di Giulia Maria Urcia Larios
Il suo migliore amico e fratello di sangue era morto da più di un anno e Lizard, un cupo pomeriggio d’autunno, rimase a lungo all’angolo della strada di fronte al bar “La rosa d’oro”. La via era illuminata da un sole morente, rosso e pulsante come un cuore malato sospeso sulla cappa di smog che opprimeva la città.
Immobile come una statua, fumava febbrilmente senza togliersi la sigaretta dalla bocca e fissava la porta del locale al di là della strada con un’intensità tale che pareva che la sua vita dipendesse da quella soglia.
Il traffico scorreva lento e caotico, e attorno a lui vociava la folla opprimente.
La porta si aprì e Lizard si fece ancora più attento. Un gruppetto di persone si allontanò ridendo, tra loro spiccava una disordinata zazzera rossa.
Lizard li osservò. Ormai sapeva tutto di loro: nomi, indirizzi, tutto. Aveva passato un anno a cercarli e poi, con pazienza e meticolosità incredibili, li aveva studiati e aveva catalogato tutte le loro azioni.
Il gruppetto si allontanò e scomparve nella folla.
Soddisfatto Lizard gettò la sigaretta e se ne andò.
Angelito quella sera trovò un messaggio in segreteria: Lizard lo pregava di richiamarlo al più presto.
Al primo squillo l’amico gli rispose.
– Pronto? Angel? Ascolta, l’ho trovato! –
– Che cosa…-
– Ho aspettato tanto per dirvelo perché volevo sapere tutto su di lui, volevo essere sicuro al 100% che non mi potesse scappare, non di nuovo…-
– Ma chi? –
– L’assassino di Kostas! Quel lurido bastardo che la polizia non ha mai beccato! –
Angel cominciò a capire l’agitazione dell’amico e tacque per qualche secondo.
Poi disse:
– Dobbiamo avvisare gli altri -.
– Dobbiamo incontrarci al più presto… Domani se è possibile. Chiama tu Cruz e suo fratello, e Seraph. Io avvertirò San, Sombras e Jack di Cuori. Domani sera per le nove dovremo essere tutti al nostro tavolo, al Black Hole Bar. –
– Nove. Black Hole. Diffonderò la notizia. Ci vediamo domani sera. –
– Adios. –
C’erano tutti attorno al tavolo, i volti offuscati dal fumo e confusi nella luce fioca del loro locale preferito. Lizard era al bancone a prendere il suo secondo whisky.
Gli amici parlottavano tra loro, e nell’aria era sospeso un sottile velo di ansia e attesa.
Quando Lizard arrivò verso di loro, tutti si zittirono e aspettarono. Guardò uno per uno i volti che lo circondavano.
– Signori, stasera devo farvi un annuncio molto importante. –
– Dai Liz, non perderti in formalità, dicci cosa succede .-
– Abbi pazienza Cuervo, abbiamo aspettato a lungo, qualche minuto non cambierà niente. –
Si sedette, inspirò profondamente e cominciò a parlare. Ricordò loro la morte di Kostas, la fuga del suo assassino, un delitto mai vendicato. Narrò di come, dopo molta fatica, era riuscito a ritrovarlo. Per quasi un anno aveva studiato ogni sua mossa senza dire nulla a nessuno (“…non perché non mi fidassi, ma volevo essere sicuro, era qualcosa che dovevo fare da solo.”) e aveva raccolto notizie anche sulla famiglia e sugli amici dell’assassino.
– So tutto di lui, ma per ora vi dirò solo che lo chiamano El Rojo, per via dei capelli. Ragazzi, adesso vi farò una proposta, e voi dovrete semplicemente rispondere sì o no. –
Silenzio. Il silenzio della memoria che vuole vendetta.
– Io intendo vendicare Kostas, con o senza il vostro aiuto. Ucciderò quel bastardo dopo avergli anticipato l’inferno: voglio sentirlo urlare di dolore per tutto quello che ha fatto provare a lui, a noi, a me, che ero il migliore amico di Kostas, e suo fratello per patto di sangue. Siete con me? Vendicherete con me la memoria del nostro amico?-
Lo spirito senza pace di Kostas attendeva in un angolo, desideroso di veder scorrere il sangue del suo carnefice, focoso e deciso com’era stato in vita.
Una sedia scricchiolò e guaì contro il pavimento: Angelito si allungò verso un altro tavolo, dove c’era la bottiglia di whisky che aveva portato loro il padrone del locale a inizio serata, per un vecchio accordo che ormai durava da anni. Con calma si versò da bere. Osservò pigramente il liquido ambrato nel suo bicchiere e lo alzò a livello degli occhi. Tutti lo osservavano.
