[Dal sito latelanera.com: Stefano Valbonesi intervista Antonella Beccaria, autrice del libro Bambini di Satana. Processo al diavolo: i delitti mai commessi da Marco Dimitri (Stampa Alternativa / Nuovi Equilibri, 2006, € 10). Questo è un estratto della presentazione che ne fa l’editore:
“Il libro, rilasciato con licenza Creative Commons (prefazione di Carlo Lucarelli), racconta dell’inchiesta e del processo che tra il 1996 e il 1997 vede indiziati tre esponenti di un gruppo satanista per stupro, pedofilia e associazione a delinquere. Ne nasce un caso che esplode in tutta Italia, salvo concludersi con l’assoluzione degli imputati. La vicenda dei Bambini di Satana non solo racconta di un errore, ma riprende il difficile argomento della violenza sui minori come strumento per favorire il controllo sociale, narra di come le voci dissidenti siano state tacciate di estremismo e istigazione alla violenza e spiega come l’utilizzo di Internet e del ‘no copyright’ siano diventati una ‘licenza per uccidere’. Un mosaico di avvenimenti che va dalla fine degli anni Ottanta all’inizio dell’attuale decennio in cui i protagonisti sono — oltre agli accusati e agli accusatori — le istituzioni, la Chiesa, la stampa e un pugno di intellettuali svincolati dalla cultura ufficiale.”]
Ciao Antonella. Ti va di dirci qualcosa di te? Chi sei, dove vivi, cosa fai, da dove vieni e dove stai andando?
Ho 33 anni, sono di origini pavesi ma vivo a Bologna dal 1999 e ho un passato di cronista di nera in un quotidiano di provincia. Chiusa questa esperienza, ho progressivamente cambiato settore e sono approdata all’editoria informatica e al software libero scrivendone molto. Adesso uso abitualmente GNU/Linux e questo strano percorso mi ha permesso di conoscere le realtà legate alla libertà di cultura in rete e fuori. Poi si sa che i grandi amori sono quelli che alla fine rimangono e scrivere mi ha permesso di tornare su argomenti più da pagine di nera che da listati di codice sorgente.
Quando hai scoperto la scrittura? E quando, invece, hai capito che la scrittura sarebbe stata qualcosa di più di un semplice svago?
Scrivere, al pari di leggere, è sempre stata una passione e ho iniziato a trasformarla in qualcosa di più durante gli anni dell’università quando lavoravo al giornale e abbozzavo racconti tratti per lo più dalle storie in cui mi imbattevo. Ne tiravo fuori altre storie, di solito piuttosto cupe, che cercassero di rappresentare la realtà che la gente viveva per la strada o nelle proprie case. Una realtà che era tutt’altro che piacevole.
Quali sono i punti di riferimento letterari che influenzano il tuo stile o il tuo approccio alla storia?
Ce ne sarebbero moltissimi. Volendo fare qualche nome, direi che uno di questi è Eraldo Baldini, uno scrittore di Ravenna, che nei suoi romanzi descrive alla perfezione quello che viene chiamato il “gotico rurale”, il nero dietro facciate campestri che solo apparentemente sono placide e innocue. Un altro è Danilo Arona per la perfetta mescolanza di trame che sembrano svincolate le une dalle altre ma che in modo quasi alchemico vengono a toccarsi. Poi aggiungerei Valerio Evangelisti e Wu Ming per la qualità nella costruzione delle storie, Maurizio Matrone per la sensibilità e l’ironia che traspare dalle sue pagine e Luigi Bernardi per la lucidità nell’interpretazione dei fatti. Tra gli stranieri, sicuramente Joe R. Lansdale, Chuck Palahniuk e Clive Barker. Ma anche giornalisti come Andrea Purgatori o Daria Lucca per la tenacia nelle loro inchieste.
Ho letto con enorme piacere il tuo libro Bambini di Satana – Processo al diavolo. I reati mai commessi da Marco Dimitri, pubblicato per l’editore Stampa Alternativa e con prefazione di Carlo Lucarelli. È un lavoro che ripercorre efficacemente la drammatica vicenda giudiziaria riguardante i Bambini di Satana. Quando e perché hai sentito l’esigenza di scrivere questo libro?
