, Tunué, 2016, pp. 124, € 24.90
Silenzio. Torna in Italia, riedito da Tunué, un classicone tra i cosiddetti silent book. Ovvero i libri senza parole. La prima volta che l’ho sfogliato, nell’edizione francese titolata Là où vont nos pères, stavo annegando nei discorsi vacui sulle migrazioni, il Mediterraneo, il Messico, l’Australia, e questo albo mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Non servivano tante parole per descrivere l’umanità di un uomo che migra, bastava appunto un po’ di umanità, e la tecnica e il potere immaginifico di Shaun Tan raggiungevano un livello talmente alto da non poter essere messi in discussione. Mentre leggevo, ricordo bene, pensavo al film Nuovomondo di Emanuele Crialese. La potentissima scena finale, accompagnata dalla voce di Nina Simone che cantava Sinnerman, scorreva sotto i miei occhi. Una volta chiuso il libro mi son chiesto se Crialese, per dare respiro poetico al film, avesse preso ispirazione dall’opera di questo autore australiano. Oggi scopro che L’approdo e Nuovomondo sono usciti entrambi nel 2006 e che la mia ipotesi, già allora azzardata, non ha nessun fondamento. La seconda volta che ho letto L’approdo, un mesetto fa, sempre nell’edizione francese, la situazione non era cambiata, continuavo ad annegare nella vanità dei discorsi dominanti sulle migrazioni. Questa volta però, girata l’ultima pagina, ho ripensato alla sceneggiatura, alla pulizia del disegno, alla perfezione del protagonista, ai sorrisi e al lieto fine. C’è un ordine, una compostezza in questo albo che lascia sospesi in un mondo onirico. È il mondo dei sogni, fatto di dolcezza, comprensione e sicurezza. Un mondo che, a guardarlo davvero bene, ha poco a che spartire con le migrazioni. Eccetto l’incipit, il vano desiderio di scovare, al di là del mare, un ordine delle cose differente dove regnino serenità e giustizia. Il Nuovomondo di Crialese è invece sporco, ingiusto, concreto. Certo c’è un immaginario fantastico che lega le due opere, ma è utilizzato in maniera radicalmente opposta. Crialese racconta l’illusione, il duro scontro quotidiano con la realtà. Shaun Tan invece fa sognare i suoi lettori, li culla, senza spingersi nell’orrore della realtà.
O. Bras, J. Gonzales, Maudit Allende!, Futuropolis, pp. 128, € 20.00
Memoria. Si parte dall’infanzia di tre uomini per arrivare ai giorni nostri. Chi sono oggi quei tre uomini? Uno è un esempio di lotta democratica, uno d’infamia e uno di consapevolezza. Il primo si chiama Salvador Allende ed è il primo presidente socialista eletto democraticamente in America Latina. Il secondo porta il nome di Augusto Pinochet, uno dei peggiori dittatori che abbia calpestato il suolo americano. Il terzo è Leo, un cileno che ha vissuto un’infanzia da esule al contrario, quando dopo l’elezione di Salvador Allende la sua famiglia decise di trasferirsi in Sud Africa. Olivier Bras, lo sceneggiatore di questa storia, è un giornalista francese che ha coperto le notizie sul Cile per Liberation e RTI e ha lavorato per Courrier international. Jorge Gonzales, l’autore argentino dello splendido Cara Patagonia, è invece uno dei migliori disegnatori in circolazione. Grazie alla capacità di Gonzales di dare vita ai significati con le sfumature, e a una narrazione che convince e non si perde mai nel dettaglismo fine a se stesso, i due autori riescono a restituire la consapevolezza di una frattura che la memoria condivisa non può sanare. Una frattura che ha radici nel passato che non passa. Il Cile è un paese spaccato. Non esiste pacificazione all’orrore. Margaret Thatcher incontra Augusto Pinochet e lo ringrazia per il suo appoggio nella Guerra delle Malvinas. Fidel Castro incontra Salvador Allende e gli regala parole di stima, complicità e allerta. Gli Stati Uniti di Nixon appoggiano il colpo di Stato di Pinochet. L’11 settembre 1973, l’aeronautica bombarda La Moneda. Allende, che non crede al martirio, si toglie la vita. E Leo? I genitori di Leo stanno con Pinochet. Leo deve capire. E come lui molti cileni. Questa storia serve anche a questo, a capirsi. A uccidere il padre. A uccidere il dittatore. La memoria del Cile non può essere una memoria condivisa, è troppo profondo il solco che separa l’oppressione dalla chimera della giustizia sociale. Bras e Gonzales raccontano la Storia, ma non dimenticano le storie e i conflitti sociali e individuali che genera un potere brutale e assassino. Raccontano la frattura. Quest’opera non è ancora disponibile in italiano, ma speriamo non si faccia attendere.