di Francesco M. De Collibus
Ogni giorno, più o meno alla stessa ora, sempre la stessa domanda: “E ora dove si va a pranzo?”.
Saper scovare a prima vista un ristorante ignobile si rivela un talento prezioso a mezzodì. L’efficientismo degli uffici si vanta di trangugiare tramezzini in piedi, come se sedersi e comunicare fosse una perdita di tempo. I fortunati che non hanno ancora la schiena come il filo del telefono addirittura approfittano per fare palestra : diventa così un esercizio splendidamente inattuale quello di cercare un ristorante ignobile per sfracellarsi a dovere lo stomaco. Il cibo sortisce poi l’effetto della morfina, rendendoci pacati ed indolenti per tutto il pomeriggio, e così deliziosamente inefficienti mentre intorno a noi tutti proiettano slides e organizzano call. Un semplice pranzo pesante diventa un gesto eversivo, un atto di sabotaggio dell’etica del turbocapitale, ammesso che ne abbia una, un piantare i piedi contro il moto della terra e dei pianeti, un piccolo umanissimo gesto di rivolta, capace di rendere l’esistenza più sopportabile. Miracoli dell’ignobiltà, e dei fagioli con le cotiche!
Zu den sachen selbst, cos’è un ristorante ignobile? Un ristorante alla buona in cui si mangia bene, unto e tanto, e non si spende un pazzo(1). Il ristorante ignobile, come il diavolo, ha molti nomi. Si può chiamare “Dalla Vecchiaccia”, “Dai camionisti”, “Dai luridi”, “Lo scannatoio” ” Dallo Zozzone” ” Dall’AIDS”… per compensazione più è laido il nomignolo impiegato, migliore sarà la cucina.(2)
Ma definire l’ignobiltà, è come descrivere il fascino di una donna, un grande esercizio di presunzione. Non sono i singoli componenti, la cui somma vale meno del tutto!
Non è l’antica patina di grasso sulla vetrina, che mai ha conosciuto l’onta di un detergente. Non è il vernacolo incomprensibile dei camerieri, che ci riporta ai fasti dell’italia preunitaria, e neppure l’esilarante ortografia dei menu, che offre amburgher e cotoleta e neanche il grasso carbonizzato sul fondo delle stoviglie, sedimento per carotaggi di future geologie culinarie.
No, è l’autenticità a rendere ignobile un locale. Il posticino ignobile è sincero, del tutto al di fuori della grammatica della carineria, della menzogna e della posa, del servizio. Ed è per questo che noi lo amiamo. Nella ipocrita capitale morale di una paese senza morale, cosa c’è di più bello, ed anche più pericoloso, della sincerità? Dopo i Corsi Comi, e i localetti patinati, cosa c’è di meglio della gustosa zozzoneria? Il locale ignobile è esattamente quello che sembra, una bettola, un postaccio! Tanta è la potenza della stamberga non tirata a lucido da imporre leggi proprie, curvando il galateo a regole nuove.
Ad esempio, nel locale ignobile è consigliato piluccare dal piatto altrui, gesto che altrove implicherebbe l’immediata scomunica sociale. “Ma tu ti stai ammazzando con i peperoni? Io mi sto schiattando di cipolla e tonno, prova qui”. Macchie di sugo sulla camicia, dita unte del grasso del pollo, implicando un rapporto ancora più carnale con il cibo, sono del tutto OK. Guai invece a segnalare ad un commensale che ha le labbra sporche di sugo: gli si impedirebbe di gustare di nuovo nel pomeriggio gli squisiti sapori del pranzetto.
Il megarutto è d’obbligo dopo il pasto ignobile, anzi dall’oscillazione indotta sui cappotti(3) si può trarre una utile aruspicina per l’avvenire, come comunemente si fa dai fondi di caffè e dalle linee della mano. Se oscilla tanto porta fortuna e danari. Se compie un moto leggermente sussultorio ondulatorio, possibilità di tresche in ufficio. Se cadono a terra, significa sciagura(4)!
