di Valerio Evangelisti
Roberto Quaglia, Il mito dell’11 settembre e l’opzione Dottor Stranamore, ed. PonSinMor, Gassino Torinese, 2006, pp. 452, € 26,00..
Roberto Quaglia è un personaggio singolare. Scrittore di fantascienza, amico strettissimo e collaboratore dello scomparso Robert Sheckley, in Italia è quasi sconosciuto, mentre nell’Europa dell’Est è considerato tra i più grandi maestri della SF in assoluto.
A lui si deve quella che, a mio parere, è la più stringente, brillante, documentata controinchiesta sugli attentati dell’11 settembre 2001. Tanto che — normalmente scettico verso le controversie fra “complottisti” e debuggers, sfocianti troppo spesso in opposti dogmatismi — ho accettato di farrne la prefazione (a titolo gratuito: lo preciso per chi volesse vedere in ciò che sto scrivendo un “conflitto di interessi”).
Quaglia è l’opposto di un fanatico delle cospirazioni. Mette mille volte in guardia da un’accettazione acritica di tesi prefabbricate. Eppure in 450 pagine che si leggono d’un fiato, tra arguzie, considerazioni mai banali, squarci di umorismo, finezze letterarie, riesce, con un rigore logico degno di Sherlock Holmes, a mettere seriamente in crisi la versione del governo Usa sullo svolgimento dei fatti dell’11 settembre.
Dubito che il fruitore del libro di Quaglia possa uscire dalla lettura con le proprie convinzioni intatte. A me non è riuscito. E’ vero che l’autore propone ipotesi esplicative, però lo fa con garbo, senza mai distaccarsi dal proprio spirito razionale e fondamentalmente materialistico, e concedendo al lettore ampia autonomia di giudizio. Non intende divulgare convinzioni, ma spargere dubbi. Dubbi molto seri, che nel loro accumulo portano a una sola, obbligata conclusione: la versione degli attentati dell’11 settembre fornita dall’amministrazione Bush non è credibile, se non agli occhi di uno scemo. Punto e basta. Quanto alla diversa verità, è affidata a indizi, non a prove, e dunque sorretta da ipotesi provvisorie.
Quello che a mio parere è il libro più convincente sull’11 settembre esce presso un piccolo editore piemontese, PonSinMor, distribuito solo in alcune librerie del Nord e del Centro. Sul suo sito si troverà l’elenco delle librerie in cui è presente, e le modalità di ordinazione tramite posta.
Raccomando a chi è stato colpito dai servizi televisivi di Report, di Matrix, di Enigma ecc. di procurarsi il testo di Quaglia, nuova dimostrazione di come un’inchiesta rigorosa non sia incompatibile con la letteratura.
Di seguito pubblico un breve estratto dall’introduzione di Roberto Quaglia e la mia prefazione, tanto per rendere chiaro l’angolo visuale di entrambi.
Dall’introduzione di Roberto Quaglia:
Questo non è il solito libro sulle cospirazioni che i cattivoni del mondo architetterebbero alle nostre spalle. Questa è semplicemente una interpretazione alternativa della realtà che viene comunemente raccontata. Esistono i fatti, ed esistono delle narrazioni che collegano i fatti. I fatti sono elementi noti e documentati. Le narrazioni sono opere poetiche che ordinano i dati in modo coerente ed armonico. Nessuna narrazione è vera. Ma alcune narrazioni sono più verosimili e credibili di altre. Questo libro contiene una narrazione dei fatti dell’11 settembre 2001 molto differente da quella che hai udito e letto sinora. Forse, una narrazione più credibile di quella che conosci già. O invece magari una narrazione meno credibile. In tutti i casi la credibilità di una narrazione non vuole automaticamente dire che essa sia vera. Una sola cosa è certa: una narrazione della realtà che radicalmente violi le credenze comuni è un’eresia. L’unica cosa garantita che questo libro quindi contiene è niente più e niente meno che un’eresia. Un’eresia moderna e – come tutte le eresie d’ogni tempo e luogo – piuttosto fastidiosa. Se pensi che questo possa disturbare troppo la serenità del tuo animo, il consiglio è quello di chiudere il libro ed accendere di nuovo la televisione.
Tre Ufo
di Valerio Evangelisti
Quando mi si chiede che cosa penso degli Ufo, rispondo che credo senz’altro agli “oggetti volanti non identificati”, nel senso letterale dell’espressione. Poi, con gli elementi che ho, non sarei in grado di dire se si tratti di veicoli spaziali guidati da alieni o di qualcos’altro. Semplicemente lo ignoro.
La mia risposta suscita normalmente due tipi di reazioni irritate. L’una è di chi è fermamente convinto, più per fede che per ragione, che gli Ufo siano velivoli extraterrestri. Di recente sono stato ossessionato da un tale che sosteneva di essere stato rapito dagli alieni, “assieme a una vacca e a un coniglio”, e pretendeva da me un’accettazione acritica della sua avventura. In passato, fui bersagliato di lettere da parte di un signore che, alla vista di un Ufo sopra i Giardini Margherita di Bologna, era stato assalito da un improvviso “attacco di virilità”. Cosa davvero singolare, visto che il mio corrispondente era quasi novantenne. Non si contentava che io accettassi il fenomeno in sé, certo raro ma non impossibile. Voleva che ne facessi mia anche la spiegazione, legata a un’incursione di creature aliene per fini indeterminati (di cui l’”effetto Viagra” era un corollario).
