di Vittorio Catani
[E’ uscito, edito da Delosbooks, il libro di Vittorio Catani Mi sono perso col cosmo tra le mani. Nuove spigolature di fantascienza quotidiana (pagg. 293, euro 13,90; introduzione di Silvio Sosio). Il volume raccoglie una serie di saggi e articoli incentrati su temi e personaggi della fantascienza o su argomenti con la fantascienza confinanti. Il “pezzo” più esteso (oltre settanta pagine) è Musiche da tutti gli universi, che esplora il fecondissimo rapporto tra science fiction e arte dei suoni: le reciproche contaminazioni, i vari generi musicali, i media che coinvolge (rock, metal, canzonetta, cabaret, opera rock, opera lirica, brani sinfonici o strumentali, balletti, musiche folkloristiche; musica elettronica, d’avanguardia, sperimentale, musica dei computer, musiche dallo spazio interplanetario; colonne musicali, teatro, radio, tv, spot pubblicitari e altro). Senza pretesa di essere esaustivo data la vastità dell’argomento, l’autore ne fornisce un’ampia panoramica. Riportiamo alcune pagine con in coda l’Indice del volume.]
(Da: MUSICHE DA TUTTI GLI UNIVERSI)
(…) Con Atomtod (“morte atomica”) di Giacomo Manzoni (1965), opera lirica concepita e scritta con un aspro e provocatorio linguaggio musicale d’avanguardia, siamo nella fantascienza più ortodossa, anche se verosimilmente il pubblico dell’epoca neanche se ne rese conto. L’opera riprendeva un genere di teatro polemico che aveva avuto precursori in Brecht e Majakowskij.
Il tema è il seguente: di fronte al pericolo d’una guerra atomica globale si scatenano l’egoismo e la sopraffazione delle classi dominanti per l’accaparramento delle sfere-rifugio. Ma l’azione individuale produrrà effetti ancora più letali.
Nel 1966 il praghese Zbynĕk Vostrák compone Nascita della Luna, affascinante brano orchestrale dalle sonorità talora lievi, talora cataclismiche.
In tempi più recenti tre lavori teatrali ci portano al fantastico più che alla fantascienza. Del 1991 è la notevole, evocativa opera lirica La figlia di Rappaccini di Daniel Catán, compositore nato in Messico nel 1949 e attualmente residente a Los Angeles. Nel 1997 appare sulle scene Dracula dell’inglese Philip Feeney. Si tratta del primo balletto mai dedicato al personaggio di Bram Stoker. Il lavoro fu commissionato al compositore dal Northern Ballet Theatre di Manchester per celebrare il centenario della data di pubblicazione del notissimo romanzo. Sappiamo che Franco Battiato ha progressivamente costruito un suo linguaggio musicale raffinato, talora dalle sfumature esoteriche. Nel 1992 uscì il suo Gilgamesh, opera lirica ispirata alla vita dell’eroe sumerico. Dell’inglese Gavin Bryars, in collaborazione con B. Morrison, è invece L’esperimento del dottor Ox (da Jules Verne, 1996). Più recente (2006) è il balletto Aladdin del musicista newyorkese Carl Davis, in cui si riprendono e ampliano fantasticamente le avventure del mitico Aladino. Il gradevole linguaggio musicale attinge abbondantemente ai maestri ottocenteschi dell’esotismo russo e alla musica da film. (…)
In precedenza accennavo alla “musica delle sfere”. Questa idea fu forse ispiratrice anche per Karlheinz Stockhausen, alfiere dell’avanguardia negli anni ’50-60. In un concerto della stagione 1977-78 dell’Accademia Filarmonica di Roma il compositore diresse la “prima” italiana di Sirius, un suo lungo lavoro orchestrale, nella sala del Planetario sotto il roteare di stelle e comete.
