di Silvio Antonini
[Ottanta anni fa Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti aspettavano di morire in un carcere nordamericano. Carmilla propone un articolo che ricostruisce la mobilitazione a sostegno dei due anarchici nella provincia di Viterbo, in un periodo funestato dalle campagne squadriste. Antonini è segretario e portabandiera dell’ANPI, comitato provinciale di Viterbo] A.P.
Il prossimo 23 agosto saranno esattamente 80 anni dall’esecuzione degli anarchici italoamericani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, arrestati nel maggio 1920 con l’accusa di duplice omicidio, a scopo di rapina, avvenuto nei sobborghi di Boston. Occorrerà aspettare più di mezzo secolo per la riabilitazione di questi due innocenti capri espiatori – poiché immigrati e rivoluzionari – della campagna antiradicale e xenofoba che riguardò gli Stati Uniti degli anni ’20, a ridosso della Grande Depressione.
Nonostante l’insufficienza di prove e le palesi irregolarità del procedimento penale, il 14 luglio ’21 Sacco e Vanzetti venivano condannati alla sedia elettrica. La sentenza genera un moto di proteste su impulso della classe operaia statunitense, artefice d’una mobilitazione che presto coinvolge anche intellettuali, scienziati e artisti. Sono proprio questi a permettere che l’agitazione si estenda oltre i confini nazionali ed anche temporali, vista la consistente quantità di opere sull’argomento a noi giunte, tra monografie, ballate, pellicole e piece teatrali. La protesta ha come illustre prodromo la campagna sostenuta, soprattutto per mezzo stampa, in difesa (ed anche in accusa) dell’ufficiale ebreo-francese Alfred Dreyfus circa un trentennio prima, e, come epigoni, le numerose battaglie dei decenni a venire, tipo quelle degli anni ’90, in parte vittoriose, per Silvia Baraldini e Mumia Abu Jamal. Se vogliamo, la solidarietà rivoluzionaria internazionale così come la conosciamo nasce proprio con Sacco e Vanzetti: gli appelli, le raccolte di adesioni, gli elenchi di nomi celebri prestati alla causa, hanno dato vita ad una sana abitudine attualmente però inflazionata e depotenziata per assuefazione, un po’ come per l’istituto referendario.
L’ondata di agitazioni per i due anarchici giunse anche a Viterbo; lo sappiamo per un manifesto tagliuzzato e finito nella documentazione del processo per l’omicidio del pirotecnico fascista Melito Amorosi, deceduto a seguito di un’aggressione consumatasi per le vie della città nella notte del 28 agosto ’21 (ASVT, Corte d’Assise di Viterbo, b. 216, fasc. 2.294, Vol. I, f. 164). Il manifesto indice un comizio per “strappare al martirio della sedia elettrica, della vendetta del capitalismo borghese americano le nobili e battagliere figure di Sacco e Vanzetti” da tenersi il 30 ottobre del ’21 in piazza del Comune.
Perché è finito fra queste carte pur non riguardando minimamente le circostanze dell’omicidio? Esclusivamente per via dei firmatari, tra i quali figurano gli Arditi del Popolo di Viterbo: gli stessi che nel luglio precedente, scavalcando le inefficienti autorità e forze dell’ordine, avevano organizzato la vittoriosa resistenza popolare che aveva impedito alle camicie nere l’ingresso all’interno della cinta muraria della città, unico caso in Italia assieme a quello di Sarzana.
Il processo Amorosi assume subito le sembianze d’un giro di vite atto a reprimere l’arditismo popolare. È un processo ove c’è soltanto una testimonianza oculare, quella dell’aiutante ed amico del deceduto, trovato dalla polizia il giorno dopo, ubriaco e incosciente, ma che all’improvviso svelerà nomi e cognomi degli aggressori, circostanze e fatti precedenti all’agguato, con un vero e proprio teorema per il quale il tutto sarebbe stato organizzato dagli ardito-popolari viterbesi che deterrebbero addirittura armi nella Camera del Lavoro cittadina (non rinvenute nella repentina perquisizione). Vengono così tratti in arresto gli Arditi del Popolo più esposti, così come dei giovani che a parole, nei bar o per le strade, avevano espresso minacce o fornito pareri contrari verso i fascisti forestieri. Addirittura finisce nell’elenco degli indagati un ambulante di Orvieto, perché nel pomeriggio precedente al fatto era passato con la carrozza sul viale dell’aggressione canticchiando Bandiera Rossa.
