di Saverio Fattori
Riprende, per otto nuove puntate, la pubblicazione di Cattedrale, il romanzo scritto dentro e sulla fabbrica da Saverio Fattori: un romanzo che la forza degli aventi ha trasformato in un romanzo dentro e sulla crisi. Buona lettura!
Tutti i capitoli di “Cattedrale”
Oggi in mensa ho raccontato dell’Ufficio Fantasma. Con i polpastrelli ho percorso l’ideale profilo di una porta di cui ricordavo l’esistenza e che è scomparsa. Non posso sbagliarmi, stava in angolo, a un paio di metri da un bagno e altrettanti dall’Ufficio Spedizioni. Prima di essere trombato andavo a redigere nuove procedure e a modificarne altre obsolete.
Occorreva numerarle secondo un progressivo che si perdeva nell’età feudale della Cattedrale. In questi documenti venivano descritte operazioni completate da foto esplicative. A causa della mia inettitudine tecnico-burocratica, c’era un omino ad aiutarmi. Il responsabile mi accompagnava fin sulla soglia del suo ufficio, bussava e mi lasciava da solo, mi sentivo colpevole di qualcosa, come uno scolaro in presidenza dopo una nota disciplinare. Aspettavo si aprisse la porta con un sinistro scricchiolio che urlava lubrificante ai cardini. L’omino aveva occhiali con la montatura sottile, un corpo gracile e la gentilezza di tempi lontani. Borghesia di estrazione statalista modello Fiat anni Ottanta. Un uomo dotato di calma e ordine mentale, proiettato verso una pensione agognata e temuta come la morte, una pensione che avrebbe segnato l’annullamento definitivo di una razza in via d’estinzione. La sua. Durante la nostra collaborazione mi meravigliavo di come non perdesse il controllo di fronte a qualunque groviglio burocratico, anche quello più contorto e barocco, trovava sempre il capo del gomitolo. Io alla prima difficoltà iniziavo a strofinarmi gli occhi in bilico tra nervosismo e narcolessia. Mi stupivo di come catalogasse scrupolosamente ogni maledetto documento riguardante certificazioni o procedure, di come tutto quel disordine cosmico avesse un senso, e quei puntini luminosi fossero costellazioni identificabili.
Le visite ispettive di grossi clienti e di enti certificatori sono da sempre nelle mani di modesti figuri come l’omino dai modi gentili. I Sacerdoti si prendono tutti i meriti dell’oscuro lavoro delle formichine, a pericolo passato improvvisano riunioni dove spargono qualche briciola di ringraziamento, sorrisi e buonumore.
Ho bussato con l’orecchio incollato alla parete in corrispondenza della zona dove avrebbe dovuto trovarsi la porta dell’ufficio fantasma. Colpi sempre più forti, disperati. Ho sentito il vuoto, un eco sordo che ha confermato la presenza di una cavità a pochi centimetri. Avrei bisogno di un piccone. Un paio di femmine del Controllo di Gestione invece di prestarmi fede mi scacciano come la peste, mi scansano e si buttano sulla destra. È il pazzo trombato della Qualità, vade retro. Le ho interrotte, stavano parlando di un operaio carino, uno che guida i muletti, buffo come la forza ormonale abbatta le divisioni di casta. Io sono preoccupato per l’omino delle procedure, me ne frego dei loro pruriti. È uno dei pochi che è sempre stato cortese con me. La sua voce era un filo esile, non passerebbe il cartongesso. Un uomo della Manutenzione, sgrana gli occhi. Come può sostenere di non avere picconi o attrezzi simili? Non vogliono mai rogne i manutentori, pesta forte sui pedali della graziella e sparisce sotto il porticato esterno. Dovrei prendere lui a colpi di mazza. Non resta che rassegnarmi, a quest’ora l’omino gentile sarà morto di stenti, morto male, seppellito vivo. Una crudeltà incomprensibile. Parlava sempre della pensione, di quanto poco gli rimanesse per raggiungerla. Un’esistenza a un passo dalla pensione, fin dal giorno dei giorni, il primo giorno della prima assunzione. Una vita non rettilinea con la liberazione nel tratto finale, ma concentrica, con il traguardo posto in mezzo, in un buco nero, e le circonferenze di perimetro a decrescere, anno dopo anno, fino alla stretta finale. Un traguardo in apparenza liberatorio, in realtà opprimente gravido di minacce. Gli organi interni collassano, si infiammano e scoppiano, generano metastasi. Quelli come l’omino non sarebbero sopravvissuti che pochi anni fuori dalla Cattedrale. O pochi mesi. Fuori dal tornello della timbratura sono preda di malattie terribili, l’energia vitale non trova canalizzazioni logiche e virtuose, l’organismo entra in confusione, vengono a mancare i ritmi lavorativi, reiterazioni delle abitudini che tengono alte le difese immunitarie. Il cervello elabora contromisure inadeguate. Il bricolage. Il modellismo sedativo. Il volontariato. Le gite con il prete nei mesi primaverili. La camminate serali anticolesterolo. Varie forme di collezionismo. Tutto inutile. Prendono corpo altre due forme di vita. La vedova e la reversibilità.
Non posso essere certo della sua fine e questo mi angoscia. È noto come nei campi di concentramento organismi essenziali come quelli dell’omino delle procedure hanno resistito più a lungo rispetto ad altri in apparenza meglio attrezzati. E proprio in una situazione estrema come quella della muratura in ufficio, uno come l’omino avrebbe potuto dimostrare risorse fisiche miracolose, rallentando i battiti cardiaci, risparmiano ossigeno e nutrendosi di muffe e insetti.
