Il New Italian Epic fra generi tradizionali e nuove forme di comunicazione
di Lorenzo Amato*
[In calce a questo post, appuntamenti e novità dal dibattito sul NIE]
1. Una piccola premessa storica
Nel 2001 si è verificato in Italia un vero e proprio sisma politico. Alludo in particolare agli scontri del G8 di Genova, e prima alla definitiva vittoria elettorale della coalizione berlusconiana. I due eventi chiudevano un’epoca di progressiva decadenza della dialettica politica italiana, già compromessa dagli stanchi maneggi della coalizione di centrosinistra.
L’impressione suscitata dal G8 fu immediata, e, in Italia, più profonda e significativa degli attacchi terroristici dell’11 settembre. L’onda sismica scatenata a Genova coinvolse la coscienza di molti intellettuali, e si è propagata in latitudine fino ai giorni nostri, se ancora nel 2009 almeno tre libri importanti cercano di narrarne aspetti e conseguenze (ovvero G8: Cronaca di una battaglia di Carlo Lucarelli, ACAB di Carlo Bonini, e Genova sembrava d’oro e d’argento di Giacomo Gensini).
La fase storica conclusasi con gli eventi del G8 era stata anche una fase interlocutoria, direi anche piena di speranza. A seguito della caduta del muro di Berlino e della fine dell’Unione Sovietica, ma anche, e soprattutto, di Tangentopoli e della fine del Pentapartito, era nato in Italia un sentimento nuovo: la speranza di cambiamento, di semplificazione di una vicenda storica intricata e indecifrabile fatta di mafie, massonerie e servizi segreti. Se la storia politica italiana è difficilmente leggibile secondo il facile canone anglosassone del bianco e del nero, la speranza di molti italiani era proprio la fine della perenne zona grigia alla quale la coscienza civile del paese pareva condannata. Tale speranza implicava anche la fondazione di nuovi schemi politici che sapessero trar profitto dagli aspetti positivi delle ideologie morenti, lasciandone alle spalle deviazioni e fallimenti storici. Si trattava cioè di valorizzare almeno in parte le ideologie dei “padri”, pur sanzionandone la morte storica (e mi riferisco soprattutto alla fine del PCI).
Tuttavia, a seguito degli eventi del 2001, con la loro spettacolarizzazione televisiva di una tragedia che un tempo sarebbe stata definita “sudamericana”, e una manipolazione dell’informazione senza precedenti, fu chiara a molti la fragilità di un mondo culturale “alto”, troppo autoreferenziale e sostanzialmente incapace di vivere nel presente. Fu chiara soprattutto la crisi profonda della figura dell’intellettuale, del tutto inabile a formulare programmi coerenti e aggiornati al mondo moderno, ma soprattutto di comunicare con la maggioranza degli italiani. Lo sperimentalismo tardo post-moderno, o anche l’intimismo e/o il minimalismo della cosiddetta letteratura bianca, avevano di fatto creato un Aventino culturale che teneva lontana dalla letteratura la maggioranza dei lettori, anche quelli considerati forti. Significativa la considerazione che i critici riservavano (e ancora in parte riservano) alla letteratura di genere, relegata al rango di sottocultura malgrado risultati talvolta di altissimo livello.
Possiamo considerare il 2001 il vero anno di nascita del New Italian Epic.
2. Cosa è il NIE?
Bisogna prima di tutto intenderci su come definire il New Italian Epic, o Nuova Epica Italiana. Il ventaglio di scrittori e di opere normalmente citate nella “nebulosa” NIE è assai vario per stile e tematiche, e difficilmente vi si potrebbe scorgere un genere unico. Anzi, come scrive Wu Ming 1, il NIE nasce almeno in parte dalla forzatura dei generi tradizionali, alla ricerca di nuove forme espressive e narrative che coinvolgano il lettore in modo culturalmente e tecnologicamente aggiornato. Ritengo che si possa considerare il NIE come un movimento culturale nato dalla consapevolezza di una sconfitta storica irreversibile. Si tratta della sconfitta di un’intera generazione, la generazione dei “figli”. Da una parte condannata a una precarietà lavorativa che è anche umana e sociale, tale generazione si è vista privata di ogni capacità di progettare un futuro collettivo da una politica ipermediatica che ha saputo declassare ogni forma di convivenza civile a evento spettacolare e televisivo. Sui “figli” si è a sua volta riversata la catastrofe del fallimento delle ideologie dei “padri”, le cui illusioni sono crollate senza lasciare elementi utili a una loro ricostruzione o sostituzione.
