di Alcuni ergastolani in lotta per la vita
Signor Presidente,
Le scriviamo ora che il clamore della vicenda Battisti si è assopito sulle pagine dei giornali e delle televisioni italiane. Per settimane i nostri media hanno dipinto il Suo paese come un paese da Terzo Mondo, privo di una solida cultura giuridica, terra che custodisce latitanti e criminali internazionali in spregio ad ogni principio del diritto. Per settimane persone che ignorano la storia, le storie e perfino gli atti processuali hanno dato giudizi severi, implacabili verso il suo Paese. Noi non vogliamo entrare nel merito della vicenda Battisti. Vogliamo esprimerle il nostro apprezzamento perché abbiamo letto che uno dei motivi per i quali il Brasile non è favorevole all’estradizione di Battisti è che in Italia vi è la pena dell’ergastolo, una pena che non è prevista dal codice penale brasiliano.
Signor Presidente,
nel nostro paese la Costituzione prevede che la pena non debba essere contraria al senso di umanità e debba tendere alla rieducazione del condannato. Per molti di noi questo vuole dire che l’ergastolo, che è il figlio giuridico della pena di morte, è incompatibile con i nostri principi costituzionali. Per questi motivi abbiamo promosso un dibattito, attraverso forme di lotta pacifica e non violenta. Abbiamo sollevato una campagna per l’abolizione dell’ergastolo con uno sciopero della fame, per il secondo anno consecutivo. Questa campagna, che porteremo avanti coi tempi e i modi che ci saranno possibili, quest’anno è andata avanti per tre mesi e mezzo, dal primo dicembre scorso al sedici marzo, ma in questo nostro paese il fatto che migliaia di persone (agli ergastolani si sono uniti molti detenuti comuni con condanne lunghe) facciano uno sciopero della fame, più o meno prolungato, …non fa notizia! Così come “non fa notizia” il fatto che abbiamo presentato alla Corte di Strasburgo 739 ricorsi contro la pena dell’ergastolo. Siamo consapevoli che non è una battaglia popolare e che possiamo essere facilmente strumentalizzati. Siamo consapevoli che ognuno deve pagare il prezzo delle proprie scelte. Ma siamo altrettanto certi che la vendetta non è giustizia e che è possibile offrire a tutti una speranza, anche al termine della pena più lunga possibile.
Signor Presidente,
il primo atto del nostro governo appena eletto è stato di approvare una legge che sospendesse il processo per il presidente del Consiglio. Adesso, in questi giorni, sono in discussione proposte di legge che prevedono carcere e pene severe per immigrati, tossicodipendenti, prostitute e, pensi un po’, persino per i giornalisti. In questi giorni, lo stesso ministro della Giustizia ha dichiarato alla stampa che le prigioni italiane, tanto sono piene, non rispettano il dettato costituzionale né il diritto alla dignità.
Non sappiamo se l’eco delle vicende italiane sia giunto nel suo Paese. Noi sappiamo che la storia del suo Paese è stata una storia difficile e che più di una volta la democrazia è stata messa in pericolo. Ma oggi, Lei ha dimostrato di quale civiltà sia capace il suo popolo e di quale ipocrisia sia composta la nostra classe politica. Lei ha dimostrato che la democrazia si misura anche dalla capacità di uno Stato di essere buon giudice e non cattivo vendicatore.
Signor Presidente,
Benjamin Constant ha scritto che l’ergastolo è “un consacrare la schiavitù, un degradare l’umana condizione”. Noi potremmo condurre questa battaglia nel buio delle aule dei tribunali, singolarmente attraverso i nostri avvocati. Abbiamo deciso, invece, di farne discussione pubblica perché a noi sembra che la Giustizia non sia un fatto privato, quanto invece un atto politico essenziale nella storia sociale dei popoli.
Noi La ringraziamo, signor Presidente, per aver ribadito un principio giuridico internazionale che dovrebbe essere proprio di ogni paese democratico e che, purtroppo, in Italia vale solo per i potenti!
Noi crediamo che, per quanti errori abbia potuto commettere, ogni uomo ha diritto, una volta scontato il suo debito, a vivere e morire sotto un cielo di stelle. Perché non sia consacrata la schiavitù del fine pena mai contro la quale noi continueremo a lottare!
Per informazioni sulla campagna “Mai dire mai” per l’abolizione dell’ergastolo:
“Associazione Liberarsi”
Via Tavanti, 20
50134 Firenze (Italia)
tel/fax +39 055 473070
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