Gli occhi scuri di Lizard erano insondabili, ma pieni di determinazione.
– Kostas era davvero un grande amico per me. Cazzo, voglio scorticarlo quel lurido bastardo — disse dolcemente.
– Io gli caverò gli occhi con un ferro rovente. – San scosse la frangia per scostarla e vederci meglio, e sorrise solidale verso Lizard.
– Gli taglierò il naso e le orecchie! — esclamò con sguardo sereno Seraph.
Sombras si guardò attorno e vide la medesima luce che si sentiva ardere dentro, bruciare violenta e terribile negli occhi dei compagni.
– Credo, Lizard, che siamo tutti con te. –
– Pensate – intervenne Jack di Cuori — che tireremo in ballo anche famiglia e amici? –
– Questa è una cosa da valutare con calma: un assassinio cruento riconosciuto come regolamento di conti è una cosa, la strage di un’intera famiglia è tutt’altro. E’ una notizia che suscita scalpore: uccidere degli innocenti è pericoloso… – disse Lizard.
– E i suoi amici? — chiese Cruz.
– Sono dei duri, come noi, e come noi pericolosi. Credo che sia su di loro che dobbiamo spostare la nostra attenzione. –
– Aspetta, quanti sono i membri della sua famiglia? — domandò Seraph.
– Il padre è morto credo, o se n’è andato. Abita con una sorella piccola e la madre. –
– Be’, perciò se dovessimo sistemarle non ci sarebbero grossi problemi…-
– Sì, ma preferirei evitarlo -.
– E i suoi amici? Dicci di più — chiese ancora Cruz.
– Sono sei, e insieme sono un flagello. Per tutto il tempo in cui li ho studiati, li ho visti commettere crimini insensati, molestare ragazzine, rubare per il piacere di rubare, picchiare per il gusto di veder scorrere il sangue. Sono dei pazzi, e sono irrazionali. Penso che questo però sia a nostro favore: la loro forza è il branco, e noi li prenderemo separati, e soprattutto li prenderemo prima della scomparsa del Rojo. Perché è solo da loro che potremmo aspettarci una vendetta. –
Tutti annuirono concordi.
– Ma… Le famiglie dei suoi amici? La vendetta è una brutta bestia, ed è contagiosa. Cosa faremo se quelli se la prendono con noi? — chiese San.
– Ci avevo pensato, ed ecco l’idea migliore che mi è venuta. Le loro non dovranno sembrare esecuzioni ma morti casuali, dettate dai più vari agenti e casi del destino. Dovremo sbizzarrirci, e soprattutto dovranno intercorrere intervalli di tempo non sospetti tra una morte e l’altra. –
– Liz… Credi davvero che siano necessari tanti delitti? Insomma, l’assassino è uno solo e non vedo perché… –
Cruz fu interrotto da Lizard che, incollerito, aveva battuto un pugno sul tavolo.
– Osi dire che la memoria di un amico non vale qualche bastardo morto?-
– Calma Lizard, calma. — Angelito fissò l’amico finché questi non perse l’aria bellicosa che aveva rivolto a Cruz.
– Permetti che parli così… – cominciò Lizard.
– No – interruppe di nuovo Angel, — non dire nulla. Lascia parlare me. Cruz, tu vuoi morire? –
– Be’, no di certo! –
– E tu credi che quelli ti lasceranno vivere dopo che avrai ucciso un loro amico? –
Cruz scosse la testa.
– Bene, allora abbi un po’ di istinto di sopravvivenza e cerca di realizzare che la faccenda è o noi o loro. –
– Fratello, certo che sei davvero rancoroso! — Jack di Cuori sorrise rivolto a Lizard.
Lizard sbuffò e disse con aria cupa:
– Vorrei vedere te, dopo aver visto uccidere il tuo migliore amico e dopo aver passato tre mesi in ospedale! –
Jack di Cuori non si lasciò intimorire dalla scontrosità dell’altro: aveva un buon carattere e una pazienza invidiabile.
– Ti chiamerò Liz-R! Liz-Rancore. Mi pare un soprannome che ti si addice. –
Angelito a quel punto intervenne sorridente:
– Liz, lo so che sei stato tirato su esattamente come noi altri: la morte prima del disonore, occhio per occhio e dente per dente. –
– E allora perché non capite? — chiese Lizard esasperato.