Intanto, benché non esattamente nel modo postulato dagli antichi, non da ora si è scoperto che dallo spazio si possono davvero “estrarre” sonorità. I sommovimenti interni delle stelle hanno ripercussioni sulla loro superficie, dove avvengono fenomeni simili a terremoti (si parla di “asteromoti”). I segnali, captati, sono stati trasformati in suoni. Sotto questo aspetto l’intero universo è davvero rumore e musica. Le vibrazioni dei moti planetari lungo le loro orbite, le onde che si propagano dal plasma formato da particelle di gas estremamente rarefatti presenti nello spazio, possono essere rese udibili. Un noto complesso di normalissimi strumenti ad arco, il Kronos Quartet, premiato per i suoi trent’anni d’attività nel campo della sperimentazione musicale e che ha in repertorio i più celebri autori classici e contemporanei, col concorso della Nasa ha da tempo avviato un suo programma artistico “spaziale”. Il 26 ottobre 2006 si è avuta la prima mondiale assoluta di Sun Rings, composizione appunto d’origine spaziale, in dieci movimenti (si veda qui, dove si possono anche ascoltare brevi brani). Il Kronos è formato da David Harrington e John Sherba (violini), Hank Dutt (viola), Joan Jeanrenaud (violoncello).
Ma quale può essere la più affascinante delle “musiche spaziali”? Semplice (si fa per dire): quella che accompagnò la nascita dell’universo. La domanda è dunque: il Big Bang ha avuto un suo “rumore”? E’ ancora possibile captarlo, ascoltarlo? John Cramer, dell’Università di Washington, si è arrovellato a lungo sull’interrogativo finché c’è stato un modo per ottenere una risposta (…)
(…) Quanto al rock, esso ha trovato subito una sintonia con la fantascienza e il fantastico, (ampiezza di orizzonti, comune tensione verso il nuovo e verso il futuro, trascendenza…?) almeno dai tempi dei primi Rolling Stones (chi ricorda 2000 Light Years From Home…), giù fino ai King Crimson o ai Pink Floyd, alle Orme (Felona e Sorona, 1973). Nel 1973 esce anche l’album dei Genesis Get’em Out By Friday: descrive una prepotente speculazione edilizia che porta ad abbassare l’altezza media del genere umano allo scopo di risparmiare spazio e poter sloggiare gli inquilini dalle loro case, per collocarli in abitazioni sempre più anguste. Numerosi anche, nei Genesis, i riferimenti ad atmosfere tolkieniane. E segnalo ancora I, Robot degli Alan Parsons Project (1977), opera che voleva ispirarsi ad atmosfere dei racconti robotici asimoviani; lo stesso gruppo aveva in precedenza (1976) inciso il magnifico Tales of Mistery and Imagination su suggestioni da Edgar Allan Poe. E David Bowie, il quale può vantare nella sua produzione parecchi brani e album con contenuti fantascientifici: tra i più famosi Starman, Space Oddity (1969), The Man Who Sold the World (1970), The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (1972), oltre a essere stato adeguato protagonista del film L’uomo che cadde sulla Terra (di Nicholas Roeg, 1976; dall’omonimo romanzo di Walter Tevis, 1964).
Lo scrittore George R.R. Martin dichiarava su Robot n. 34 (Armenia, 1979):
“Moltissimi autori di fantascienza mi hanno influenzato, ma nessuno di loro ha mai scritto libri: mi riferisco infatti ai cantautori… Kris Kristofferson probabilmente più di tutti.”
Non pochi fanta-autori hanno fatto parte di complessi musicali o hanno scritto testi di canzoni. Fra i più noti Michael Moorcock, che ne ha scritto per gli Hawkwind. Come pure John Shirley. In un album degli Space Needle, The Moray Eels Eat The Space Needle (1997), c’è una canzone intitolata Fiori per Algernon. Molti titoli dei Blue Oyster Cult sono brevi storie fantascientifiche. Nel 1980 i Jefferson Starship — rock band premiata con due premi Hugo — uscirono con una canzone basata su La ragazza dagli occhi famelici, racconto di Fritz Leiber. Due gruppi rock, i tedeschi X Marks The Pedewalk e i canadesi Lankhmar, devono il proprio nome a storie di Leiber. La cantante Tori Amos ha dedicato versi delle sue canzoni a Neil Gaiman; stessa cosa hanno fatto i Metallica.
Fra i gruppi in attività più noti, gli Iron Maiden sono forse coloro che maggiormente si sono ispirati alla fantascienza letteraria, come dimostrano alcuni titoli (Dune, Stranger in a Stranger Land, Brave New World); altre citazioni si trovano in Somewhere in Time.
Vorrei ricordare, tra altri mille, un vinile che mi resta particolarmente caro anche perché regalatomi a fine anni Settanta da un fraterno amico, Francesco Lato: Olias of Sunhillow (1976) di Jon Anderson, degli Yes. Musica estremamente suggestiva, capace di evocare scenari fantastici e che mescola elementi del progressive rock con anticipazioni vagamente New Age.
