di Valerio Evangelisti
Silverio Corvisieri, Bandiera Rossa nella resistenza romana, Odradek edizioni, 2005, pp. 218, € 16,00.
Mi rendo conto che commentare un libro a quattro anni dall’uscita (e l’edizione originale è di quarant’anni precedente!), mi classifica tra i peggiori recensori della storia. Il fatto è che, non essendo un critico di professione, e non potendo leggere tutti i libri che ricevo, a volte scelgo il criterio banale della curiosità. Data l’aria mefitica che si respira in Italia, e la crisi della sinistra anticapitalista, mi è venuta voglia di scorrere un testo sulla lotta partigiana e sul ruolo dei comunisti nella sua vicenda. Il saggio di Corvisieri prendeva polvere da tempo. Ora che ho avuto modo e motivazioni per leggerlo, direi che ho fatto la scelta giusta.
Aggiungo che, malgrado l’avvicendarsi frenetico dei titoli nelle librerie, il volume è ancora reperibile, e può essere ordinato on line nei siti specializzati. Un ennesimo motivo per ringraziare Internet, che mette a disposizione libri di tutto il mondo dati per estinti.
Cosa fu Bandiera Rossa (dal titolo dell’organo del Movimento dei Comunisti Italiani), oggi totalmente dimenticata? Sorpresa: fu la componente maggioritaria della resistenza romana al nazifascismo, superiore per numero di militanti e attivismo allo stesso PCI. Basti dire che furono in larga prevalenza di Bandiera Rossa i prigionieri non ebrei immolati alle Fosse Ardeatine — anche se sulla loro identità politica si preferisce tacere.
Per capire gli antefatti del fenomeno, occorre considerare che il regime di Mussolini riuscì a distruggere quasi per intero i partiti di sinistra, o semplicemente antifascisti, esistenti in Italia. Così accadde che, privi di legami con gli ex compagni ma non privi di memoria, gruppi di militanti decisi a combattere dovettero “reinventare” le loro antiche organizzazioni. Gli ex comunisti ricordavano il PCdI intransigente di Amadeo Bordiga, e su quel modello si raggrupparono, nell’illusione che l’inflessibilità fosse ancora la tendenza dominante. Nacque il Movimento dei Comunisti Italiani a Roma, nacque Stella Rossa a Torino (più tardi ritenuta dalle Brigate Rosse, arbitrariamente, la loro capostipite), nacquero decine di gruppi in tutto il paese. Per lo più senza comunicazioni reciproche, e senza rapporti con la dirigenza comunista residente all’estero.
Il MCI non era realmente dissidente dalla linea del Komintern, di cui aveva percezioni confuse, e professava fedeltà all’Unione Sovietica e a Stalin. Ciò che non accettava era l’unità d’azione con forze politiche borghesi intenzionate a perpetuare il capitalismo. Sdegnando il CLN, si coordinò piuttosto con gruppi socialisti minoritari, a esso più affini. I rapporti con il PCI ricostituito non furono dei migliori, e i tentativi di avvicinamento naufragarono tutti. Ciò non impedì al MCI — meglio conosciuto come Bandiera Rossa — e ai suoi circa duemila militanti, ben attestati nelle borgate romane (dove erano presenti altre formazioni autonome, tipo la famosa banda del “Gobbo del Quarticciolo”) e in molti luoghi di lavoro, di compiere gesta antifasciste a un ritmo quasi impressionante, e di pagarle con un prezzo di vite altrettanto alto. Sabotaggi, agguati alle truppe tedesche, espropri di armi, esecuzioni di noti servi del regime, liberazioni rocambolesche dei compagni in carcere. Corvisieri riassume tutto ciò in alcune paginette del suo saggio che hanno l’aspro rigore di cronologie, senza inutili commenti. Sono quelle che più colpiscono. Non c’è notte in cui Bandiera Rossa non sia all’opera, astuta e sfuggente. Suoi aderenti sono incarcerati, torturati, uccisi, fino alla fucilazione in massa alle Ardeatine. Malgrado questo, interi quartieri popolari diventano zone proibite per i nazifascisti, che non osano entrarvi, tanta è la presa dell’organizzazione.
Il PCI ricostituito, per contrastarla, ricorrerà alla tecnica stalinista di sempre, usata dalla guerra di Spagna fino al ’77 e oltre: la diffamazione, lo stravolgimento della verità. Quelli di Bandiera Rossa sono provocatori, infiltrati, trotzkisti, addirittura fascisti (!). Poco ferrato per sopravvivere ai contorcimenti tattici del dopoguerra, il Movimento dei Comunisti Italiani reagirà con impaccio, e finirà col piegarsi. Molti suoi quadri confluiranno gradualmente nel partito di Togliatti, un’esigua minoranza tenterà invano di continuare la lotta armata sotto le insegne dell’anarchismo. Le acque si chiuderanno su Bandiera Rossa, di cui solo questo libro conserva il ricordo. Eppure la resistenza, a Roma, portava in larga misura il suo sigillo.
Le edizioni Odradek, nei titoli che propongono, riservano sempre liete sorprese. Unica osservazione critica: alcune note sono mutile, troncate dopo le prime righe. Non importa: è un grande libro, che appassiona. Antidoto perfetto al revisionismo dilagante.