di Mauro Baldrati
Il film, di per sé, non si presta a recensioni che non siano schede leggere degli eventi e delle gag. E’ la sua natura. Per cui creano imbarazzo certe disamine di critici e intellettuali generalisti, nelle quali si analizzano addirittura i simboli del film, e, con dissertazioni alquanto complesse, persino i “difetti”. Il lettore prova disagio per gli autori di questi saggi su Quo Vado?. Prova imbarazzo perché non può non pensare: quanto pensiero sprecato!
Questi, infatti, sono gli aspetti più interessanti della suddetta quistione: la corsa all’oro della recensione di un’opera che non si presta al gioco, che addirittura non l’accetta, perché non possiede il know how adeguato, né si pone il problema di possederlo. La spiegazione, l’analisi dell’analisi, sta nel senso dell’olfatto. Sì, l’odore. Quando un’opera sprigiona l’aroma fragrante del “pop” parte l’assalto. Tutti si precipitano su quel magnifico fiore dischiuso per succhiarne il nettare, offrendogli la diffusione del polline e al contempo godendo del suo frutto, che costituisce un nutrimento prezioso.
L’effetto di questa forma di migrazione mediatica infatti è duplice: da un lato si contribuisce alla propagazione dell’opera e si potenzia la sua forza dirompente, attraverso la moltiplicazione dei titoli, delle immagini, delle opinioni (che spesso coincidono, in una sorta di coro omogeneo), e, ovviamente, delle lodi, che qua e là assumono toni estremi. Dall’altro si succhia la sua aggressività pop, si avvicina la propria “griffe” al fenomeno del momento. Insomma, proprio come quando ci si fa fotografare abbracciati al cantante famoso, all’attore famoso, allo sportivo famoso, al politico famoso.
Ecco quindi commenti irritati su chi osa mettere in dubbio la verticalità artistica-filosofica dell’opera-evento. Ecco i più opportunisti degli opportunisti, i politici, cercare di insinuarsi nella scia della nuova cometa pop: il “ministro” e “scrittore” Franceschini; il “Presidente del Consiglio”; Salvini (Zalone ministro della cultura), e così via.
Questo atteggiamento, ovviamente, non è riservato solo a Zalone, ma a tutte le stelle del firmamento pop, dove la più luminosa è certamente il papa. Woityla, e oggi Francesco, sono i massimi campioni, verso i quali i media si lanciano all’assalto con toni parossistici.
Ma come mai un’opera o un personaggio diventano dei campioni pop? Le interpretazioni si accavallano, ma sono deboli e approssimative. Oltre che sulla filologia del film, molti commentatori si sono scervellati per spiegare le motivazioni del successo monstre di Quo Vado? E’ un film per tutti, è un’occasione per andare al cinema con lo zio, la nonna; e’ un buon motivo per ridere tutti insieme, per unire le famiglie disaggregate. Soddisfa la voglia di leggerezza in un paese intristito dalla crisi. Cose così.
Ma una causa-effetto importante sfugge. O forse non sta bene rilevarla, perché appesantisce la lirica del personaggio-evento, ed è la potenza mediatica di cui dispone. E’ piuttosto difficile diventare un campione pop se i media non si impegnano. Il papa dice cose sulla giustizia, la povertà, la fratellanza, la modestia, dall’alto di una delle più grandi multinazionali del pianeta, con un fatturato di miliardi e interessi nella finanza, l’edilizia, l’istruzione, la sanità, la politica. E il film di Zalone è prodotto da Mediaset (Medusa e Taodue), che ha la proprietà della maggioranza delle sale cinematografiche. E’ stato distribuito in 1.500 copie, quasi il doppio di Guerre Stellari. Si hanno notizie di piccole città, soprattutto del Sud, dove l’unico film proiettato era Quo Vado? E di persone che in certi cinema non sono riuscite a raggiungere la cassa per la fila chilometrica di Zalone. L’eroismo pop non è immune dall’imposizione del suo modello. Non è così puro. Non è così poetico.
E il film?
Come premesso, non si presta a un’ennesima analisi impegnata, ma neppure a una stroncatura. Per citare il menu di certe macchinette per il caffè, che offrono una “bevanda a base di caffè”, è uno “spettacolo a base di comicità”. Fa ridere, alcune gag sono molto divertenti. Usa con abilità i luoghi comuni italici, il posto fisso, l’italiano nel mondo, i norvegesi, l’uomo maschio, la donna, con l’immancabile finale etico-buonista. Zalone è bravo, e la sua imitazione di Gramellini (non nel film, ma in televisione, da uno che nell’adulazione del successo pop è un Grande Maestro, Fabio Fazio) per dire, è spassosa.
Che altro?