– Sinceramente – disse Sombras pensoso – non comprendo questo tuo tessere tele come un ragno, la tua vendetta trasversale… L’uccidere tutti quelli là… Insomma, io sono un ex-killer e di vendette ne ho viste tante ma… Non so, forse sono all’antica, ma quando da noi si decideva di vendicarsi di qualcuno, lo si uccideva senza strane morti pseudo casuali tutt’intorno a lui…-
Liz lo guardò male.
– Da NOI invece quando un amico viene barbaramente ucciso, lo si vendica, e lo si vendica facendo più male possibile al suo assassino -.
– Sei perverso, lo sai? — ridacchiò Cuervo, che assomigliava moltissimo nell’aspetto a Cruz ma per nulla nel carattere.
– Dovresti distrarti, uscire… Che so, trovarti una ragazza! Oppure drogati. Ho dell’erba che ti fa filare dritto dritto nel Nirvana… Ma, ti prego, smettila di pensare alla vendetta! — disse Seraph.
Cruz a quel punto parlò:
– La vendetta genera vendetta. Iniziando daremo il via ad un circolo vizioso che potrebbe non chiudersi più. –
– Oh, ma noi ne siamo… Come si dice? Consci! — rispose San sorridendo. – Ma che possiamo fare? Non intendo lasciare Kostas invendicato. E poi, come dice la canzone: “The future’s uncertain / and the end is always near”. Grande Jim Morrison! — esclamò estasiato.
Cuervo, dopo averlo osservato per qualche secondo mentre canticchiava, ridacchiò e si rivolse al fratello.
– Ohi, hermanito, non essere noioso: preferisco rischiare e arrivare a un passo dalla Morte, per sentire che profumo usa e per assaporare la mia vita, piuttosto che vivere sicuro e non provare mai un brivido… Che schifo! Siamo giovani per vivere la vita e rischiare al massimo, e non per essere codardi o troppo prudenti. Pensaci su. –
Dopo quest’ultima affermazione ci fu silenzio. Poi all’improvviso Lizard si alzò. Si riempì il bicchiere e lo levò in alto.
– Brindo alla tua memoria Kostas, e alla nostra vendetta. Presto avrai pace, fratello. E’ una promessa. –
In silenzio, tutti si alzarono e brindarono con lui.
Quella sera stessa Angel telefonò a Cruz.
– Ehi, scusa per l’ora. –
– Oh, niente Angelito, a dir la verità anch’io avevo voglia di scambiare due parole con qualcuno che non sia quella testa calda di mio fratello. Cosa ne pensi dell’idea di Lizard? –
– Ti dirò, io sono perfettamente d’accordo con lui: ero amico di Kostas e ci tengo a trovarlo quel bastardo che l’ha mandato nel Grande Buio. Ma l’hai visto in faccia il vecchio Liz? Io non lo vedevo da un po’, e non mi è sembrato per niente bene…-
– L’ho pensato anch’io, ma Cuervo sostiene che è già da un po’ che trotta in giro con quell’aria da zombie. –
– La vendetta se lo sta mangiando vivo. Ma ora che il suo scopo è diventato anche il nostro, penso che dovremmo prenderci un po’ di tutto il peso che si è portato lui fino adesso… In fondo glielo dobbiamo. –
– Mi pare giusto e sensato. Ma sinceramente questa vendetta mi fa paura. Ricordo che quand’ero piccolo scoppiò una faida tra due famiglie nel nostro quartiere. Dio mio, fu un incubo: ogni giorno arrivava l’ambulanza, e spesso chi ci saliva non ritornava più. Morirono in tanti, quasi tutti i giovani, e donne e bambini. Cuervo era piccolo e non se lo ricorda, ma io sì. La notte sentivo spari, urla, insulti e bestemmie. A volte me li sogno e, per quanto con la vita che facciamo non dovrei più avere paura di cose così stupide, ti confesso che mi vengono i brividi ripensandoci. Allora mi guardo alle spalle più di una volta temendo che ci sia qualcuno nell’ombra che aspetta solo che io giri la testa dall’altra parte per farmi la pelle per qualche dannato motivo che neppure conosco. E’ una cazzata, vero? –
– No, non lo è per niente. Io vivevo nel quartiere italiano da piccolo, e lì le liti erano all’ordine del giorno. Cazzo, succedevano tali casini… Ma forse è per quello che ora facciamo quel che facciamo: siamo diventati come quegli uomini che da piccoli ci facevano paura. Parla con Cuervo e poi da’ un colpo di telefono a Sombras e Jack, io chiamerò Seraph e San. Digli che ora il lavoro va ripartito: se Lizard continua ad andare avanti così crollerà, e ora la vendetta è un problema anche nostro. –
– Inteso, fratello. –
– Allora buonanotte. –
– Ehi Angel, aspetta! –
– Dimmi. –
– Ti dispiace di non parlare agli altri di quello che ti ho detto? Insomma… sono cose personali, che non ho detto neanche a mio fratello… –
– La mia bocca è sigillata. –
– Ok, grazie. Buonanotte. –
– ‘Notte. –
Il giorno dopo si ritrovarono a casa di Cruz e Cuervo. Avevano una madre dal marcato accento spagnolo che amava cucinare e più di tutto amava cucinare per ragazzi di buon appetito, come lo erano gli amici dei suoi figli.
