di Daniela Bandini
[Nessun lettore di Carmilla si perda questo straordinario romanzo del valenciano Juan Miguel Aguilera, autore di punta, in Europa, del genere storico-fantastico. L’auspicio è che anche i precedenti romanzi di Aguilera siano presto tradotti in italiano.] (V.E.)
Juan Miguel Aguilera, Il sonno della ragione, Barbera editore, Siena 2007, pp. 404, € 16,90.
Ne Il sonno della ragione ci stupisce quanto sia palese la dimostrazione secondo cui è solo con l’intelligenza emotiva e interpersonale che riusciamo a decifrare la realtà e la storia. Dell’uomo e del suo faticoso curriculum biografico, gli aspetti che determinano la personalità, lo spunto verso il quale ci conducono gli eventi e il loro epilogo biografico comunque glorioso. Ogni vita, ogni scelta ci appaiono sottili trame di un tessuto che si definisce pian piano come su un telaio, nel quale il disegno ultimo ispira armonia, per quanto raccapricciante sia il ritratto finale.
Il sonno della ragione è uno straordinario romanzo ambientato nelle prime due decadi del 1500, che mette insieme Erasmo da Rotterdam, Carlo V, Ignazio di Loyola, Niccolò Copernico a noti intrighi di corte che sfociano nel sovrannaturale con la stessa naturalezza di chi riconosce il lato oscuro della luna in epoca moderna.
I due principali protagonisti dei fatti narrati sono Juan Luis Vives, giovane filosofo, umanista ed educatore, trafitto dalle armi dell’Inquisizione quando la sua famiglia venne di fatto massacrata e ripudiata con l’appellativo di “converso” ( temibile dispregiativo che indicava gli ebrei spagnoli convertiti alla religione cattolica, ferocemente perseguitati dall’Inquisizione come “falsi cristiani”, a distanza di generazioni e generazioni). Poi viene Celeste, splendida strega, bella e libera, forte e fragile sotto il peso di un fardello che diviene intollerabile da trascinare quanto leggero e ispirato allorché ne percepisce la ricchezza e l’esorbitante potenzialità demiurgica. La religione alla quale è devota è quella della wicca, una religione che comprende nella sua essenza la mescolanza fondamentale delle creature terrene a quelle dell’invisibile, non sempre cooperanti, ma pur sempre raggiungibili e dialoganti.
Verremo così a conoscenza dell’Annwn, “la dimensione magica dell’Inframondo”, dei sidhe, tumuli delle montagne cave che servono da ingresso nel mondo sotterraneo, dei “Nubero, discendenti degli scatenatori di tempeste presso gli antichi popoli animisti”, della “zuppa del sabato”, ottenuta da elaborate miscele di erbe ed estratti capace di portare nel regno dell’invisibile. Impressionanti creature scaturite da millenni di angosce antropomorfiche, sortilegi e predestinazioni, perché come si afferma nel Canon Episcopi, “i sortilegi e le altre manifestazioni sataniche non sono altro che il prodotto della follia degli uomini”.
Al nostro Juan Luis verrà affidato l’incarico ambitissimo di precettore del nipote del signore di Chièvres, il Favorito del Re, l’uomo più potente della Corte francese, nipote sul quale riversa e riserva progetti ben più ambiziosi. Lui e Celeste si troveranno, ognuno con i propri propositi, a fronteggiare le stesse circostanze, nel comune intento di dipanare l’intrigo della storia a loro contemporanea, alla personale ricerca delle origini. Entrambi affronteranno lunghi ed estenuanti viaggi in mare in balia di creature che avvampano fino a incendiare le navi, come le salamandre, entrambi alle prese col ben più tangibile e ambizioso potere temporale, entrambi disincantati e disposti a mettere a repentaglio le proprie convinzioni pur di acquisirne delle nuove.
Una fondamentale visita di Celeste al pittore Hieronymus Bosch porterà Celeste dal sospetto alla certezza che la magia nera c’entri, e parecchio, nell’elezione di re Carlo al trono di Spagna: in un dipinto commissionato da Filippo d’Edimburgo si celano tutti gli elementi per l’evocazione dei demoni. A lei l’interpretazione quindi: è lei l’anello mancante. Juan Luis possiede a sua volta una caratteristica olfattiva che riproduce in maniera esponenziale i ricordi collegati a un aroma, unita alla certezza che non via sia nulla che non valga la pena approfondire quando in gioco è la percezione oggettiva della realtà, anche a costo di comprenderne l’apparente irrazionalità. E’ sufficiente l’odore di un particolare cibo per farlo ripiombare nell’angoscia o nella protettiva sensazione dell’accudimento familiare. Un solo odore capace di scatenare e rimuovere i traumi più sopiti, quelli che si eliminano perché non paralizzino noi. Una persona di per sé già predisposta, a capire e valicare il confine del raziocinio, e a farne uso come da ponte, da trampolino di lancio verso l’inconscio e il sogno.
Si troverà a camminare in mezzo a villaggi nei quali gli abitanti sono tutti profondamente addormentati, un riposo urgente, caduto nel mezzo delle normali attività lavorative o domestiche: sonni che durano centinaia di anni. …”Ma, ah, l’esperienza giustifica ampiamente il rischio. Mio caro maestro, se solo tu avessi potuto assistere a uno spettacolo tanto straordinario! Se solo avessi adesso l’abilità di riuscire a descriverlo in tutta la sua luminosa grandezza! Immagina un albero di altezza infinita, dai rami infiniti che si incrociano con un’incredibile complessità. La terra era appesa a uno di questi rami e, all’interno, l’albero si suddivideva e si ramificava in una quantità di germogli che nascevano e si spostavano continuamente… Credo ora che alla materia insensibile e inerte, Dio aggiunse delle capacità che partecipano della sua Eccellenza divina, in modo che si possano considerare come irraggiamenti della Sua luce eterna ed infinita… Bruxelles, 10 ottobre 1518”.
Entrambi i protagonisti saranno ricompensati delle loro fatiche. Forse non dei patimenti inflitti dal destino su chi li circonda, ma dalla consapevolezza di essere appunto uno di quei rami che infaticabilmente, ritraendosi e aggredendo, producono il gioco interminabile delle nostre vite. E di quelle che verranno.