Questa sconfitta generazionale ha comportato che i cosiddetti intellettuali, salvo chi abbia indulto in inappropriate nostalgie del passato o si sia isolato in facili arcadie e paradisi letterari artificiali, si sono trovati a contemplare la rovina di un vecchio sistema di valori, senza intravedervi le fondamenta di un qualcosa di nuovo. La forza espressiva dei nuovi mezzi di comunicazione (in primis la televisione), e la sopravvalutazione da parte di molti scrittori di valori culturali largamente autoreferenziali, avevano d’altro canto già da tempo inaridito la grande tradizione civile della letteratura italiana (alla quale erano appartenuti maestri non a caso cari ai rappresentanti del NIE, come, fra gli altri, Pasolini, Sciascia, Gadda, Levi), con una conseguente irreparabile perdita di prestigio della figura sociale dell’intellettuale stesso. L’Italia dei primi anni del nuovo millennio è un paese nel quale è svanita ogni possibile autorevolezza politica di scrittori e professionisti della cultura. L’intellettuale tradizionale è morto, e la sua voce di testimone morale del contemporaneo è ormai muta.
Così nel nuovo millennio i nuovi scrittori si muovono, con maggiore o minore consapevolezza, in un mondo di rovine. Deve essere ricostruito un rapporto con un pubblico tendenzialmente ostile all’idea di intellettuale-mâitre-à-penser ancora viva (pur già in crisi) negli anni ’80. Chi negli anni ’90 aveva già sperimentato la letteratura di genere, e aveva saputo padroneggiare questo strumento duttile e di grande penetrazione popolare, inizia ora a costruire libri di tipo diverso, che pure conservano nel loro dna memoria del passato letterario del loro autore. Il NIE nasce dall’incontro fra tensione civile e necessità comunicativa ad ampio spettro.
In effetti anche successivamente al 2001 alcuni autori continuano a scrivere romanzi di genere, accanto a opere più evidentemente assimilabili al NIE. Per questo motivo Wu Ming 1 insiste nel focalizzare la definizione di NIE sulle opere, e non sugli autori.
Non sono d’accordo, o meglio non del tutto.
3. Il NIE, o della sconfitta
Non c’è dubbio in effetti che molte opere dichiaratamente NIE si distinguano da opere chiaramente di genere. La “saga romana” di Giancarlo De Cataldo (almeno Romanzo criminale e Nelle mani giuste), le opere storiche dei Wu Ming, di Valerio Evangelisti, di Simone Sarasso, la dissezione psico-culturale dell’Italia di Giuseppe Genna o Demetrio Paolin, le analisi grandiose e terribili di Roberto Saviano (per fare qualche nome noto e già proposto), hanno elementi comuni che meritano di essere messi in evidenza anche in questa sede. Il primo elemento, il più evidente, è il policentrismo, o meglio la frammentazione, del tessuto narrativo, non più focalizzato su un singolo personaggio “protagonista”, ma sull’integrazione delle azioni di vari personaggi o “cose”.
È, questo, il riflesso più drammatico della crisi dello scrittore-testimone.
