di Marcello Rava
Il 29 novembre si terranno le elezioni presidenziali in Burkina Faso. È un momento molto particolare per il paese, da più di trent’anni infatti non si svolgono elezioni libere e la pluralità di partiti presente oggi rappresenta un fatto inedito nella storia del Paese. L’aria e la terra rossa sottile che si respira qua, è carica di voglia di cambiamento, di libertà e di indipendenza da potenze straniere.
Nell’ottobre 2014 il Burkina Faso ha vissuto un’insurrezione popolare che ha portato alle dimissioni di Blaise Compaore, che con il suo partito, il CDP-Congrès pour la Démocratie et le Progrès, ha governato il paese per 27 anni. La scintilla che ha incendiato la rivolta è stato il tentativo del presidente di modificare l’articolo 37 della costituzione, che limita il numero di mandati presidenziali, al fine di poter ricoprire nuovamente la massima carica dello Stato. La popolazione è così scesa in piazza per difendere il diritto ad elezioni democratiche libere e all’alternanza politica. Tra gli attori protagonisti della rivolta, va segnalato il ruolo decisivo di Le Balai Citoyen, un movimento nato da un gruppo di musicisti con l’obiettivo di aumentare il livello di attenzione sociale dei cittadini e promuovere occasioni di confronto politico e culturale.
Dopo la rivolta e le dimissioni di Blaise Compaore si è installato un governo di transizione, che a metà settembre di quest’anno ha subito un colpo di stato per mano dell’RSP-Reggimento Sicurezza Presidenziale, un corpo di circa mille uomini ben armati e fedeli all’ex-presidente. Grazie alle manifestazioni, alle rivolte popolari e al mancato appoggio da parte dell’esercito, il potere della Guardia Presidenziale è durato solo una decina di giorni, generando però un forte clima di tensione. L’RSP è stato smembrato, i suoi ufficiali imprigionati e i soldati della milizia inglobati nell’esercito. Al suo posto un altro governo di transizione ha preso in mano il paese.
Il popolo burkinabè in questi due anni ha dimostrato di essere pronto a scendere in strada per manifestare il dissenso nei confronti di sistemi di potere autoritari e liberticidi, ma allo stesso tempo fatica a dare fiducia a partiti radicalmente opposti, per ideali e struttura, alla classe politica dirigente che ha governato il paese negli ultimi anni.
L’MPP-Mouvemént du Peuple pour le Progrès e l’UPS-Union pur le Progrès et le Changement, i due partiti che a qualche giorno dalle elezioni hanno il favore dei pronostici, sono infatti espressione di una cultura politica che non si allontana di molto dal partito di Blaise Compaore. Rispetto al CDP, l’MPP e l’UPS, mostrano un volto abbellito da un velo di cambiamento e innovazione che tuttavia rimane in superficie, impresso sui cartelloni elettorali e nelle parole retoriche che rimbombano dalle casse degli impianti stereo dei comizi elettorali. La risicata opposizione degli ultimi vent’anni a Blaise, mai scesa a patti col Presidente, non è stata invece in grado di fornire delle proposte sufficientemente credibili e innovative da conquistare la fiducia degli elettori e di fatto rimane fuori dai giochi elettorali.
Roch Kabore è il candidato per l’MPP alla presidenza della repubblica, appartiene alla etnia dei mossì, la più numerosa del Burkina, per questo viene considerato favorito. Il guardiano dell’ufficio in cui lavoro, incalzato dalle mie domande, una mattina si scopre e dice la sua sui due favoriti alla presidenza: «L’etnia non è un fattore importante nella scelta del candidato, ma io che sono dagarà non voto sicuro Roch che è mossì». L’MPP nasce nove mesi prima della caduta di Blaise, raccogliendo tra le sue fila gli oppositori alla modifica dell’articolo 37. La quasi totalità dei candidati però sono ex dirigenti del CDP e Kabore stesso è stato uno stretto collaboratore di Blaise: Primo Ministro del suo governo e poi Consigliere speciale alla Presidenza.
Zéphirin Diabré dopo aver studiato in Francia è diventato professore all’università di Ouagadougou, successivamente ha ricoperto ruoli in aziende private e solo nel 2010 è diventato il leader dell’UPS, partito che ha basato la sua azione politica sulla promozione dell’alternanza di governo. Alcuni punti del suo programma però, come ad esempio la volontà di introdurre il nucleare come fonte di approvvigionamento energetico del paese, sembrano non convincere l’elettorato, un elemento in più che lo colloca un gradino sotto i sondaggi rispetto a Kabore.
Al fine di rendere la partita più equilibrata, il governo di transizione ha deciso di dare un fondo di base ad ogni partito da utilizzare per la campagna elettorale. Nonostante questa iniziativa la differenza di portafoglio è alla luce del sole, i due partiti che hanno accesso a maggiori finanze, ovvero l’MPP e l’UPS (quest’ultimo riceve finanziamenti anche dalle sue sedi in paese limitrofi come la Costa d’Avorio), sono quelli che riescono a coprire in maniera capillare il Paese, in particolare le zone rurali più remote.
Più del 70% della popolazione burkinabè infatti vive in zone rurali: lontano dalle strade asfaltate, dall’acqua e dall’elettricità. La campagna elettorale a Danò, un villaggio di circa mille abitanti nel sud-ovest del paese, contro ogni mia aspettativa è molto dinamica e rumorosa. Ogni sera ci sono dei piccoli comizi nei Cabarè, i punti di ritrovo consueti dove ci si incontra e si beve Dolò, birra di miglio artigianale. In queste occasioni i partiti forniscono due grandi casse per la musica e regalano il Dolò, la gente balla scatenata, ride e chiacchiera ad alta voce contenta di avere accesso a un divertimento gratuito. Quando rientro verso casa sento un gruppetto di donne che cantano la canzone del partito rimasta loro impressa dalla serata. Mi vengono in mente i Romani e il loro metodo, panem et circenses, solo che qui al posto del pane c’è la birra. L’ età media della popolazione del Burkina Faso è di 17 anni, la grinta e la voglia di cambiamento si respira nell’aria e nelle strade ma il rischio che da queste elezioni non esca un governo che rappresenti un cambiamento radicale, è reale. Ormai coscienti del potere che possiedono quando scendono in strada, è probabile che i burkinabé non accetteranno questa situazione e faranno sentire, ancora una volta, la propria voce.
Dano, Burkina Faso
28 Novembre 2015
[Le foto presenti nell’articolo sono state scattate dall’autore]