Il fantasy è il futuro. Il fantasy è il genere dei generi. Già di fronte all’ucronia, lo straordinario grimaldello con cui Philip Dick ha spalancato sentieri imprevisti alla letteratura, dobbiamo constatare un’uscita dal genere ristretto della fantascienza e un approdo inquietante e affabulatorio nei territori del fantasy. Quale fantasy è il futuro? Non quello semplicemente tolkeniano, diciamo paganeggiante, poiché Tolkien ha semplicemente fornito un modello, una deriva che è andata, per sua intrinseca natura, cristallizzandosi in una serie di scolastiche minuziosamente ossessionate da un mondo la cui consistenza è paragonabile ormai a quella dell’universo fisico in cui viviamo (le stesse cose, gli stessi elfi). Il fantasy che accoglie in sé, messianica ultima forma, tutte le letterature è il fantasy che oggi ha un campione in Perdido Street Station di China Miéville, appena uscito da Fanucci. E’ il fantasy che copre l’arco che va da Thomas Pynchon ad Alasdair Grey, passando per Vonnegut e Dick, includendo i deliri laici di Houellebecq (anche il realismo è una declinazione del fantasy) e le allegorie di Vollmann. Imperdido Street Station verrebbe da dire: il mondo allucinatorio, compulsivamente psicopatologico di New Crobuzon e delle sue geografie pantagrueliche è il futuro fattosi presente e riassuntivo del passato – la storia delle storie, il miraggio a cui qualunque autentico scrittore ha sempre guardato.
New Crobuzon è una città stato la cui mappa possiamo decifrare in apertura e in chiusura dell’edizione fanucciana. New Crobuzon è tutto il nostro pianeta: nel suo stato di dolorosa transizione e di parto utopico che noi abbiamo imparato in questi decenni a riconoscere. New Crobuzon è la fantasia scatenata di China Miéville, autore alla sua seconda prova narrativa: un talento barocco e non per questo inefficiente.
La città gigantesca di Miéville è un aggregato di bazar, suburbia, palazzi del poetere, ponti sospesi sul vuoto e ghetti, che accoglie nelle sue spire mefitiche una sterminata popolazione di umani e alieni di varie specie (memorabile la scena d’amore iniziale tra un disgustoso umano e un’altrettanto disgustosa signorina insetto della specie khepri – un’artista che fa statue in saliva raddensata…). Non si parla mai dell’incontro iniziale tra umani e alieni: la scoperta più sconvolgente della storia dell’umanità non viene mai discussa, è data per scontata – Miéville colloca la sua storia stupefacente in un periodo che viene dopo lo stupore. E’ logico e ovvio che questa origine, data per acquisita, esiga un’agnizione, come accade sempre in ogni esempio di ottima letteratura: e da qui dovremo dedurre tutta la strumentazione suspence che Miéville impiega in quest’epica costruzione di un mondo fantastico. Essere tuffati a forza in un crogiolo di altre culture, altri saperi e altre storie è uno strappo da sé che arricchisce sempre; e tuttavia è raro provare un piacere della mappatura dell’ignoto quale garantisce il fantasy di cui stiamo trattando. Miéville centra precisamente quest’obbiettivo: l’iniziazione che ci fornisce è l’attraversamento di una soglia su un altro universo e, al tempo stesso, l’entrata in un regno che abbiamo già visitato da sempre e che approssimativamente chiamiamo “piacere della lettura”.
La guida sorprendente di questo percorso in geometrie morbose e allucinate è inizialmente Isaac Dan der Grimnebulin, una specie di fuoricasta del mondo scientifico di New Crobuzon – irritante e geniale, disinibito ma intimamente democristiano, Isaac intrattiene una pericolosa relazione con Lin, una khepri artista, che ha un corpo disgustosamente affascinante, umanoide con mutazioni entomologiche. Mentre commesse ambigue e sospette vengono fornite, separatamente, ai due amanti, nel tentativo (disastroso) di portarle a termine Isaac e Lin attraverseranno una zona di impressionante svolta storica per tutta New Crobuzon. C’è qualcosa di eversivo in ogni proposta indecente: Adamo ed Eva concretizzano in simbolo una verità che, evidentemente, marchia non soltanto la psiche umana e l’universo reale in cui abita. E proprio l’indecente proposta diviene il motore che spinge New Crobuzon verso un nuovo inizio: il che coincide con il fare definitivamente i conti con la propria storia.
Manuale di scienza alchemica travestita da positivismo magico, Perdido Street Station è un paradosso narrativo, un’iperucronia, la contaminazione definitiva tra le leggi dell’amore e dell’odio, una pluriallegoria su tutti i tempi che abbiamo vissuto, viviamo e vivremo – o, se si vuole, il cuore stesso del fantasy, quell’antichissima fabula che tentiamo sempre di raccontare e raccontarci.
La fantasia di China Mieville è a tratti sordida e saltuariamente angelica, sempre intricata e luminosa, procede a sbalzi di temperatura e avanza per violenti chiaroscuri di natura immaginale, etica e psicologica. Sembra un fumettone e lo è è – il fatto è che non siamo davanti a un fumettone soltanto: siamo in presenza della totalità dei fumetti.
New Crobuzon è un mondo che Miéville fa esplodere sin dal suo nascere. E’ abbastanza certo che, da questo mondo, altri eoni verranno alla luce. Perdido Street Station è, per l’appunto, la prima stazione di un lungo percorso di nuova epica da cui China Miéville non potrà sottrarsi negli anni a venire, dopo la promessa che formula in questo super-romanzo.
China Miéville – Perdido Street Station – Fanucci Editore – 18.50 euro