Il suo punto di vista, ormai socialmente compromesso, “esplode” in una miriade di punti di vista diversi. Il che in definitiva richiede al lettore uno sforzo di riorganizzazione conoscitiva a posteriori. Sono eccezioni solo apparenti gli esperimenti ipersoggettivi di Giuseppe Genna, per il quale, ad esempio in Italia De Profundis, si può ben parlare di implosione di un soggetto che, come un sole-buco nero, anziché illuminare il mondo esterno ne assorbe le scorie cancerogene rendendole parte di un Io del quale scompare ogni possibile visibilità, e che diviene inconoscibile. L’autoanalisi si ferma così agli effetti di attrazione-repulsione nei confronti del mondo esterno, che però definiscono non un soggetto agente (Io) ma un oggetto agito (ovvero il “me” del romanzo). Genna esprime così in grado massimo la tragedia di un intellettuale che non sa trovare adeguata collocazione sociale alla propria esperienza conoscitiva e umana.
La crisi dell’Io dello scrittore era d’altronde già anticipata dai “collettivi” di scrittori, in primis i Wu Ming, che già avevano collaborato all’interno del più vasto Luther Blissett Project (terminato nel 1999). Nei Wu Ming, e in particolare negli scritti teorici di Wu Ming 1 (e in seguito anche in altri collettivi come i Kai Zen), si concretizza la proposta di una scrittura allargata non solo al collettivo, ma anche ai lettori, che possono interagire (es. in Manituana) generando una scrittura infinita che annulla la centralità dello scrittore a favore dello scritto (e della storia e storie generate nello scritto).
Potrebbero essere considerate meno estreme le proposte di Evangelisti. Tuttavia opere come il ciclo messicano richiedono da parte del lettore una partecipazione che va molto al di là di quella implicita nel “normale” romanzo storico, sfiorando il grado di co-autorialità quando si tratti di visualizzare il monumentale affresco puntillista che emerge dal complesso dei due romanzi. Di fatto lo scrittore richiede al lettore di rappresentarsi il corso della storia a partire da punti di vista “sghembi”, e di integrare i vuoti prospettici lasciati ad arte con una ricerca personale, arrivando così in prima persona a concepire ipotesi storicistiche alternative a quelle di molti manuali.
Posizioni simili (pur nella grande differenza di stile e interessi) assumono De Cataldo, Carlotto, gli stessi Wu Ming, e più recentemente Sarasso e Bonini, per i quali il “paradosso” dei punti di vista assume in sé un valore conoscitivo al quale né la normale storiografia né la cronaca giornalistica possono aspirare. Il tutto anche come reazione a un’informazione televisiva che sempre più relega il fruitore alla più assoluta passività.
Wu Ming 1 cita fra i romanzi NIE anche La presa di Macallè di Andrea Camilleri. In effetti il punto di vista paradossale di un bambino assolutamente innocente che commette azioni sempre più mostruose perché mal guidato da un’ideologia distorta e contraddittoria, costringe il lettore a sganciare la propria interpretazione del mondo nel quale il bambino si muove (la Sicilia fascista) da quella del piccolo protagonista e a subentrargli in un giudizio che finisce però per curvarsi sul mondo del lettore e sulla capacità di giudizio del lettore stesso.
Piuttosto complesso anche l’esperimento di Saviano. Se, come abbiamo visto, per molti scrittori NIE la narrazione è policentrica e decentrata rispetto a un personaggio rappresentante il punto di vista dell’autore, in sé non autorevole, l’Io di Saviano si fonde con la sostanza descritta, a volte in modo letterale. La scena finale di Gomorra (immersione nel liquame delle discariche) è in questo senso più che esplicita. L’Io di Saviano è iperpresente in molte scene del crimine, ovvero è là dove in realtà la figura storica dell’autore non è mai stata. Il soggetto non è quindi un punto di vista, ma un paradosso letterario che costringe il lettore a elaborare uno schema complessivo della società-Camorra (= società cosiddetta civile) a partire da una miriade di punti di vista artificialmente fusi in uno solo. È evidente che, come anche nel caso di Genna, il vero Io dello scrittore risulti alla fine inconoscibile.