Intanto grazie per l’apprezzamento. Per rispondere alle tue domande, una prima idea di ricostruire questa vicenda mi venne negli anni in cui accadde, tra il 1996 e il 1997. Da un lato, le ricostruzioni giornalistiche del tempo erano piuttosto inverosimili e non lasciavano trasparire reali elementi a suffragio di ciò che si andava sostenendo. Questo fatto mi aveva incuriosito. Dall’altro ha contribuito la lettura di Lasciate che i bimbi – Pedofilia: un pretesto per la caccia alle streghe, un libro scritto nel ’97 da Luther Blissett nel quale si toccava anche la vicenda dei Bambini di Satana facendo notare come atteggiamenti giustizialisti avessero giocato non poco in quella vicenda. Ma a quei tempi, l’idea di scriverne a mia volta era una delle tante che mi venivano e che finivano parcheggiate in un cassetto. L’ho ripescata nel 2004 quando i Bambini di Satana sono stati risarcisti per il periodo di ingiusta detenzione. Era stata posta davvero la parola fine e mi è sembrato un buon momento per ricostruire quella storia: erano trascorsi anni, i fatti forse si potevano esaminare con una lucidità differente e soprattutto sugli indagati del tempo – nonostante l’assoluzione – gravava ancora l’onta per le gravissime accuse che erano state rivolte loro, non era stato sufficiente che fossero riconosciuti pienamente innocenti per levare loro il marchio d’infamia che era stato pubblicamente posto.
Come hai organizzato il lavoro in fase di stesura e quali sono stati i momenti nei quali hai incontrato maggiori difficoltà ?
Innanzitutto ho raccolto quanto più materiale giornalistico dell’epoca: per quanto impreciso e grossolano fosse stato a lungo, permetteva comunque di avere un filo della storia e in particolare permetteva di ricostruire il contesto storico in cui si era consumato. Poi ho preso contatti con Marco Dimitri per verificare la sua disponibilità a raccontarmela dal suo punto di vista, la vicenda, e contestualmente mi sono basata sugli atti giudiziari e sul supporto degli avvocati della difesa. In questo modo avevo una specie di sistema di verifiche incrociate e potevo osservare i fatti da un punto di vista piuttosto articolato. I libri Lasciate che i bimbi e il successivo Back pages -Storia di un libro maledetto di e su Luther Blissett mi hanno infine consentito di aver spunti di riflessione interessanti. I momenti di difficoltà invece li ho incontrati in fase di fase di stesura della storia, che è piuttosto complicata: riassumere e rendere chiara una serie di elementi in qualche caso è stato arduo ed era un continuo cancellare, riscrivere e correggere.
Quando i media fecero scoppiare il caso dei Bambini di Satana nel 1996, si ebbe l’impressione che in Italia si fossero spalancate le porte dell’inferno. Il nome di Marco Dimitri girava sulla bocca di molti come la prova più evidente dell’esistenza di Satana, quell’idea di male, che la tradizione cristiana vuole assoluto, personale e preferibilmente con la coda e due corna in testa. Qual è il rapporto fra Dimitri e il modello cristiano di Satana?
Al contrario di ciò che si crede, nessuno. Il tipo di satanismo al quale Dimitri e i Bambini di Satana si richiamano non è cristiano, ma pagano: pongono l’uomo come divinità di se stesso e si rifanno a teorie filosofiche che non riconoscono l’esistenza di Dio e dunque del sistema teologico collegato.
Ripercorriamo al volo le fasi di questa vicenda. Il 24 gennaio 1996 i carabinieri arrestano Marco Dimitri, Gennaro Luongo e Piergiorgio Bonora, i vertici dell’associazione Bambini di Satana, un gruppo satanista di Bologna. Sono accusati di aver narcotizzato e stuprato Elisabetta Dozza, ex fidanzata di Luongo, durante una messa nera. Ma chi era all’epoca Marco Dimitri e come era arrivato a costituire l’associazione?
Marco Dimitri era una ex guardia giurata che era diventata nota tra la fine degli Anni Ottanta e l’inizio degli Anni Novanta dopo aver partecipato a qualche trasmissione televisiva e aver rilasciato interviste a giornali nazionali. A volte giocava un po’ con gli stereotipi dei satanismo made in Hollywood perché avrebbero forse facilitato la veicolazione del nome dei Bambini di Satana. Che è un’associazione legalmente costituita, fondata dallo stesso Dimitri nel 1982 dopo un percorso tra un’adolescenza difficile e ardori giovanili per l’esoterismo. Più avanti li aveva abbandonati per passare a un’impostazione prettamente materialistica. A quei tempi, non aveva pendenze penali né aveva subito condanne: prima del ’96 era stato oggetto di un paio di inchieste, ma erano state entrambe archiviate perché non erano stati ravvisati elementi di reato.