Mi sono chiuso in bagno per la disperazione, non posso fare nulla per l’omino, la fitta allo stomaco non mi molla più ormai. In bagno ho evacuato materia molliccia e puzzolente, non troppo liquida. Sulla tazza mi sono ricordato dell’incubo notturno. Ero a scuola, Ragioneria, ma i compagni di classe erano in realtà i miei attuali colleghi di catena di montaggio. A metà anno un professore stanco della mie impreparazioni mi costringe ad abbandonare l’aula, intima di sparire. Lo fa platealmente, con un solenne discorso, i compagni non infieriscono, ma il loro silenzio è per me punitivo, un assenso. Sono tutti dalle parte del professore. I prigionieri sono dalla stessa parte dei carcerieri, tutti tesi a eliminare le scorie asociali. Ogni lotta di/in classe è bandita, disarmata. Mentre mi lavo le mani realizzo che il professore dell’incubo aveva i lineamenti del padre del Frank.
In mensa ho reso partecipi i commensali della triste vicenda dell’omino. Naturalmente nessuno si è scostato un millimetro dalle tesi Negazioniste così in voga in Cattedrale. Pifferi dell’After Market ha finto di non aver mai sentito nemmeno il nome dell’omino in vita sua e non conosce nessuno che corrisponda a quella descrizione. Oppure ne ha conosciuti a decine con quelle caratteristiche. Ma non il mio omino delle procedure. Ma Pifferi è un maledetto. Farebbe violentare la madre da una banda di slavi per un posto macchina interno, nemmeno Pifferi vuole rogne. Da quando sono stato trombato ha preferito non rivolgermi quasi più la parola, come fossi infettato. A volte lo fisso, lui si scuote dall’imbarazzo con qualche battuta a sfondo sessuale. Secondo lui le minori pressioni psicologiche derivanti dalla mia bassa professionalità dovrebbero favorirmi l’erezione. Dopo pranzo ho fatto un giro di perlustrazione in tutti i reparti produttivi. Sono scomparse le procedure redatte e firmate dal mio omino, sostituite da altre, molto simili nella sostanza, ma più curate nella forma. Le foto e l’impaginazione sono figlie di tecnologie recenti, le firme nella parte alta del foglio appartengono a esponenti della nuova borghesia. Se torno indietro con la memoria riaffiorano fogli con didascalie battute a macchina e Polaroid attaccate con il biadesivo. Foto di reparto ingiallite, grembiuli e abbigliamento ridicolo, contratti a tempo indeterminato per gente determinata a morire ogni giorno. A che era geologica risale la mia collaborazione con l’omino? Magari alla fine è andato in pensione, non c’è nessuna cavità con i suoi miseri resti. Le persone al mio tavolo forse non possono ricordarlo perché sono stati assunti dopo la sua scomparsa. Ho perso ogni riferimento temporale. Forse al tavolo racconto aneddoti su persone decedute o che non lavorano più in Cattedrale da decenni. Sopravvivo alla Cattedrale e ai suoi fantasmi in un tempo fermo, sono impermeabile a ogni mutazione? Dicono che parlo da solo, a me non pare. Parlo con ombre che solo io vedo? No davvero, mentono per buttarmi fuori gioco.
Esistono varie verità. Esistono verità di diversa qualità. Io a volte sento dei lamenti sfilacciati. Il fenomeno si presenta nelle pause produttive, specie durante le riunioni sindacali, quando tutti i reparti si fermano contemporaneamente e cala un silenzio relativo. Io tardo a raggiungere la sala, entro in frequenza e capto le lagnanze rassegnate dell’omino.
Mi rimetto le cuffiette, almeno nell’ora del pranzo è concesso. Un’ombra minacciosa mi giunge alle spalle. Per poco non vengo investito da un muletto. Il Frank mi ricorda che la vita non è sogno e che i sogni non aiutano a vivere.
− Vedi il problema qual è? Hanno ragione i capi. Non senti i pericoli con le orecchie tappate.
− Non dovresti girare con un mezzo a quest’ora. Avrei ragione io.
− Avresti la ragione. E un piede fracassato.
– Io ti castro.
− Immagino. Comunque fregatene delle cuffiette. Devi stare dentro al gioco, devi sporcarti. Devi rischiare. Come ho fatto io stamattina.
− Cosa hai fatto stamattina?
− Lo sai benissimo. Vuoi i particolari tecnici? Non li capiresti.
− Provaci.
− Allora… diciamo che ogni pc ha memoria. Non si fa di eroina come te. Io l’ho lobotomizzato per un po’ di ore, ho messo una memoria vuota. L’ho reso idiota come te. Poi gli ho rimesso il suo pezzetto originale. Con te non ci sono pezzi di ricambio. Mi spiace.
− Sei un genio della tecnologia.
− No. È questo posto che è pieno di vecchi analfabeti, anche i capi sono molto stupidi. Siete destinati all’estinzione. Mio padre sa tutto, dice che questa fabbrica ha i mesi contati. Verrò a pisciare sulla vostra tomba.
− Del mio mp3 che mi dici?
− È un modello sorpassato, ma ha tutte le funzioni di cui necessiti. Non fa i pompini se è questo che vuoi sapere.
− Ha la funzione del REC?
− Credo di si.
− Certo che ce l’ha. Vedi questo pallino? Hai notato che è acceso? Vuoi sapere da quando?
– Grande vecchio! Vedi che sai stupire quando vuoi. Ma la tua etica è incrollabile, non faresti mai la spia con la direzione. La delazione per uno come te è impensabile. Perché rimani coglione.