di Rinaldo Capra
La comunicazione di tutti i media – TV, social, stampa, Radio, ecc.- dopo il 14 Novembre è straordinariamente uniforme, monolitica: è un atto di guerra. Lo scontro è di civiltà, e la compassione caritatevole, la solidarietà umana è a senso unico, nessun dubbio e nessuna incertezza. Per i militanti della guerra all’Islam l’identità è tutto, e non esitano ad arruolare tutta la comunicazione di massa per sfruttare e all’occorrenza falsificare ogni singola fotografia, ogni singolo video, ogni singola testimonianza. Per la “nostra” comunicazione occidentale l’identità nazionale, cristiana, “democratica” lo è altrettanto. Prima di tutto scontro di immagine identitaria dunque.
Non c’è giornalista o testata che non celebri l’orrendo rituale della reiterazione dell’orrore e della paura senza soluzione di continuità e indifferente al senso del limite. Video bui, mossi e con spari scorrono inarrestabili in tutte le Tv e nei siti dei quotidiani, fotografie di dettagli raccapriccianti, racconti e testimonianze raccolte mentre il testimone ferito sta entrando in sala operatoria ci vogliono inchiodare alle nostre responsabilità civili: siamo in guerra e tutti, ma proprio tutti la dobbiamo combattere senza riserve e senza pietà e, citando Hollande: Trionferemo.
Si perché sarà comunque un trionfo, comunque vada a finire per le nazioni i occidentali sarà un trionfo di immagine e di convenienza, ma soprattutto di pacificazione sociale.
Tutti gli interessi capitalistici sono stati tutelati.
La macchina di distruzione della coscienza e di amplificazione della paura è a tutto vapore. Ormai non c’è più nessun distinguo, non importa se è Isis, Al Qaeda, Hamas o altro, comunque è sempre Islam e tanto basta. E la guerra che scatena è barbarica: mutilazioni, uccisioni a sangue freddo e stragi di inermi, addirittura praticate a volte da cittadini europei, anche se di pelle scura e mussulmani, che ascoltavano Hi-pop e avevano l’iPad. Ma ogni guerra è per definizione barbarica. E in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, ecc. ne sanno qualcosa, è il loro pane quotidiano la barbarie della “guerra di civiltà”.
La nostra politica, le nostre autorità ora cercano di convincerci scatenare una guerra, in nome di una generica avversione alla guerra, per la difesa di questa democrazia e di questo sistema sociale ed economico. Vogliono che siamo noi a invocarla e ci stanno riuscendo. Facciamo la guerra perché non vogliamo la guerra. Del resto siamo tutti pacifisti, ma se vogliamo continuare a esserlo non possiamo farla fare tutta solo a Salvini e alla Meloni questa guerra.
L’urlo della comunicazione di massa, che si alza imperioso e prepotente da parte del potere costituito, dei giornalisti e dei portavoce dei partiti di sinistra e di destra è uno solo: verrà l’Islam e avrà i tuoi occhi. Tutti siamo in pericolo, perché noi, quelli civili e buoni, quelli che esportano democrazia e ricchezza, siamo il bersaglio predestinato. E non c’è angolo al mondo dove l’Islam non ci possa colpire: al cinema, al bar, nell’hotel, a teatro, dappertutto e con più efficacia e ferocia di tutti i missili terra-aria e terra-terra e tutte le diavolerie elettronico-guerriere che la nostra tecnologia ha saputo costruire. L’elenco delle procedure da attuare è sciorinato come una lista della spesa, fatta di intelligence, corpi speciali e piani di guerra. Nessuno vuole rimanere indietro in questa corsa a occupare i posti buoni, perché il bottino sarà ottimo e non è il caso di andare tanto per il sottile.
Verrà l’Islam e avrà i tuoi occhi.
Leggere così i fatti, manipolandoli attraverso i media, vuol dire rinunciare a fare i conti con la storia della rapacità imperialista degli stati occidentali. Significa liquidare la politica.