I ragazzi vengono scarcerati il 13 febbraio, ma nel frattempo emerge la storia di un bambino di tre anni, conosciuto con il nome di Federico, che sarebbe stato infilato dentro una bara e violentato durante un rito satanico. Le indagini proseguono e nel frattempo i media innescano l’allarme sociale, utilizzando il satanismo e la pedofilia come argomenti di sicuro sconcerto e indignazione. Come se la passa Dimitri in quel periodo?
Decisamente male. Nel primo periodo di carcerazione, tenta il suicidio e quando il Tribunale delle Libertà ne dispone il rilascio, l’etichetta del mostro gli è già stata apposta con tutto ciò che ne consegue. I primi mesi corrispondono a un crollo emotivo per lui, che comunque continua a professarsi innocente. Con la seconda carcerazione e il progredire dell’impalcatura accusatoria, paradossalmente, inizia a reagire e dimostra per tutta la durata della vicenda un certo temperamento nel difendersi.
Nel giugno dello stesso anno, i tre indagati sono di nuovo tradotti in carcere. L’inchiesta si allarga a macchia d’olio, si srotola una teoria di accusati e ipotesi fantasiose, che i giornali trasformano in mostri e certezze. A sentire i giornali e le notizie in TV, i Bambini di Satana sono un gruppo di criminali e pervertiti sessuali in contatto con il demonio. Che cosa c’è di vero in tutto ciò?
Assolutamente nulla. In quei primi mesi, i giornali – senza distinzioni – hanno usato toni forcaioli basati solo su fantasia. O meglio hanno dato per scontata la colpevolezza di Dimitri e dei suoi coimputati: dunque le dichiarazioni che venivano rilasciate ai giornali da parte dei cosiddetti “esperti” – sociologi, prelati, psichiatri, eccetera – erano orientate in una sola direzione. Occorrerà attendere l’ingresso sulla scena di Luther Blissett perché qualcuno cominci a porsi dei dubbi.
Ci sono diversi aspetti che mi hanno inquietato in questa triste storia, dove il nulla si sostituisce al buon senso. Per esempio, le testimonianze clamorose della teste Elisabetta Dozza. Perché la ragazza si era inventata tutto?
Non si sa. Di questa vicenda si conoscono il chi e il come, il perché è una domanda a cui non è stato possibile dare risposta. L’unica cosa certa è che esiste la sentenza del tribunale nel quale si afferma che la teste non era credibile per diversi motivi: tra questi, le continue ritrattazioni di fronte a “emergenze processuali”, come dicono gli atti, fatti che non collimano con gli accertamenti, dichiarazioni non confermate da altri testi chiamati a deporre.
Riguardo alle presunte violenze su Federico, come si è proceduto nel raccogliere e interpretare la sua testimonianza?
Si è proceduto in modo strano nel senso che il bambino non viene mai sentito direttamente, ci sarà sempre qualcuno che parlerà per lui. Addirittura che disegnerà per lui. Sempre nella sentenza, si dice che è possibile che in lui sia stato ingenerato il meccanismo del “falso ricordo”. Peraltro la sentenza dice anche che forse a qualche evento traumatico potrebbe essere stato davvero sottoposto, ma non ciò di cui erano accusati gli imputati e soprattutto non per mano loro.
Mi ha colpito la sicurezza dei magistrati nel sostenere le dichiarazioni della ragazza, spesso contraddittorie, e del piccolo bimbo. Secondo te c’è stato un motivo particolare dietro questa “efficienza”?
La storia che aveva portato alla prima incriminazione, quella di violenza sessuale ai danni di una sedicenne, aveva sicuramente allertato gli inquirenti che comunque sono obbligati a indagare quando ricevono una notizia di reato. Penso che il pubblico ministero abbia ritenuto di avere sufficiente elementi in mano per perseguire fino in fondo la sua idea arrivando forse allo zelo investigativo. C’è da dire che poi sarà sempre la magistratura ad assolvere gli imputati e che la corte e il suo presidente hanno lavorato con molta attenzione nei mesi del processo.
