di Saverio Fattori
Tutti i capitoli di “Cattedrale”
Con il neo assunto, un vecchio rognoso come me rivendica la propria capacità nell’eseguire azioni ormai assimilate dall’organismo, movimenti velocissimi da quadrumane impazzito. Devo alimentare scivoli convergenti su posatori dove le operaie assemblano il manufatto della malora. Con un carrettino seguo un percorso obbligato, nulla è lasciato all’iniziativa del singolo, le regole sono chiare.
Prelevo il materiale a multipli di quattro da contenitori di ferro. Ogni particolare ha il suo posto sul carretto, profili tracciati a pennarello nero che vanno sbiadendo. Nutro la linea produttiva sempre più ingorda. Nel ventre della catena di montaggio possono lavorare da tre, fino a sei operaie. A sei, il mostro impazzisce, ingoia materiale e defeca scatole vuote da eliminare o da riempire di leve, sportelli, viti e guarniture adesive. Il mio occhio schizza appena una postazione rimane scarica, i miei nervi sono allenati. Dovrei vantarmi di questa velocità di esecuzione, farmi forza di questa efficienza ottusa, e quasi lo faccio, cedo alla demenza e tratto con moderata crudeltà la donna che mi hanno affidato in addestramento. Dopotutto le sto insegnando il mio lavoro, ci stiamo litigando le bucce di patate. Sono fiero delle mie gambe buone, la mia schiena perfetta consente movimenti asimmetrici in un’unità di tempo spietata. Ho un sistema immunitario che non mi fa cedere all’INPS. Sono duro&puro, uno che non si rammollisce negli onanismi delle materie umanistiche, uno che si guadagna i soldi per il mutuo all’inferno. Ho le palle. Non mi consumo di tisi e nell’amore non corrisposto di una cugina passando pomeriggi nella biblioteca di famiglia. Sono di bassa statura, ma ho muscoli forti e vasodilatazione che nei mesi estivi mi intarsia gli avambracci. Faccio battute volgari, faccio il pazzo, cerco di mimetizzarmi, non sempre ci riesco, devo tenere alta la guardia. Posso permettermi il lusso di non salutare tecnici con i quali tenevo contatti quando militavo al Controllo Qualità. Non stimo nessuno, le cattedrali sono abitate da forme di vita che detesto. La forza intellettuale di queste creature è interamente assorbita dall’impegno professionale, dal telecomando e dal carrello Ipercoop. Eppure sono più scaltri di me, in Cattedrale si sono mossi meglio, hanno avuto stimoli e gratificazioni, hanno agito su quadri di comando che per me erano solo tasti e lucine di un giocattolo. Loro sono i nemici. Loro sono i paraculi. Li conosco. So tutto. E quello che non so nei particolari, lo ipotizzo a fronte dell’evidenza dei fatti. La Cattedrale è una strana creatura, molti galleggiano grazie a infiltrazioni di potere del paese. Una multinazionale paesana è quanto di peggio possa immaginare sia un maniaco del mercato, che un comunista pervaso di furore etico.
Sono un operaio redento, sto tra la feccia, nel quartiere peggiore. Le impiegate vi si avventurano, stazionano a loro rischio alla macchinetta del caffè. Parlano solo tra di loro, hanno il passo veloce e il culo dritto, si sono costruite un’identità. Rivendicano l’appartenenza a una casta. Inutile dire che conducono esistenze tetre, identiche a quelle delle operaie. Io sono un mostriciattolo e non avrei alcune speranza sentimental-sessuale, nemmeno se lavorassi in ufficio. La mia emotività pseudo culturale nutrita di libri, musica, politica e cinema non le fregherebbe. Posso permettermi battute sul loro buco del culo, coltivare fantasie rabbiose con altri infelici.
Nelle moderne cattedrali la figura dell’operaio specializzato è in via di estinzione. Il bravo capo officina che se rimane in mutua tutto si blocca per le bestemmie del titolare, è morto. Senza avere fatto un giorno di malattia. Poteva sembrare un ufficiale leccaculo dai modi ruvidi, ma aveva cognizioni specifiche, talento per le attività pratiche, innata manualità. Poteva avanzare sicuro, a testa alta, rivendicare una fetta della torta per sé e qualche briciola per la truppa. Le attività svolte in questi anni sono elementari, semplice assemblaggio, non è richiesta alcuna qualità. Nemmeno a livello di potere intermedio è necessaria alcuna competenza tecnica. I capi reparto si limitano a spalmare la forza lavoro sulle diverse linee, tenendo conto dei numeri richiesti dal cliente. Tutti sono utili, nessuno è necessario.