– Y como sta tua madre, caro? — chiese la signora Piedad a Seraph, porgendogli un vassoio di biscotti al cioccolato. — Tien, una merendina prima de pranzo tesoro, mangia che ti vedo dimagrito. –
La signora Piedad vedeva sempre tutti dimagriti, era una sua fissazione: avendo patito la fame nell’infanzia, era convinta che l’unico segno tangibile di buona salute fosse essere bene in carne. Per questo amava cucinare e tentava in tutti i modi di far ingrassare i suoi figli che, in contrasto con la tendenza di famiglia ad aumentare di peso, restavano magri pur divorando come lupi i suoi pranzi colossali.
– Devono aver preso da mio nonno. Era l’unico in famiglia a essere così. Niños avete un aspetto così smunto… Mangiate ancora qualcosa… – Questa era una delle sue frasi più ripetute.
Quel giorno, tuttavia, i suoi figli per una volta non si sentirono dire che erano troppo magri: la sua attenzione fu subito attratta da Lizard.
– Caro Raùl, non hai un bell’aspetto, devi mangiare di più. Sei così pallido, e mi sembri dimagrito. Hai anche gli occhi stanchi… Dormi abbastanza? Dovresti sposarti: gli uomini non vivono bene da soli. Ti serve una ragazza che cucini per te e soprattutto che lo faccia bene. –
Lizard sorrise dolcemente. Disse che aveva solo avuto molto da fare e aveva dormito poco.
La signora Piedad non si accorse della vendetta che sotto la pelle rodeva il ragazzo e gli rubava l’energia e la vita. Per così tanto tempo aveva dovuto trattenersi dall’aggredire il suo più grande nemico, che la rabbia gli ribolliva dentro e minacciava di farlo esplodere alla minima scossa. Quel terremoto interno che lo scuoteva gli aveva rubato il colore dal viso, la serenità dallo sguardo che si era fatto cupo, e sotto gli occhi arrossati aveva profonde ombre scure, causate dalle notti insonni.
– Sei un così bel ragazzo, non puoi buttarti via così. Ti farò qualcosa de especial. –
– Un paio di giorni di buone dormite mi rimetteranno in sesto, non si preoccupi, signora Piedad. –
La signora lo osservò dubbiosa: era evidente che c’era qualcosa di cui il ragazzo non desiderava parlare, e allora si dedicò a tentare di far mettere su un po’ di chili a Jack, pallido e magro di natura.
Dopo aver pranzato si ritirarono in salotto, mentre la loro ospite sparecchiava e lavava i piatti canticchiando.
– Allora, io stanotte ho pensato alle sistemazioni… – cominciò Lizard, ma fu subito interrotto da Sombras.
– Ehm, senti… – esordì lanciando occhiate nervose agli amici in cerca di conferme. Lizard lo guardò piuttosto seccato e sospettoso: temeva che potessero ostacolarlo nei suoi piani. Angelito fece un cenno a Sombras, che prese coraggio e procedette.
– Ecco Liz, noi pensiamo che tu ti stia accollando un po’ troppo questa cosa… Insomma, hai una faccia che fa spavento, non dormi da giorni… Quand’è l’ultima volta che ti sei rilassato? Noi pensiamo che dovresti prenderti una pausa da tutto questo e lasciar fare un po’ anche a noi. –
Lizard non rispose ma sospirò piano. Quindi fissò con astio Sombras e con voce bassa e rabbiosa disse:
– Voi la prendete alla leggera, voi non l’avete visto morire mentre il dolore vi straziava le budella. Sai come l’ha ucciso, eh? Lo sai? –
– Sì, lo so. Lo ha… –
– NO! CAZZO! TU NON SAI UN BEL NIENTE! Mi ha piantato il coltello nella schiena per fermarmi, e poi mi ha tirato una coltellata nella pancia, e quando lui ha tentato di difendermi gli ha sparato! Lo ha accoltellato, e poi ha…ha…-
Lizard digrignò i denti e nascose gli occhi inondati di lacrime con una mano.