Ma quello che mi ha lasciato allibito è stata la condotta dei media. In particolare, il Resto del Carlino si distinse con articoli “sconvolgenti”, dove ogni dettaglio dell’inchiesta si trasformava in un orrore degno di un B-movie. Perché questo atteggiamento feroce?
Sensazionalismo, scarsa accuratezza nella gestione delle notizie, sventatezza nell’utilizzo delle fonti. A mio avviso, sono questi tre elementi che hanno contribuito a rendere feroce la campagna stampa in questa storia. E non è stato solo un problema del Resto del Carlino: anche gli altri giornali (quotidiani, periodici, testate televisive, talk show) hanno adottato la stessa “disinvoltura”. Poi, come già dicevo, qualcuno ha iniziato a pensare e si arriverà alla vigilia del processo per esempio a un editoriale di Repubblica, che sarà un mea culpa pubblico per il lavoro svolto in precedenza.
A rinforzare l’allarme sociale arrivarono gli immancabili esperti: studiosi del GRIS (un’associazione privata cattolica di ricerca e informazione socio-religiosa), sacerdoti, esorcisti… quello che uscì dalla TV e dai giornali non poteva essere altro che una condanna, da parte della religione egemonica, di una cultura che esercitava il diritto di tirarsi fuori dalla religione stessa. Marco Dimitri è stato “sacrificato” anche perché avverso alla religione cattolica?
Non so se il termine “sacrificato” sia quello più corretto. Sta di fatto che sicuramente la sua avversione alla religione cattolica un ruolo lo deve pur avere avuto. Per di più, di questa avversione ne faceva dichiarazioni pubbliche sui media. Il che sicuramente lo ha reso un bersaglio più raggiungibile di altri che invece sono degli sconosciuti.
Fortunatamente, durante le indagini e il processo si costituì un fronte a sostegno dell’innocenza di Dimitri e compagni. In questo campo spicca il contributo di Luther Blissett Project, pseudonimo usato da una serie di scrittori e intellettuali, una parte dei quali sono confluiti successivamente nel famoso collettivo Wu Ming. Bisognava ridare un po’ di buon senso alla faccenda, ma pare che qualcuno non abbia gradito…
No, hai ragione, per nulla. Le conseguenze piovute addosso a Luther Blissett sono peraltro arrivate dopo l’assoluzione. Lasciate che i bimbi è stato querelato per diffamazione dal pubblico ministero, che ha citato in giudizio l’editore del libro, Alberto Castelvecchi, e i due provider che avevano messo su Internet la versione elettronica dell’opera, rilasciata con una licenza “no copyright”, definita dall’atto di citazione una “licenza per uccidere” dato che provocherebbe un danno di immagine personale e professionale molto più ampio che non l’opera cartacea. Poi l’editore Castelvecchi ha chiamato in causa in modo molto discutibile Roberto Bui, attualmente Wu Ming 1, che aveva firmato il contratto di edizione per la pubblicazione del libro. Inoltre in quel periodo Wu Ming 1 si è ritrovato a mo’ di minaccia sulla porta di casa una testa di maiale. Infine, Luther Blissett è stato accusato nemmeno troppo velatamente di essere il mandante morale di un’incursione vandalica dei locali di un’associazione che si occupa della tutela dei minori. Cosa che chiaramente non corrispondeva a verità.
La vicenda giudiziaria si chiude il 20 luglio 2004, con il risarcimento stabilito dalla Corte d’Appello di Bologna per il periodo di ingiusta detenzione, durato 400 giorni, di centomila euro per Marco Dimitri. Lui non ha mai commesso ciò che gli è stato imputato. Nelle conclusioni del tuo libro lasci al lettore varie tracce sul perché la storia dei Bambini di Satana abbia preso una piega tanto grottesca e sciagurata. Da cattivo lettore mi permetto di girarti la domanda: perché tutto ciò?