Nessuna voce critica si è levata dai partiti, se non in campi marginali. Nessuna voce critica dall’informazione, se non in piccole realtà editoriali. Nessuno ha letto la situazione in senso critico, ma solo in senso spettacolare, granguignolesco e parziale. Certo è difficile con tanti morti sui selciati essere critici ed è più facile lanciare strali in nome di patriottismo, militarismo, e invocare la superiorità culturale ed economica occidentale, che deve governare il mondo. Al massimo un accenno all’instabilità sociale delle banlieu, al disagio dell’integrazione che genera mostri, tutto qui. Ma l’accesso all’informazione obiettiva è sempre negato.
Noi occidentali siamo tutti uguali, non c’è più differenza sociale, culturale, politica e di classe, c’è solo l’appartenenza ai valori occidentali. Liberté, égalité, fraternité, questo sarà il nostro grido. Ma chi più del capitalismo e colonialismo occidentale ha affossato questi principi? Macché ricchi e poveri, barboni e padroni: tutti uguali siamo, indistinti, indifferenti, e l’unica salvezza è rimanere uniti, superare le divisioni ideologiche e fare fronte comune.
In un sol colpo cancelliamo la lotta di classe, l’emancipazione del proletariato, anche di quello cognitivo attuale. Cancelliamo la possibilità di avere ancora un confronto dialettico con la classe politica, cancelliamo la possibilità lottare per una società più giusta. Ci hanno disarmato completamente, chiunque si metterà di traverso e protesterà sarà un disertore. Sarà pace sociale. Sarà disastro sociale. Leggi di Polizia sempre più dure ci vesseranno e impediranno qualsiasi manifestazione antagonista e le pene, già oggi assurdamente dure lo saranno ancora di più, e con il plauso di tutta la società civile: preti, rabbini e intellettuali di sinistra in testa.
Verrà l’Islam per avere i nostri occhi, ma non li troverà. Non li troverà perché se li erano già presi i padroni, le multinazionali, i fascisti, i politici corrotti o insipienti con la complicità della comunicazione di massa. Hanno usato i nostri occhi per creare ad arte una vera nuova Psicopatologia di Massa: la difesa dei “nostri” valori civili. Del resto anche il fascismo si creò così, anche quello era una Psicopatologia di Massa della quale tutti rimasero vittima e che per un po’ ci affascinò e ci rese tutti fascisti: ricchi e poveri, intellettuali e artisti, proletari e borghesi con le conseguenze note. E ai nostri occhi colmi di dolore e falsità, vittime della persuasione occulta e avida, non rimarrà che l’amarezza di non aver praticato il disincanto nei confronti di un sistema che ci imbroglia, ci violenta e ci perverte nel senso etimologico del termine: ci fa perdere la strada della consapevolezza politica, sociale e di classe.
La sinistra che latita, sempre più vacua, è incapace di leggere ed elaborare l’evoluzione del capitalismo globale e digitale. Ogni giorno è sempre un passo indietro rispetto alla storia e la distanza si moltiplica e diventa incolmabile. Totalmente appiattita e timorosa di questo piano identitario collettivo generato dalla comunicazione di massa, non osa neppure alzare il capino e si accoda. Ha rinunciato alla lotta e celebra vuoti riti autoreferenziali.
Oggi il ruolo centrale dei mezzi d’informazione, è così invadente, ostinato e strumentale che con l’ostensione del dolore degli altri condiziona la pancia del popolo e l’atteggiamento politico generale, anche quello della sinistra. Da una parte crea indifferenza o odio e desiderio di vendetta, e dall’altra sdogana pulsioni di potere abbiette, riscrive la scala dei valori condivisi e nega la pietas agli altri. La continua esibizione di atrocità ha creato un clima favorevole alle forze armate come da decenni non accadeva. A noi rimane l’annichilimento politico, la narcosi sociale e l’incapacità di far politica ogni giorno più. Panorama sconfortante.
Se verrà l’Islam avrà gli occhi dell’Occidente, che già ci ha riconsegnato ai padroni, ai capitalisti, ai nazionalismi e agli imperi.