La crisi dell’Io tradizionale del narratore (e con essa del suo avatàra letterario, il protagonista-eroe, depositario più o meno unico del messaggio o del percorso che tradizionalmente l’autore impone al lettore) è elemento che da solo basterebbe a definire una “cosa” NIE, pur in assenza di un manifesto programmatico, e, almeno nei primi tempi, di una qualsiasi comunanza di intenti. E se a questo elemento aggiungiamo la natura popolare delle origini del NIE (il romanzo noir, di fantascienza, storico, di inchiesta, ecc.), e al tempo stesso le sue istanze civili, possiamo a mio avviso parlare di un movimento articolato e complesso, innovativo nel panorama letterario italiano, che elabora il lutto per la morte dell’intellettuale classico mediante la ricerca di nuove soluzioni narrative (spesso storico-epiche) nel tentativo di ricostruire il rapporto precedentemente compromesso con un pubblico più ampio di quello delle arcadie e delle accademie.
L’italianità del movimento non è poi estrinseca alla qualità letteraria dei romanzi NIE. Integro così l’affermazione di Wu Ming 1, che sosteneva che il NIE è Italian perché nato in Italia. Nelle tecniche narrative policentriche, ora puntilliste ora espressioniste, si riflette la consapevolezza italiana della complessità delle dinamiche storiche e politiche, aggravata e resa non razionalizzabile dal senso di sconfitta epocale che sta alla base del NIE. L’epica del NIE non è infatti la storia dello scontro fra bene e male, ma il canto rabbioso di chi si trova ancora intrappolato nella perenne italicissima zona grigia, senza neanche i pur fallaci anticorpi ideologici dei padri, morti senza lasciare alcuna eredità, per quanto consolatoria.
Gli altri punti evidenziati da Wu Ming 1 come possibili ma non necessarie caratteristiche costitutive del NIE sono in realtà conseguenze di questi elementi essenziali. Lo sono ad esempio i cosiddetti UNO (Oggetti narrativi non identificati), o gli esperimenti letterari con le nuove tecnologie, o la ricerca linguistico-espressiva distante dal linguaggio medio del giornalismo, dai preziosismi della letteratura bianca e soprattutto dagli sperimentalismi barocchi del tardo post-moderno. Si tratta infatti di strategie per la costruzione di un nuovo rapporto con i lettori, e in quanto tali non sono indispensabili alla classificazione all’interno del NIE (e infatti alcuni romanzi NIE mancano di alcune o tutte queste caratteristiche, mentre romanzi o altre opere non NIE possono esserne dotati). Così anche la tematica della morte del Vecchio, spesso ricordata come tipica di molti romanzi NIE, non può non far pensare al rapporto con un mondo politico, quello dei nostri padri, e quindi quello bipolare delle contrapposizioni fra partiti filoamericani e PCI, che, pur non meno problematico di quello presente, riservava spazio a una qualche forma di fiducia istituzionale (fosse anche in un partito come il PCI). Giuseppe Genna esprime bene questo rapporto con la figura di un padre morente che rappresenta non solo una figura biografica reale, quanto il simbolo di ciò che Genna-figlio non potrà mai essere, ovvero un politico ‘credente’ e una voce morale funzionale a un progetto ‘positivo’, per quanto contraddittorio e in effetti ingannevole come fu quello del PCI. Il requiem per il padre è quindi anche un requiem al Giuseppe Genna che non è mai potuto nascere.
Muore, quindi, l’intellettuale come figura strutturata e riconosciuta. Il che è ben espresso da De Cataldo al termine di Romanzo Criminale, quando il commissario Nicola Scialoja si trasforma da ricercatore della verità a costruttore e detentore della Verità, ovvero diviene l’erede del Vecchio. Nel momento in cui il ‘ricercatore’ diviene ‘detentore’ la sua posizione sociale cambia completamente: Scialoja diventa persona importante e autorevole, entrando prepotentemente a far parte, anzi a dirigere, quella zona grigia che prima avversava. In questo senso ben si comprende il senso di sconfitta malgrado tutto avvertito da Sciajola alla fine del romanzo. Se il suo trionfo sociale è indiscutibile, l’ascesa al trono del Vecchio segna la sconfitta del suo essere poliziotto, ovvero, fuori allegoria, intellettuale. Altre opere sono anche più esplicite: si legga ad esempio un racconto come La Storia Unica, contenuto nell’antologia Anteprima nazionale, nel quale il protagonista Paolo è di fatto costretto a uscire dal proprio ruolo sociale dopo essersi scoperto diverso da amici e colleghi, ovvero dotato suo malgrado di memoria, senso estetico e spirito critico.