“L’album racconta la storia di un popolo d’un mondo fantastico e della loro fuga dal pianeta natale, che sta per distruggersi. Olias, il protagonista, viene scelto per progettare una sorta di gigantesco veliero-aliante, il Moorglade Mover, che dovrà portare il suo popolo verso una nuova casa. Ranyart è il navigatore della nave, e QoQuaQ è il leader che unisce le quattro tribù di Sunhillow per l’epico esodo.” (Da Wikipedia)
Elaboratissimi i disegni della doppia copertina, in uno stile fantasy-liberty-barocco, a firma di Dave Roe. E’ il caso, en passant, di sottolineare lo sviluppo del disegno fantastico sulle copertine dei vecchi dischi rock in vinile per mano di professionisti che spesso hanno conferito dignità di arte a immagini nate come smagliante richiamo commerciale.
Per tutto quanto ci sarebbe ancora da dire sullo stretto rapporto tra musica rock e una letteratura “di massa” come la fantascienza, mi permetto di rimandare il lettore al mirabile volume di Salvatore Proietti Hippies! Le culture della controcultura (2003, ma c’è una recentissima riedizione, opportuna nel quarantennale del Sessantotto). Il libro peraltro focalizza la sua attenzione su molti altri argomenti del periodo in esame:
“Controculture, movimenti, amore libero, ecologismo, antimilitarismo e opposizione all’intervento americano in Vietnam, grandi raduni giovanili: il sogno di libertà che il mondo intero sperimentò negli anni Sessanta nasceva negli Stati Uniti intorno alle comunità degli hippies (…) in un percorso fatto di immagini, musica rock, letteratura (quella “alta” e quella “di massa” come la fantascienza), cinema, scritti teorici (di politica, religione, comunicazione). Perché se è vero che la gran parte delle comunità alternative andò presto in crisi, è anche innegabile che il loro impatto è stato grandissimo e furono piantati semi che, a distanza, continuano a germogliare in mille direzioni (…) Da tutto questo deriva una parte importante, forse la migliore, del nostro presente.”
E’ un brano tratto dalla IV di copertina e sento di sottoscriverlo interamente (…)
(…) Notevole spessore avevano le canzoni create da Roberto Brivio, già del notissimo gruppo “I Gufi”, quartetto musicale italiano, dialettale milanese e cabarettistico attivo nella seconda metà degli anni Sessanta e che spaziava anche dai canti anarchici a quelli resistenziali. Gli altri componenti erano Nanni Svampa, Gianni Magni e il jazzista Lino Patruno. Un vinile di Brivio (1969) si intitolava 13 canzoni di Fantascienza. Riporto il testo di una delle tredici, Biglietto per Sirio, scritto (eccezionalmente) non da Brivio ma da Paola Pallottino:
“Un biglietto di sola andata / per il pianeta Sirio secondo / me ne vado da questo mondo / e non voglio tornarci mai.
Un biglietto di sola andata / per un viaggio quasi eterno / verrà maggio verrà giugno / poi l’estate poi l’inverno.
Un biglietto di sola andata / dopo voi prendetevi pure / guerre stragi e dittature / fame infarti e ipocrisie.
Un biglietto di sola andata / e se dovessi trovarmi male / vi vedrò col cannocchiale / senza troppa nostalgia.” (…)
INDICE DEL VOLUME
– Cos’ha da dire la fantascienza?, di Silvio Sosio.
– Parte prima. Fantascienza e cyberscenari:
Adesso Dio c’è. Calcolatori e computer nella fantascienza pre-cyberpunk — Fantasmi di pianeti si aggirano nel Sistema solare – Nostro alieno inenarrabile — Noi e l’“altro” nella fantascienza — Realtà virtuale e fantascienza: quali potenzialità narrative? — Nuove mitologie di fine millennio — L’apocalisse del corpo — Le mille città che ci aspettano — Musiche da tutti gli universi.
– Parte seconda. Alla ricerca dello spaziotempo perduto:
Tomorrow Might Be Different. La fantascienza “radicale” di Mack Reynolds — Un Maestro dal passato: R.A. Lafferty [in collaborazione con Francesco Lato] — Quando Urania flirtava con Saint-Germain-des-Prés — L’ineguagliabile Thole — Dieci ore in casa De Grassi — Mi sono perso col Cosmo tra le mani — Io e Lei — Nota biobibliografica.