di Valerio Evangelisti (da Film TV n. 25, 2008)
Alcuni anni fa, l’attore, drammaturgo e regista Robert Hossein decise di celebrare a Parigi, in una cerimonia sontuosa, l’anniversario del film di Bernard Borderie Angelica marchesa degli angeli, uscito nel 1964. Tuttavia non ritenne di invitare Michèle Mercier, l’interprete di Angelica. Ormai troppo attempata, secondo lui, e molto imbruttita rispetto a com’era stata.
A parte ogni considerazione che rischierebbe di sfociare in insulto, Robert Hossein, vecchiaccio ultraottantenne, forse crede che noi, adolescenti negli anni ’60 (e nel mio caso addirittura bambino: nel 1964 avevo dodici anni), andassimo a vedere Angelica per guardare LUI. Si disilluda: non avevamo occhi che per Michèle Mercier. Stupenda creatura, straordinaria per eleganza e richiamo erotico, per spregiudicatezza e ironia, che contribuì potentemente allo sviluppo della nostra sessualità. Quanto a Hossein, a chi interessava? Simpatico, sì, come alchimista e nobile meridionale, zoppo, gobbo e segnato da cicatrici. Ma il sentimento che prevaleva era l’invidia.
Quando, in Angelica alla corte del re (1965), fu sostituito da Giuliano Gemma, penso che nessuno rimpiangesse il defunto conte de Peyrac, bruciato vivo come stregone. Tornò nel quarto film, L’indomabile Angelica (1967), e nel quinto e ultimo, Angelica e il Gran Sultano (1968). Ritrovarlo, dopo averlo sopportato come fantasma nel terzo film della serie, La meravigliosa Angelica (1966), non entusiasmò particolarmente i fan dell’avventuriera. La nostra Michèle bastava e avanzava.
Ma chi era Angelica? Uscita dalle pagine di una dozzina di libri di Anne e Serge Golon, che si richiamavano, più che al romanzo storico, alla tradizione del feuilleton francese, alla Dumas o alla Zévaco, era una giovane donna affascinante del XVII secolo, spogliata della sua fortuna e costretta a sposare un gentiluomo meridionale non amato (ma di cui, col tempo, si innamorerà). Realistica, spregiudicata, a volte cinica, userà il sesso per soggiogare innumerevoli amanti, dal capo della Corte dei Miracoli al Re Sole. Insomma, una Milady passata al ruolo di protagonista e ben decisa a non essere vittima di un Athos qualsiasi.
Quando il primo film della serie, Angelica, approdò in Italia, non fu vietato ai minori. Ecco perché lo potei vedere. Ricordo scene scabrosissime, per quei tempi, in cui erano persino contestate le apparizioni delle gemelle Kessler a Studio Uno con le gambe avvolte nelle calze lunghe. Angelica che mostra fugacemente il posteriore mentre si accinge a fare il bagno. Il conte de Peyrac che le bacia il seno, velato ma non tanto.
Per un dodicenne educato al più stretto puritanesimo, quello fu un primo incitamento alla libertà sessuale. Protestarono, per l’assenza di divieti ai minori, associazioni di genitori e leghe di insegnanti cattolici. In effetti, Angelica alla corte del re fu proibito a chi non avesse quattordici anni, sebbene non fosse più osé del primo episodio.
Nella mia scuola media — inferiore — si discuteva d’altro. C’erano i fan di Elke Sommer e quelli di Michèle Mercier. Capofila dei secondi, non avrei mai rinunciato a difendere la posizione. Bastava vedere come la mia Michèle si adagiava sui divani di Versailles. Una gatta, dai gesti morbidi. La Sommer non sarebbe mai stata capace di nulla di simile.
E Robert Hossein, chiederà qualcuno? Rispondo: chi era costui?