Chi lo sa. Come già dicevo, la storia è stata ricostruita per intero con eccezione del “perché”. Ci si avvicinava all’anno giubilare e i preparativi stavano per entrare nel pieno. Bologna era una città ancora sbigottita dall’aver scoperto che la banda della Uno Bianca era composta quasi per intero da agenti di polizia e il processo per quest’altra gravissima storia era in corso. La vicenda del mostro di Marcinelle era appena esplosa facendo vivere l’allarme pedofilia che poi si replicava anche qui in diverse città , come Modena e Milano, con vicende sgonfiate dai processi o sulle quali è rimasto il dubbio di aver condannato un innocente. Infine, con le prime regolarizzazioni e sanatorie, l’Italia si andava accorgendo che il flusso migratorio era un fenomeno diffuso e l’arrivo di cittadini extracomunitari voleva dire per qualcuno l’arrivo anche di culture, tradizioni, credenze estranee al tessuto sociale locale. Si verificava dunque una sorta di rigetto fatta di sospetti, diffidenze quando non vere e proprie forme di razzismo. Da quest’ultimo punto di vista, si può dire che gli anni successivi non sono stati migliori.
I Bambini di Satana sono ancora in attività. Come se la passano? Hanno avuto altri problemi?
Sì, qualcuno ce lo hanno avuto di recente, ma nulla di paragonabile a dieci anni fa. A maggio, l’omicidio a Roma di una ex iscritta all’associazione aveva fatto prendere in considerazione anche la “pista satanica”. Ma fin dall’inizio è apparso chiaro che era un’ipotesi inconsistente e i sospetti si sono concentrati sull’ex marito della vittima. Qualche settimana dopo, Dimitri è stato fatto oggetto di quelle che sembrano minacce: gli è stata recapitata una busta contenente un proiettile e lui ha sporto denuncia contro ignoti. Peraltro è la seconda volta che è il destinatario di una molestia del genere, la prima volta accadde dopo l’assoluzione. Poi, ogni tanto, qualcuno si ricorda dell’esistenza dei Bambini di Satana, soprattutto in relazione a fatti di cronaca particolarmente efferati come quelli legati alle Bestie di Satana e ne parla come se c’entrassero qualcosa in episodi di così rilevante gravità.
Ciò che accadde a Dimitri potrebbe ancora accadere al giorno d’oggi, o la vicenda dei Bambini di Satana è avvenuta in un preciso contesto sociale che ora non esiste più?
L’errore giudiziario è un evento che purtroppo non ha colpito solo i Bambini di Satana, la loro vicenda e le relative torbide accuse hanno “solo” fatto più clamore. Dunque, indipendentemente dal fatto che l’associazione di Dimitri fosse un bersaglio designato o meno, credo che sia una vicenda che può ripetersi, almeno da un punto di vista giudiziario. Spero invece che da quello mediatico ci sia più attenzione e forse ci sarà. Dico questo perché, con l’omicidio di Roma di cui ho parlato prima e poi con la riapertura dell’inchiesta sulla scomparsa di un ragazzo lombardo che forse aveva avuto a che fare con le Bestie di Satana, ho notato una maggiore responsabilità di chi scriveva. Devo anche aggiungere che questa affermazione non vale per tutti i giornali che si sono occupati di questi fatti. Quasi tutti, però.
Vedo che hai già delle pubblicazioni in attivo con l’editore Stampa Alternativa. Quando lo hai conosciuto e com’è il rapporto con lui?
Sì, Stampa Alternativa ha pubblicato alcuni miei lavori precedenti. La collaborazione è iniziata alcuni anni fa e mi piace lavorare con loro, si è instaurato un buon dialogo e sono aperti alle proposte e alle sfide. Come quella di rilasciare il mio libro – ma anche diversi altri – con una licenza Creative Commons: credono alle possibilità che la rete e la libera diffusione dei contenuti possono offrire.
Com’è avvenuto l’editing del manoscritto?
È stato un passaggio gestito con attenzione: le poche modifiche apportate al manoscritto sono state concordate insieme dopo essere state discusse, non ci sono state imposizioni da parte dell’editore. Questo ha permesso di lavorare anche rapidamente.
Il tuo libro è disponibile in libreria, ma può essere scaricato gratuitamente dal tuo blog (http://antonella.beccaria.org/) così come dai nostri siti LaTelaNera.com ed eBookGratis.net, perché rilasciato con licenza Creative Commons. Vuoi spiegare ai lettori che non la conoscono come funziona questo tipo di licenza e quali sono i vantaggi?
