di Valerio Evangelisti
[Sabato 14 luglio, nell’ambito del festival Le parole dello schermo, sono stati proiettati nella Cineteca di Bologna i film Sturmtruppen e Sturrmtruppen 2 di Salvatore Samperi, preceduti da un breve dibattito in cui chi scrive, Filippo Scòzzari e Tatti Sanguineti hanno ricordato la figura e l’opera del disegnatore Bonvi. Questa è la scheda che presentava l’evento.] (V.E.)
La vita di Bonvi (Franco Bonvicini) è facilmente riassumibile. Ecco come la espone, per sommi capi, un sito Internet, tra i tanti, a lui dedicato:
“Nato a Parma il 31 marzo 1941, Franco Bonvicini, più noto con lo pseudonimo di Bonvi, lavora per un certo periodo nello staff di uno studio di disegni animati ed esordisce nel mondo dei fumetti con Sturmtruppen, la prima e a lungo la più popolare striscia all’americana realizzata in Italia. Pubblicata dapprima sul quotidiano Paese Sera e poi un po’ dappertutto, sia in Italia che all’estero, questa serie è in seguito stata affiancata da altri personaggi: dal cattivissimo e sfortunatissimo Cattivik all’ironico Nick Carter, dalle Storie dello spazio profondo (su testi del cantautore Francesco Guccini) alle drammatiche Cronache del dopobomba, che presentano una tragica visione di quello che resterà del nostro mondo dopo l’olocausto atomico. Scrive i testi di alcune storie per Zona X (ora pubblicate nella serie I Grandi Comici del Fumetto sempre per la Sergio Bonelli Editori) disegnate da Giorgio Cavazzano, ma non fa in tempo a vederle pubblicate: muore tragicamente a Bologna il 10 dicembre 1995.”
Sono i freddi dati di un’esistenza colma in realtà di passioni, eccessi, affetti e momenti di sincero dolore. Non dimentichiamo che Bonvi muore travolto da un automobilista ubriaco, nel ’95, mentre si stava prodigando per aiutare finanziariamente l’amico Magnus (altro sommo disegnatore), gravemente malato di cancro.
Ma un artista, creatore di saghe leggendarie, ha una sorte che tocca a pochi altri. Può essere fisicamente scomparso, però la sua opera gli sopravvive. Molti lettori attuali di Bonvi, se disattenti alle note biografiche della quarta di copertina, forse nemmeno sanno che il Bonvi fisico non esiste più. Esistono, ben concrete, le Sturmtruppen. Esiste Nick Carter. Esiste Cattivik (continuato da un allievo, Silver). Tutto ciò è ristampato di continuo, e sembra prodotto al momento, tanto è attuale. Morto Bonvi? E’ più vivo adesso di quando era facile incontrarlo nelle osterie bolognesi, loquace e corrosivo nei giudizi che emetteva, (quasi) sempre molto sensati.
Prendiamo le Sturmtruppen, oggetto di questa rassegna. La striscia più antimilitarista mai prodotta, tanto da piacere agli stessi militari. Del resto, Bonvi odiava l’esercito e al tempo stesso lo adorava (soccombeva per esempio al mito della Legione straniera francese). Se non vi fosse stata una qualche vicinanza, la satira non sarebbe stata altrettanto perfida e pertinente. Ecco così un’armata connotata da vari gradi di imbecillità. La quota maggiore spetta ovviamente agli ufficiali (e all’ “alleato” , raffigurato nel “camerata Musolesi”, vigliacco e opportunista). Ma non è che la truppa sia più sveglia. Il fatto è che ciò che vi è di imbecille, in assoluto, è la guerra. L’aura di demenza che la circonda può contagiare tutti, senza distinzione di rango, e pervadere la vita di trincea, fatta di quotidiane miserie e prevaricazioni. Abbiamo sotto gli occhi esempi quotidiani di idiozia combattente, in cui il ricorso alle armi, invece di risolvere problemi, ne crea di nuovi. Le Sturmtruppen, sotto diverse bandiere, hanno operato e operano in Somalia, Kossovo, Iraq, Afghanistan ecc. Non hanno risolto un tubo. Bonvi, post-mortem, ci spiega perché. Gli eserciti sono falangi di poveri cretini guidati da cretini (non poveri) peggiori di loro. Quale problema geopolitico potrebbero mai risolvere?
Le mitiche fanterie germaniche di Bonvi hanno fatto l’oggetto di due film di Salvatore Samperi, Sturmtruppen (1976) e Sturmtruppen 2 (1982), che radunavano il meglio del cabaret italiano (nel secondo film Bonvi appariva in un breve cameo, nei panni di un prigioniero di guerra). E anche di una parodia della parodia, che raccoglieva invece il peggio: Kakkientruppen (1977) di Marino Girolami e Franco Martinelli. Unica scena da ricordare di Kakkientruppen, Sandokan che si arruola con i nazisti per combattere il comune nemico inglese.
Ma cosa c’entra la letteratura? C’entra eccome. A parte il fatto che le strisce di Bonvi hanno una quantità di testo insolita in un fumetto (almeno fino all’arrivo di Lupo Alberto e delle graphic novels), è chiara la parentela con certa narrativa di impronta antimilitarista. Le Sturmtruppen, in un’ipotetica biblioteca sul tema, andrebbero allineate accanto a Il buon soldato Sc’vèik, di Jaroslav Hasek; a Comma 22, di Joseph Heller; alle avventure, purtroppo dimenticate, del caporale Ash, creato da Hans Hellmut Kirst. Se Remarque (in parallelo con un altro dimenticato, Henri Barbusse) combatteva la guerra sottolineandone la tragicità, autori egualmente efficaci ne ponevano in rilievo la stupidità sostanziale. E’ in questo filone che si inseriva Bonvi, con tutto l’impatto che un fumetto di qualità riesce a conseguire.
Ricordare Bonvi e riproporre le Sturmtruppen cinematografiche di Samperi significa dunque spostare il discorso sulle peculiarità del fumetto, ponte tra letteratura e cinema, però con caratteristiche proprie e differenti. Nonché rendere omaggio a un uomo colto, gentile e anticonformista, che morì troppo presto ma marcò, con creazioni geniali, i propri tempi e quelli che sarebbero venuti. Senza di lui un poco più tristi.