Ma come essere sicuri di trovarsi in un locale davvero ignobile? E’ presto detto. Premuratevi di avere sempre a portata di mano un dado da venti, una matita ed un pezzo di carta. Come entrate in un locale, tirate immediatamente il D20, osservate il risultato e dimenticatevelo. Tanto ormai siete entrati, non vi serve niente. A questo punto prendete carta e penna , osservate se sono presenti le seguenti cose con il relativo punteggio:
Il perlinato alle pareti = + 10
Foto dell’Italia Campione del mondo 1982 e/o raccolta dei vecchi scudetti dell’inter ( solo fino al 1989 compreso) = + 5
Posacenere di bevande scomparse tipo il liquore Aurum o la Cola 101 = + 5
Posacenere della cedrata Tassoni = +10
Tovaglia di carta = +5 (+ 8 se con fantasia di fiori)
Bicchieri sporchi, consunti, asimmetrici, calcificati, lordati, lattiginosi, purulenti, o comunque infetti = +5
Nuvole di mosche che si spostano sul carrello dei dolci come un flagello biblico = + 5
Cartelli al banco del tipo ” Si fa credito solo ai novantenni se accompagnati dai genitori” = + 3
Calendario di Frate Indovino = +3
Il bagno fisicamente staccato dal locale con i tavoli, magari nel cortiletto = + 5
Scarico temporaneamente rotto. Da cinque anni = + 10
Tovaglia croccante = +10
Tovagliolo croccante = +15
Assenza totale di menu = +10
Il cameriere che recita a voce i piatti disponibili, con una sola emissione di fiato che fa tanto atmosfera di festa, come il nipotino a natale = +15
L’oste che prende a mente tutti gli ordini + 15
Menu fotocopiato = +5
Menu scritto a penna foglio per foglio = +10
Vetrina resa fumè dalla sporcizia = +8
Ogni errore di grammatica sul menu = +5
Per ogni singolo nomignolo distinto del ristorante, tipo “La Lurida”, “Lo scannatoio”, “La vecchia” = +5
Presenza di un piatto kamikaze (5) = + 25
Benissimo, avete annotato tutto? Ora sommate le singole voci, se avete ottenuto un punteggio superiore a 47 ma strettamente inferiore a 51 allora… ma chi se ne frega, pensate solo a magnare e a stare bene. Milano, l’Indeterminante, la città a macchia di leopardo che non somiglia neppure a se stessa, la cosmopolita capitale della gretta e folle lombardia, vi aspetta con migliaia di questi posti deliziosi e magici, se solo avrete il coraggio di cercarli!
Buon piatto kamikaze(5), allora…
(1) il Pazzo, nota unità monetaria dal valore trascurabile, equivalente al penny, al centesimo, allo scellino, e al dollaro americano post-crisi.
(2) In nessun caso il nome con cui ci si riferisce al ristorante ignobile può essere quello scritto sull’insegna .Questo per una conseguenza dell’assioma secondo cui – terminata – la declamazione dei nomi di Dio il mondo terminerà. Chiamando il ristorante ignobile con il nome scritto sulla ragione sociale si accorcia istantaneamente di cento milioni di anni la vita dell’universo. Ci avete le palle per prendervi una simile responsabilità?
(3) Cappotti ovviamente poggiati sulla sedia. Volete pure gli attaccappanni nel locale ignobile? Sofistici del cavolo!
(4) Anche perchè se state ruttando a cotanti decibel, probabilmente passerete la parte restante del pomeriggio chiusi in bagno intenti in trasformazioni alchemiche.
(5) A questo punto, si apre necessariamente una parentesi. Cos’è il piatto kamikaze? E’ la fatality dell’esofago: un piatto untissimo nel quale si transustanzia somma tutta l’ignobiltà del posto. Ogni locale davvero ignobile ne ha almeno uno. Quando ne viene ordinato uno, un istante di silenzio cala tra gli avventori. Affrontare il piatto kamikaze è un gesto temerario, una sfida per l’esistenza. Il piatto kamikaze vuole solo trascinarci all’inferno giù con lui. Il vero piatto kamikaze non è fatto per essere finito. Il suo obiettivo non è non solo saziare, ma saziare in maniera tale che anche se si sta crepando, non si riesce a finirlo. E’ come una mistress, deve soggiogare per dare piacere. Per sopravvivere ad un piatto kamikaze, bisogna riesumare il dado da 20 di cui sopra ed effettuare un tiro salvezza contro morte. Se lo si fallisce, si diparte belli sazi, e con le proprie carni si farciranno altri piatti kamikaze stesso. Se si sopravvive… beh, si torna il giorno dopo a mangiare un altro piatto kamikaze. E’ buono di bestia d’altronde, no?