Intanto le licenze Creative Commons sono più di una (l’elenco completo è disponibile all’indirizzo http://www.creativecommons.it/Licenze) e conferiscono gradi di libertà differenti al lettore o a chi fruisce un’altra opera dell’intelletto. Per il mio libro è stata scelta una licenza Creative Commons Attribuzione-NonCommerciale-Condividi allo stesso modo: in pratica, il lettore può riprodurre e distribuire integralmente o parzialmente il testo senza commettere violazione del diritto d’autore a patto che non ne faccia un uso commerciale, non dimentichi di indicare l’autore e l’editore e non cambi la licenza, che deve rimanere invariata. Per il resto, sceglie il lettore che fare: dall’usare le pagine per la gabbia del canarino a realizzare un’opera derivata.
Visitando il tuo blog e la tua pagina personale (http://www.linux.it/~shalom/), scopro che ti occupi anche di editoria tecnica e informatica e ciò che riguarda, in generale, la libertà d’informazione e di cultura. Io ritengo che la storia di Marco Dimitri c’entri parecchio con questo argomento. A tuo parere, a che punto è la libertà di pensiero in Italia?
Sarebbe un discorso lungo che va a toccare argomenti complessi come la lottizzazione dei vertici dell’editoria italiana, il duopolio quasi incontrastato delle frequenze, l’utilizzo di intercettazioni in modo illegale a danno di giornalisti e operatori dell’informazione. Per parlare solo di quella che nel linguaggio dei blog viene definita come “informazione mainstream”, in contrapposizione ai “citizen media”, all’informazione dal basso. E anche qui non c’è di che star troppo allegri: la produzione culturale in Rete è minacciata da anni di leggi nazionali e sovranazionali che irrigidiscono fino all’inverosimile la tutela del diritto d’autore e di quella che viene chiamata “proprietà intellettuale”, un grande artificio giuridico del WTO per permettere alle major dei contenuti di continuare a difendere i propri profitti (dei quali agli autori, ahimè, va ben poco). Con la “scusa” di salvaguardare la sicurezza dei cittadini, combattere il terrorismo e perseguire la pirateria, altro termine per gettare fumo negli occhi e criminalizzare indistintamente fasce di utenti eterogenee, il controllo dei contenuti in rete rischia di diventare troppo facile e il condizionamento quindi un gioco da ragazzi. Se l’ondata di chi usa Internet per condividere conoscenza penso che non possa essere fermata, penso anche che occorra prestare molta attenzione a iniziative legislative restrittive e azioni poliziesche condotte a volte oltre il limite della legalità , come nel caso accaduto a Indymedia un anno fa.
Tu scrivi in ambito sia saggistico sia narrativo. Che tipo di approccio preferisci? La storia come inchiesta e impegno, o la storia come narrazione e rappresentazione?
Preferisco gli approcci che si contaminano: una vicenda realmente accaduta raccontata come un romanzo e una storia di fantasia che possa anche avere la forma di un’inchiesta giornalistica. Ogni vicenda, reale o fantastica, deve andare alla ricerca del registro narrativo che meglio le si addice e non essere confinata dalle regole di genere.
Hai qualche nuovo progetto editoriale in cantiere?
Sì, un paio. Il primo riprende un po’ quanto dicevo sopra e vorrebbe raccontare una storia accaduta realmente con gli strumenti del romanzo. La seconda invece è un lavoro prettamente saggistico sulle libertà digitali. Non aggiungo altro perché sono davvero in una fase embrionale. Infine ho iniziato a pubblicare sul mio blog un racconto lungo a puntate molto liberamente ispirato alla storia di Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio, che è a uno stadio abbastanza avanzato, ma che comunque deve essere ancora completato.
Okay, Antonella. Grazie della disponibilità. A nome de La Tela Nera ti faccio i migliori auguri per il tuo libro e il tuo futuro di scrittrice. E ribadisco ciò che Carlo Lucarelli scrive all’inizio della prefazione: “Questo è un libro che deve essere letto.”
Grazie a voi per quest’intervista.
Immagine realizzata dal Luther Blissett Project bolognese poco dopo l’assoluzione dei Bambini di Satana al processo di primo grado. Clicca per ingrandirla.
Clicca qui per vedere il cartone animato in flash ispirato al caso Bambini di Satana/Lasciate che i bimbi, realizzato da Luther Blissett nel 1998.