Tutti tacquero a quel punto, perché sapevano come era stato ridotto il corpo di Kostas, sfregiato, sadicamente mutilato, e vicino a esso Lizard, sconvolto e in fin di vita, in una pozza di sangue: aveva visto tutto, e solo l’arrivo casuale della polizia aveva impedito al loro carnefice di dargli il colpo di grazia (il destino aveva voluto che finisse i colpi della sua pistola troppo presto). Liz aveva passato più di due mesi in ospedale a causa di un polmone perforato e del buco che aveva nel fegato.
– Non sapete un cazzo, voi… – sussurrò ancora.
Poi, asciugandosi gli occhi, alzò la testa e si guardò attorno.
– Dovessi farlo da solo, ucciderò quel bastardo e quelli che gli stanno attorno… Dovessi morire nel farlo, non mi fermerò davanti a niente. –
– Non hai capito, come al solito. La prendi sempre troppo sul personale, come se tutti ce l’avessero con te e ti volessero ostacolare – disse con calma Angelito. Lizard aprì la bocca per replicare, ma quello riprese subito:
– Non abbiamo detto che non ti aiuteremo. Volevamo solo dire, e su questo siamo tutti d’accordo, che questa vendetta ti sta distruggendo, ti sta letteralmente divorando. Non insistere nel fare tutto da solo, anche noi vogliamo dare il nostro contributo. Capisci? –
– Vi state preoccupando? Oh, che cari! — rispose Lizard con sarcasmo.
– Finiscila di fare la vittima incompresa. Esponi le tue idee invece, e d’ora in poi ci divideremo i ruoli e i compiti, così forse tornerai ad avere un’espressione un po’ più viva, e non quella di un morto che cammina!-
Lizard lo fissò torvo per qualche istante. Infine disse:
– Va bene. Mi aiuterete. Allora, i condannati sono sei, e comincerei da quello che chiamano Eagle, per via dell’aquila tatuata sulla schiena. Eccovi il mio piano – e iniziò a spiegare tutti i dettagli. Estrassero a sorte i nomi di un esecutore per ogni amico del Rojo.
Sarebbe toccato a Cuervo far partire la giostra: lui, con la sua simpatia così contagiosa e il volto innocente, avrebbe offerto da bere a Eagle con una scusa qualsiasi fino a ubriacarlo, e poi lo avrebbe condotto al porto.
12 Ottobre 20…
TRAGEDIA AL PORTO
Stamattina è stato ritrovato da un lavoratore portuale, all’altezza della banchina n° 4, il cadavere di un uomo impigliato in una rete. Il corpo è stato identificato come quello di Francis Milius, 28 anni, residente nella nostra Città. Dall’autopsia è emerso che al momento della caduta la vittima fosse ubriaca, e che questo gli abbia impedito di nuotare fino alla scaletta che distava solo pochi metri dal luogo in cui è stato ritrovato. Un suo amico confessa: “Sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa di simile: a Eagle (lo chiamavamo così) piaceva bere molto, anche da solo, e spesso si riduceva male”. Le autorità molto probabilmente archivieranno il caso come morte accidentale.
Le autorità però non sapevano che quella notte di “tragedia” Cuervo era arrivato a casa bestemmiando contro quelli duri da ubriacare che fanno spendere un sacco di soldi e cazzo, quello che aveva trovato nelle tasche di quello stronzo figlio di puttana, pure antipatico, bastava solo a coprire la metà del fottio che aveva speso per farlo sbronzare. In più era bagnato fino all’osso: appena era caduto in acqua a quello stronzo era passata di colpo la sbornia, e così aveva dovuto buttarsi pure lui, e annegarlo tirandolo sotto. Che bastardo! E non crepava mai per giunta! E che freddo poi, dato che aveva dovuto farsi mezza città a piedi, fradicio per colpa di quell’acqua lurida. Ah, se non gli venivano leptospirosi, colera, tifo o qualche altra amenità sarebbe stato un miracolo!
A dir la verità, alla fine della settimana gli amici si avvicendarono al suo capezzale per tenergli compagnia mentre la febbre saliva per un principio di polmonite.
Ma non gli importava: la sua parte, per il momento, l’aveva fatta: aveva portato a termine con successo il suo compito.
1 – CONTINUA