4. Il NIE e i generi popolari: un rapporto concluso?
Ciò detto, non credo che in quanto movimento il NIE possa essere analizzato a prescindere dalle altre opere dei suoi autori. Ne è una prova indiretta quanto Giuseppe Genna scriveva sul suo sito al momento di annunciare il suo nuovo romanzo con protagonista Guido Lopez, preannunciando (minacciando?) un stile «azzimato e pseudottocentesco» e che «la suspence va a quel paese […]. Esistono inserti di un monologo pronunciato da chi? Non si capisce […]. Spero il tutto non dispiaccia troppo, in primis a chi è affezionato all’ispettore Lopez e alla serie dei fintithriller, poiché qui ci si esprime all’opposto stilistico di Grande Madre Rossa».
Agisce a quanto pare una fibrillazione stilistica che i lettori di opere come Dies Irae e Italia de Profundis conoscono bene. In sostanza, barche di carta in una pozzanghera, le opere di Genna sembrano dialogare fra loro come sospinte dalle rispettive onde concentriche, pur mantenendo ognuna una propria rotta e, ovviamente, scopi e classificazioni di genere distinte.
Un’analisi dei romanzi di Camilleri con protagonista Salvo Montalbano portano a conclusioni simili: se Il cane di terracotta (1996) è un romanzo che con il suo intreccio stratificato e intrinsecamente contraddittorio cerca di rappresentare la complessità del reale (ovvero della storia siciliana) quasi a prescindere dalla figura del commissario protagonista, e se le prime indagini di Montalbano si confrontano con la complessità della realtà socio-politica italiana, i romanzi seguiti al Giro di boa hanno al centro il mero delitto passionale, o comunque di natura antropologica, e non sociale. I cosiddetti romanzi storici e civili di Camilleri si fanno carico, soprattutto dopo il 2001, della passione civile dell’autore.
Un chiaro rifiuto dell’intreccio basico del genere di appartenenza, con conseguente compromissione con una realtà non rappresentabile in modo lineare e razionale, si avverte anche fin dai primi (sofferti) romanzi di altri autori (es. Carlotto, De Cataldo, Genna). Egualmente nei primi romanzi di Eymerich di Valerio Evangelisti troviamo una ricerca sperimentale che va via via scomparendo nei romanzi successivi. Al di là della varietà tematica, infatti, il ruolo del “protagonista” Eymerich risulta più accentuato ne La luce di Orione (2006) che ne Il corpo e il sangue di Eymerich (1996), che invece ha assai più chiaramente al centro la storia politica di una malattia. Di fatto i primi romanzi di genere di questi autori risultano oggi assai più NIE degli ultimi. Il che forse dimostra che questi e altri autori hanno progressivamente normalizzato i propri cicli di romanzi di genere, affidando i messaggi più complessi a romanzi non di genere (Camilleri) o dichiaratamente NIE (Evangelisti).
Ma dimostra anche che, se l’esperienza letteraria di questi autori nasce come necessità di comunicazione popolare, la prosecuzione dell’esperienza della scrittura di genere non va semplicemente in parallelo con i romanzi altri, ma vi si interseca o se ne distanzia interagendo in forme non banali, e certamente degne di essere studiate a partire non dalle singole opere, ma, tradizionalmente, e assai paradossalmente, dall’esperienza letteraria e umana dell’autore. È probabile poi che l’interazione fra generi e NIE sia tutt’altro che terminata. Ritengo quindi che, in barba a tanti critici “moderni”, sempre più in futuro torneremo a parlare del ruolo svolto dai generi nel rilancio civile e morale dell’intellighenzia italiana. E, ovviamente, nella costruzione della Nuova Epica Italiana.
