dell’Assemblea Antifascista Permanente di Bologna
[Alla vigilia della ricorrenza della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, proponiamo quello che ci è sembrato il migliore documento scritto per l’occasione. I link ad altri interventi degni di nota sono in appendice all’articolo.]
Chi guarda anche di sfuggita una qualsiasi foto della strage di Bologna vede scavare tra le macerie non solo uomini in divisa, ma soprattutto cittadini comuni. Chi guarda invece ogni anno il palco delle commemorazioni lo vede gremito quasi esclusivamente di alti gradi militari, fasce tricolori, abiti impeccabili di politici, burocrati, sottosegretari.
Se la strage è di Stato, i rappresentanti dello Stato non dovrebbero avere alcun diritto di parlare in piazza il 2 agosto. Se lo Stato ha intralciato e intralcia la verità, fischiare è opportuno. Questa piazza non è né del sindaco, né del questore, né delle istituzioni, né dello Stato, né tantomeno di un governo come quello odierno in cui siedono gli eredi della strategia fascista, piduista e stragista.
Si vuole far credere che il terrorismo sia un qualcosa di esterno senza rapporti con lo Stato e le sue strategie di potere. Ma il 2 agosto sta a ricordarci che questo è un oltraggio alle vittime e alla verità storica: dalla strage di piazza Fontana del 1969 a quella di Bologna del 1980, l’Italia ha sperimentato dolorosamente una lunga “strategia delle stragi” condotta da uomini degli apparati più coperti dello Stato o da neofascisti da essi personalmente organizzati, indirizzati, finanziati e protetti. Lo scopo era quello di promuovere con la violenza un clima di paura e smarrimento per scoraggiare e sconfiggere le lotte operaie e le proteste sociali.
Sono trascorsi ormai 29 anni da quando, alle ore 10.25 del 2 agosto 1980, i neofascisti dei NAR spalleggiati dai servizi segreti misero una bomba alla stazione centrale di Bologna, causando 85 morti e 200 feriti.
A tanti anni di distanza i depistaggi e l’omertà di tutti i governi hanno impedito di accertare i mandanti e di conoscere pienamente la verità.
La mano è fascista, ma anche il mandante è evidente: è lo stesso che oggi grida all’emergenza per approvare misure di stampo autoritario e razzista, è chi detiene la violenza legale degli apparati militari e di polizia, chi sfrutta lavoratori sempre più precari, chi taglia pensioni e diritti sociali per finanziare eserciti e servizi segreti. È chi continua a nascondere la verità e a terrorizzare, in un modo o nell’altro, i propri “sudditi” con campagne di allarmismi e paura.
Ogni 2 agosto le parole e gli insulti che volano tra chi fischia e chi cerca di impedirlo testimoniano che in quella piazza si esprimono due verità differenti: quella perbenista, e talora ipocrita, delle istituzioni che parlano lungamente dal palco; e un’altra che va invece nascosta, delegittimata, impedita, fino al sequestro dei volantini e alla denuncia per “vilipendio” avvenuti nel 2007.
Da una parte, vi sono i discorsi ufficiali, tutti fondati su una netta opposizione tra democrazia e terrorismo. La democrazia sarebbe buona, accogliente, benefica, irreprensibile. Le compromissioni dello “Stato democratico” nella strage del 2 agosto vengono così o taciute o ricordate come casi episodici di “deviazioni”. Ogni anno, da 29 anni, i familiari delle vittime bussano inutilmente alla porta dei governi più diversi per chiedere la verità sui mandanti della strage e l’abolizione del segreto di Stato. Ogni anno il ministro di turno promette, sorride, stringe mani. Tutti sanno già che non cambierà nulla. Da alcuni anni, poi, il Terrorista è ritratto sempre più come un “mostro”, come un agghiacciante scherzo di natura, come qualcosa di totalmente estraneo alle strategie di potere dello Stato, rimuovendo gradatamente la verità storica sullo stragismo neofascista.
È il revisionismo alla Cofferati (e scopriremo presto se anche “alla Delbono”), meno smaccato e invadente delle fandonie di Cossiga e del PDL, ma pur sempre disponibile a qualche concessione: ad esempio il primo maggio 2007 il sindaco Cofferati, a nome della città di Bologna, ha dato dal palco il benvenuto al sindacato di estrema destra UGL parlando davanti a uno striscione di solidarietà allo stragista nero Luigi Ciavardini: “Strage di Bologna: Ciavardini innocente”. Non ha fatto una piega. Del resto, già nel 2004 il primo discorso di Cofferati per il 2 agosto aveva ricevuto il plauso di Forza Italia e AN…
2. Ma vi è un’altra verità che oggi si cerca di soffocare in ogni modo, proprio mentre ci si appella alla “memoria”. Noi la abbiamo portata in piazza ogni anno, come abbiamo potuto, anche con i fischi. Dalla strage di piazza Fontana del 1969 a quella di Bologna del 1980, l’Italia ha vissuto dolorosamente una lunga serie di stragi indiscriminate promosse da interi scomparti dello Stato ed eseguite da militanti neofascisti.
Fin dal principio lo scopo era quello di promuovere con la violenza un “ritorno all’ordine”. Si voleva costringere la volontà diffusa di una diversa e più giusta organizzazione sociale di nuovo entro i ranghi oppressivi del lavoro salariato e dell’autoritarismo scolastico. Senza più dibattiti, contestazioni, lotte, antagonismi.
A lungo preparata, la strage di Bologna fu uno di questi capitoli e la sua verità storica non può essere staccata dalla storia dello stragismo neofascista e dei suoi appoggi istituzionali di ieri e di oggi. Ma dimenticare la specificità delle stragi di Stato pare diventato ormai un obbligo istituzionale a cui nessuno si sottrae. Dopo il revisionismo su fascismo e Resistenza, il revisionismo sul neofascismo stragista è un passo decisivo sulla via di un nuovo regime totalitario.
Ogni anno, quello che portiamo in piazza non è solo il lutto per le stragi di Stato, ma anche il dolore perché quei morti sono serviti a costruire un mondo più ingiusto, ipocrita e violento. Per questo finora abbiamo sempre fischiato i rappresentati delle istituzioni: e lo abbiamo appreso proprio in quella piazza, nel corso degli anni, da gente comune che sapeva che lo Stato non processa se stesso.
Quest’anno tuttavia i fischi non sarebbero bastati. A uno Stato che, col cosiddetto Pacchetto Sicurezza, ha appena promulgato le sue nuove leggi razziali, nonché una stretta autoritaria senza precedenti nel dopoguerra, vogliamo voltare le spalle. Mentre i papaveri si daranno in mostra davanti alla Stazione, invitiamo tutte e tutti le/i sincere/i antifasciste/i a muoversi in corteo verso Piazza dell’Unità, luogo di incontro e di amalgama di culture e storie diverse, spazio urbano dove è ancora possibile praticare sport e socializzare in libertà, dimentichi di ogni frontiera e di ogni paura, simbolo di come crediamo debba essere vissuta, da tutte e tutti, la città. Ci saremo noi, altre realtà e singoli compagne e compagni con cui abbiamo deciso di gridare forte:
NOI SAPPIAMO, NOI NON DIMENTICHIAMO!
Da leggere anche:
Un intervento di Gianmarco De Pieri del TPO di Bologna;
L’opinione di InfoAut Bologna, che chiama in causa le omissioni della sinistra istituzionale;
Un articolo di un lettore della e-zine Zic, che fa il punto sui più recenti tentativi di revisionismo e di depistaggio per occultare gli autori della strage.