A qualche settimana dalla messa fuorilegge degli ardito-popolari per opera del presidente del consiglio, e ministro degli interni ad interim, Ivanoe Bonomi (agosto ’21), gli imputati sono nel medesimo processo indagati sia per omicidio che per appartenenza alla disciolta associazione a delinquere degli Arditi del Popolo. Né per l’uno né per l’altro capo vi saranno condanne: verranno tutti ritenuti estranei all’aggressione (dopo comunque diversi mesi di carcere) mentre non darà luogo a procedere, per inconsistenza, l’ipotesi d’associazione a delinquere. Va tenuto presente che la sezione ardito-popolare di Viterbo si era ufficialmente sciolta il 13 agosto, subito dopo il provvedimento governativo, in una riunione dal sottoprefetto che aveva paternalisticamente invitato il leader Domenico Adolfo Busatti a tal proposito, supplicandolo di non costringerlo a passare alle maniere pesanti. Ma Pubblica Sicurezza e fascisti sono convinti che si sia trattato d’una finta e che, nel segreto, gli ardito-popolari viterbesi continuassero la loro attività. Si parla di riunioni, esercitazioni militari nelle campagne, lettere minatorie e giovani che sfoggiano spavaldamente distintivi dell’associazione sfidando i fascisti nel centro cittadino. E si menzionano infine i firmatari del manifesto in questione, pubblicato in ottobre: la Camera del Lavoro, il Partito Socialista, quello repubblicano, il “Gruppo Anarchico” e gli Arditi del Popolo, palese dimostrazione di continuità dell’operato.
Interrogato, il segretario della Camera del Lavoro Francesco Morabito dice che per la redazione della bozza si erano trovati all’albergo I Tre Re (tuttora esistente come ristorante in via Macel Gattesco) con il mugnaio Silverio Stramaccioni – che aveva avuto l’idea – per gli anarchici e Ciro Sorbini per il PSI, coi quali al momento delle firme dei promotori aveva deciso di aggiungere quella dei repubblicani, sicuri dell’adesione del loro rappresentante Duilio Mainella, difatti poi giunta, e degli Arditi del Popolo, nei quali Stramaccioni aveva militato. Non appena entrati in Sottoprefettura per l’autorizzazione, il regio commissario aveva chiesto agli organizzatori, non è chiaro a quale proposito, di omettere dal manifesto la stringa relativa alla presidenza del comizio ricoperta proprio dall’anarchico Stramaccioni (che in effetti nella copia finita negli incartamenti è cancellata con la matita blu), facendo inoltre presente dell’avvenuto scioglimento degli Arditi del Popolo e dell’inopportunità quindi di aggiungerne l’adesione. A queste richieste Morabito rispondeva che, nonostante sciolti, gli ardito-popolari avrebbero potuto riunirsi per determinate circostanze e che, aggiungeva Stramaccioni, l’associazione sarebbe comunque servita per “opporsi a violenze fasciste”, asserendo che “anche altri compagni [erano] dello stesso parere”.
Nella faccenda vengono tirati in ballo pure gli stampatori del manifesto: la cooperativa tipografica Unione, dove abitualmente si servivano i “sovversivi” e che nel processo Amorosi vedeva alcuni soci imputati o interrogati. Il commissario aveva espressamente chiesto alla tipografia di togliere la firma degli Arditi del Popolo al momento della stampa “Ciò malgrado – lamenta la polizia – il manifesto venne pubblicato senza l’ingiunta soppressione”.
[Di seguito si riproduce il manifesto] A.P.
Lavoratori del braccio e del pensiero!
La magistratura della…. democratica America ha condannato alla pena di morte gli italiani SACCO e VANZETTI. Malgrado la provata loro innocenza, li ha condannati perche’ lavoratori, perche’ organizzatori, perche’ italiani. Ha condannato oggi, come ieri Ettor e Giovannitti . Ma come ieri tutto il proletariato mondiale insorge oggi contro l’iniqua sentenza; e saprà strappare al martirio della sedia elettrica, della vendetta del capitalismo borghese americano le nobili e battagliere figure di Sacco e Vanzetti.
Lavoratori di Viterbo!
Alle mille voci del proletariato italiano si unisca anche la vostra: fiera e inesorabile voce di protesta, di ammonimento, di umana giustizia!
Accorrete compatti al grande comizio
che si terrà domenica 30 corr. alle
ore 10 nella Piazza del Comune
Parlerà
Francesco Morabito
ed altri oratori
Presiederà Silverio Stramaccioni
(del gruppo anarchico)
La Camera Confederale del Lavoro
Il Partito Socialista
Il Partito Repubblicano
Il Gruppo Anarchico
Gli Arditi del Popolo
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Coop. Tip. “Unione,, – Viterbo