* Dottore di ricerca in Civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento, studioso di letteratura finlandese e filologia ugro-finnica, è attualmente Visiting professor di letteratura italiana all’Università di Jyvaskyla, Finlandia.
NOVITÀ, APPUNTAMENTI, LINK
Dopo la pausa estiva, riprendiamo la pubblicazione di questa rubrica, in cui segnaliamo appuntamenti, contributi e materiali interessanti di varia natura e provenienza.
VARSAVIA. Il 9 e 10 novembre italianisti da tutto il mondo si incontreranno a Varsavia, Polonia, al convegno “Fiction, faction, reality: incontri, scambi, intrecci nella letteratura italiana dal 1990 ad oggi” , organizzato dal Dipartimento di lingua e letteratura italiana dell’Università di Varsavia e dall’Istituto Italiano di Cultura ( ul. Marszałkowska 72). Molti i panel e gli interventi che faranno i conti, secondo diversi approcci e modalità, con la “nebulosa” del NIE e il dibattito scatenatosi negli ultimi tempi. Un panel sarà espressamente dedicato al NIE, con interventi di Izabela Napiórkowska (Università di Varsavia) su Wu Ming, Inge Lanslots (Università di Antwerp/Anversa) sulla transmedialità nel NIE, Marco Amici (University College di Cork) sulla costante tematica della “morte del vecchio”, Dimitri Chimenti (Università di Siena) sulle retoriche e la “testualizzazione del reale” negli oggetti narrativi non-identificati, Mirko Tavosanis (Università di Pisa) sulla lingua dei nuovi romanzi storici ed Emanuela Piga (Università di Bologna) su memoria, testimonianze e narrazione. In un altro panel intitolato “Autofiction, ibridazione e altre sperimentazioni formali”, Estelle Paint (Université Paris Ouest Nanterre) parlerà di Asce di guerra di Ravagli/Wu Ming come “oggetto narrativo non-identificato”. Qui il programma completo (pdf).
NEW ITALIAN EPIC E GENDER Nel maggio scorso, sul n. 40 della rivista Leggere donna è apparso un breve ma suggestivo articolo di Rosella Simonari intitolato “New Italian Epic e gender”. Sono riflessioni e allusioni a percorsi d’indagine che varrebbe la pena cogliere, espandere, approfondire: “Una delle caratteristiche che Wu Ming 1 elenca riguardo ai testi NIE è quella dello ‘sguardo obliquo’, ossia un punto di vista insolito, che può comprendere anche oggetti inanimati e animali oltre che persone. Utilizzare il genere per leggere i testi NIE è, in qualche modo, assumere uno ‘sguardo obliquo’ su di essi, è vederli secondo una prospettiva trasversale e molteplice.” Qui l’articolo completo (pdf).
EXIBART Nel luglio scorso la rivista di arte contemporanea Exibart ha pubblicato un articolo di Christian Caliandro intitolato New Italian Tragedy (clicca per leggere il pdf). Parlando di NIE, Caliandro scrive: “La sensazione è quella di essere anni luce lontani dalla versione consolatoria della ‘giovine Italia’ che viene fuori dalle varie notti prima degli esami e muccinate (ormai più Silvio che Gabriele, ma fa lo stesso), di trovarsi finalmente in un territorio sconosciuto e per questo interessante, a tratti anche minaccioso. Di respirare un’aria finalmente nuova, che non potrà non influenzare anche il vicino territorio dell’arte contemporanea […]”
RECENSIONE Un’approfondita recensione di New Italian Epic a firma di Giovanni Solinas, dottore di ricerca con una tesi sulle estetiche performative nella poesia sperimentale del Novecento. Si occupa di teoria della letteratura e di problemi relativi alle avanguardie novecentesche. La recensione è apparsa su Altri Italiani, qui.
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