“Qui in Scozia, ci battiamo per una repubblica socialista indipendente che possa diventare un simbolo internazionale di equità e giustizia, una Scozia che si opponga e sconfigga i parassiti e i signori della guerra.”
La citazione colpisce subito l’immaginazione. Evvai, Braveheart, stermina i landlords inglesi al suono ritmato dei tamburi e delle cornamuse della Marcia di Guerra dei Clan!
Ma il bello viene nello scoprire che non si tratta dall’ultimo romanzo di Ursula Le Guin né dei volantini di qualche gruppuscolo antidiluviano, bensì del programma elettorale di un agguerrito partito che gli ultimi sondaggi vedono veleggiare verso la meta del 10% dei voti: lo Scottish Socialist Party.
Il 1 maggio infatti il paese del kilt e di Sean Connery (fervente nazionalista, salvo al momento di trasferire la propria residenza fiscale alle Bahamas) è chiamato alle urne per le seconde elezioni del parlamento scozzese, conquistato nel 1997 con un referendum che approvò il piano di parziale devolution di Tony Blair.
Sarà lo spirito della primavera e della festa dei lavoratori; sarà la guerra; sarà il sistema elettorale misto, che consente una certa rappresentanza anche ai partiti medio-piccoli (cosa inaudita per la tradizione inglese)… sta di fatto che la Scozia, da sempre feudo laburista, rischia di riservare brutte sorprese al governo di Londra.
Il New Labour, salvato dall’effetto positivo della rapida vittoria in Iraq, dovrebbe confermarsi il primo partito, ma sarà costretto a fare i conti con un rafforzamento di Liberal-democratici e Nazionalisti (entrambi su posizioni più progressiste in merito a guerra e politiche sociali), e con un vero e proprio tripudio, a sinistra, di Socialisti e Verdi.
Staremo a vedere. Fa comunque una certa impressione vedere con quanta rapidità e con quanto successo si stia sviluppando un partito nato appena 4 anni fa dall’amalgama di gruppi trotzkisti e della sinistra scozzese che, tra colpi ad effetto (come la distribuzione di 1 milione di sterline fac-simili alle famiglie di basso e medio reddito, in base al nuovo sistema di tassazione proposto) e aspetti che all’osservatore esterno paiono un po’ bizzarri (come la fede indipendentista), coniuga la creatività no-global con un classico programma socialdemocratico di rafforzamento dello stato sociale, aumento del salario minimo, 35 ore e redistribuzione della ricchezza.
Anche se non in tutto al passo coi tempi (in primo luogo col fatto che i problemi globali dell’economia, politica e ambiente richiedono risposte globali, mentre i partiti in generale tendono ad avere la vista breve al di là dei confini nazionali), lo SSP contribuisce comunque a rimettere in luce la questione vecchia come il mondo della divisione della società in classi, e la questione vecchia almeno 200 anni dei costi sociali del capitalismo.
Non è un caso che conti fra i suoi iscritti Peter Mullan, collaboratore di Ken Loach e regista dello splendido “Magdalene”, atto di accusa contro la Chiesa e la società irlandese Leone d’Oro al festival di Venezia 2002.
Per seguire i risultati:
– The Scotsman
– BBC