L’altro tipo di reazione innervosita è quello di chi nega del tutto che esistano fenomeni per il momento inspiegabili, e sostiene che chi vi assiste sia un imbroglione o il succube di un’allucinazione collettiva (senza peraltro spiegare come, alla luce delle attuali conoscenze sui meccanismi cerebrali, un’illusione possa essere “collettiva”). Nel 1966 io, come migliaia di altri bolognesi (e, più tardi, di cittadini di altre parti d’Italia), mi trovai a guardare per diverse ore un oggetto perfettamente triangolare, con una specie di coda, immobile nel cielo. Quando scomparve, fu praticamente da un istante all’altro. Il giorno dopo, il quotidiano locale Il Resto del Carlino, sentita l’Aeronautica, scrisse che si era trattato di un semplice “pallone sonda”. Ora, i palloni sonda hanno per caso forma triangolare? Possono rimanere immoti per molte ore consecutive?
La risposta ad ambedue le domande è evidentemente no. L’oggetto poteva essere tutto salvo che un pallone. Ciò non mi autorizza a dire che si trattasse, invece, di un qualche tipo di astronave proveniente dalle profondità cosmiche. Semplicemente, non lo so. Ma, di fronte a un fenomeno innegabile per la quantità dei testimoni, la mia attenzione si sposterà su un altro quesito: perché mai l’Aeronautica, e con essa la stampa, dovessero darne una spiegazione tanto palesemente fasulla. Di qui a un’interpretazione “cospirazionista” non c’è che un passo.
Tutto ciò mi è tornato alla memoria leggendo questo Il mito dell’11 settembre e l’opzione dottor Stranamore, di Roberto Quaglia. Avevo letto varie confutazione delle tesi ufficiali americane sugli attentati dell’11 settembre 2001. Quella di Maurizio Blondet (11 settembre: colpo di Stato in Usa, ed. Effedieffe, 2002) non mi aveva persuaso per nulla. Proponeva dubbi concreti, però le fonti erano prevalentemente giornalistiche (con tutte le incertezze che ciò comporta) e, soprattutto, era al servizio di una tesi precostituita di sapore non poco antisemita. Nemmeno il celeberrimo L’incredibile menzogna di Thierry Meyssan (ed. Fandango, 2002) era riuscito a convincermi. Troppe delle sue ricostruzioni e delle sue appendici fotografiche erano state ampiamente smentite su Internet.
Invece, dubbi seri è riuscito a istillarmeli questo studio di Roberto Quaglia, che già conoscevo quale autore di fantascienza e pensatore eclettico e originale. La sua, al pari del noto film di Michael Moore Farhenheit 9/11, è una requisitoria che riposa su una sequela di fatti accertati e incontrovertibili. In Moore era anzitutto la scena, tra l’esilarante, il patetico e l’inesplicabile, del presidente Bush che, avvertito dell’attentato alle Torri Gemelle, continua incongruamente a intrattenersi con una scolaresca. In Quaglia c’è questo e molto di più. Anticipo un solo elemento che, tra tanti, raccomando al lettore che voglia avere un assaggio del prodotto che ha in mano. Mi riferisco al capitolo sull’identità dei passeggeri registrati a bordo dei vari Boeing dirottati. Se le cose stanno come dice Quaglia, sfido a trovarne una spiegazione coerente.
E, quanto alle foto, si notino quelle estratte da un presunto video in cui Bin Laden rivendica gli attentati, oppure quella in cui si vede come il Boeing schiantatosi sul Pentagono vi avrebbe aperto un varco di sei metri di diametro appena, senza peraltro, pur volando (o correndo) rasoterra, avere mosso un filo d’erba nel prato antistante.
Siamo dunque in presenza, ancora una volta, dei classici “oggetti volanti non identificati”. Ma Quaglia, pur fornendo svariate chiavi interpretative e facendone proprie alcune, lascia di fatto libero il lettore di individuare quella più funzionale. Il tutto con l’abilità di un ottimo scrittore e di una persona straordinariamente colta: senza la minima traccia di una forzatura, e con un’eleganza che i continui richiami al linguaggio di Internet non fanno che rafforzare, adeguando lo stile al tempo presente.
Insomma, quale che sia stata la vera storia dell’11 settembre, alla fine del libro e delle sue argomentazioni stringenti, si esce con una convinzione: nessuno, quella storia, ce l’ha mai raccontata per intero. Per tentare di ricostruirla, il libro di Quaglia si rivela indispensabile. Anche a rischio di trovarci tra le mani l’ennesimo “oggetto volante non identificato”. Nella fattispecie, addirittura tre.
[PS. Il libro di Quaglia è di due anni fa. Chi volesse integrarne il materiale iconografico e documentario, già abbondante, con altro più recente (ma, avverto, privo di novità sul piano conoscitivo), può fare riferimento al sito che offre i materiali secretati durante il processo a Zacarias Moussaoui, oggi di pubblico dominio.]