di Alessandra Daniele
Percentuale accettabile
– Avete trovato la testa? — Chiese Magni guardando il cadavere decapitato.
Longo alzò le spalle — Macché. Solo poltiglia.
– Niente segni di effrazione, o di lotta?
– Come al solito. Sangue e cervella dappertutto, ma solo qualche soprammobile rotto, e il televisore sfondato.
Magni annuì.
— Dev’essere così che li ammazza — mimò il gesto col braccio — prima gli afferra la testa, e gliela sbatte violentemente contro lo schermo, e poi gliela spacca come un cocomero.
– Che stronzo.
– Già
– No, dicevo che stronzo a sfasciare questi — disse Longo, indicando il grande televisore a parete — Questo è l’ultimo modello di bioplasma home-theatre ultrapiatto Living Colors della Sunya.
Magni sospirò.
— L’avevo riconosciuto.
Tornato a casa stanco, Magni si stravaccò sul divano, e s’addormentò di colpo. Fu svegliato da una musichetta irritante. Si cercò a tentoni il telefonino nelle tasche, ma non lo trovò. Riaprì gli occhi. Chi aveva acceso la tv? Pensò d’essersi sdraiato sul telecomando. Si alzò con un grugnito, ma non c’era niente sul divano. S’avvicinò al suo home-theatre Sunya per spegnerlo dal tasto centrale.
Lo schermo esplose in una tempesta di schegge, e una massa di tentacoli pulsanti di plasma luminoso schizzò fuori avvolgendogli la testa.
Magni annaspò freneticamente alla cieca cercando di liberarsi. La massa di bioplasma si strinse attorno al suo cranio come per stritolarlo.
Poi improvvisamente perse densità, facendosi più rarefatta. Quando fu diventata appena una piccola nube di gas luminescente, Magni riuscì a riprendere fiato. Respirò in fretta, ansimando.
Aspirandola a grandi boccate.
Poi si sedette sul divano.
«Questa fusione è riuscita — disse una voce suadente nella sua testa — Non è necessario distruggere il ricettacolo. Finora i casi di rigetto sono stati soltanto sei. È una percentuale accettabile»
Magni non ci fece caso. Gli sembrava di non riuscire a pensare più a niente.
Al centro del mondo
Il generale Haggart si godeva l’aria tiepida dell’emisfero orientale di Freya Gamma. Le folate di brezza entrate dalle feritoie si rincorrevano nel dedalo di corridoi del Palazzo centrale. Complicati intarsi di vari materiali preziosi decoravano tutte le pareti. Quella costruzione aliena aveva una struttura bizzarra, pensava Haggart, ma era una magnificenza. Per questo ne aveva fatto il suo quartier generale.
– Signore, l’allineamento dei pianeti sta avendo inizio — disse il colonnello Tanzi, entrando. Haggart voltò la sua poltrona girevole verso la feritoia più grande, inforcò gli occhiali schermati, e vide sul bordo di Freya, il sole del pianeta, una piccola ombra semicircolare.
— Sarà una sorta di doppia eclisse… sì, interessante — disse con voce incolore — ma come procedono gli interrogatori dei nativi?
Tanzi intrecciò le dita con aria imbarazzata.
— A rilento. L’idioma di questi alieni ci risulta particolarmente… alieno.
Il generale Haggart si rigirò verso di lui, e si tolse lentamente gli occhiali schermati.
— Colonnello, lei sa perché siamo qui, vero? Quando è stato scoperto Freya Gamma dalle sonde NASA s’è subito capito che le risorse energetiche di questo pianeta erano l’ultima speranza per il nostro. Noi dobbiamo scoprire da cosa i nativi ricavino la loro energia, e non c’è traccia di generatori su tutto il pianeta.
– Generale, il problema non è riuscire a farli parlare, è riuscire a capirli.
La luce nella stanza riccamente istoriata s’era fatta più tenue. La doppia eclisse procedeva rapidamente.
– L’unica cosa che finora siamo riusciti a capire chiaramente è il loro panico irrazionale per gli eventi celesti come l’eclisse imminente — continuò Tanzi — tutti quelli che hanno potuto sono fuggiti dalla città. Mi chiedo come sia possibile che una specie così culturalmente arretrata possa disporre d’una rete di accumulatori d’energia sofisticata come quella che abbiamo trovato qui.
– Della loro ottusa superstizione non mi lamento, scappando dalla città l’hanno lasciata a noi.
La stanza era ormai in penombra. Haggart rimise gli occhiali schermati, e guardò dalla feritoia. L’ultimo spicchio di Freya sparì dietro i due pianeti allineati. La stanza piombò nelle tenebre.
Il generatore alieno sul lontano Freya Alpha entrò in funzione.
– Dove l’ha messa? — Chiese Tanzi, cercando a tentoni la lampada alogena a muro appesa dal generale tra gli arabeschi che ricoprivano ogni parete, soffitto, e pavimento del palazzo.
Il trasformatore alieno sul vicino Freya Beta ricevette il flusso, e si preparò a ritrasmetterlo.
– Questi intarsi metallici sono belli da vedere quanto l’obelisco sul soffitto, ma toccarli alla cieca dà l’impressione di poter… – Tanzi terminò la frase in un filo di voce — prendere la scossa.
Il terminale alieno sul soffitto del Palazzo-Centrale energetica di Freya Gamma ricevette la gigantesca scarica elettromagnetica, e attraverso tutti i suoi circuiti la convogliò alla rete di accumulatori cittadina.
Del generale e i suoi uomini non restò che qualche brandello bruciacchiato.