di Riccardo Valla
CAPITOLO QUINTO
— Voleva dire “mattacchione”? — chiese Londong, cercando di tenersi alle maniglie. Aveva ‘l’impressione di viaggiare dentro una scatola di latta: il rumore non era granché diverso.
— Volevo dire proprio quello che ho detto! Sai, non potevo lasciare che tutto quel ben di Dio marcisse in prigione!
— Prigione?
— Sì, in America la legge funziona, ma qui possono tenerti in prigione per anni senza mai celebrare il processo.
— Scusi, ma dove le ha prese, queste idee dell’America?
— Dai telefilm che vedevo alla televisione commerciale, quando ero in Italia. Dove possiamo andare? Il tuo albergo è pericoloso, casa mia la staranno già sorvegliando. Forse da una mia amica che è fuori Parigi e lascia le chiavi sotto lo zerbino…
— Signorina, non so che idee si sia fatta, ma Fouché non aveva alcuna intenzione di arrestarmi. Voleva che gli spiegassi i messaggi lasciati da suo zio, con cui avevo un appuntamento di studio. Secondo lui, il suggerimento veniva da uno degli sms che le ha inviato. Io e lei, sommando insieme le nostre conoscenze, potevamo risalire al movente del delitto.
— Benissimo. Risolviamo il mistero e portiamo a Fouché la soluzione, allora. Così non potrà arrestarti. — Senza guardare, prelevò un plico dalla borsetta. — Queste sono le trascrizioni dei messaggi. Le ho guardate mentre ti aspettavo. Ho letto i suoi appunti enigmistici. Il primo è idiota, talmente è semplice, Vezelay. Ma tu capisci qualcosa del secondo?
Londong guardò tra i fogli e lesse:
— “Il primo è il libro greco senza il carbone dell’inferno
Il secondo ha il sangue di Gennaro all’interno
Il terzo è di gennaio il crudele fetente
Nel quarto se la ride del cuscin del sapiente”,
non molto chiaro, vero?
— Non c’era descrizione? — chiese Sophie.
— Sì. “Frase 13, 6.”
— Potrebbe essere qualunque cosa, una sciarada, un indovinello… Lo scopo, però, mi sembra chiaro.
— Come sarebbe a dire? Che scopo ha un enigma? Passare il tempo.
— No, voglio dire che sembra una caccia al tesoro, come nel famoso libro sul Priorato. Da un indizio all’altro per infine arrivare al movente del crimine.
— Senta, suo zio, in punto di morte, manda a lei alcuni sms, e va bene, ma che si metta a inventare filastrocche che rimandano dall’una all’altra… Mi pare un’idiozia. Del resto basta arrivare all’ultima.
— E che dice? — chiese Sophie.
— Un istante… Ecco:
“Sotto l’automa antico
Il fiore della riviera
La sinistra inglese al posto del numero
Fondo fondo.”
Non proprio chiarissimo, vero?
— E negli sms mandati a me, avete scoperto qualcosa, tu e Fouché?
— Suo zio non dava il movente, ma accusava una setta di New York, il Pus Dei.
— Opus Dei?
— No, una setta molto meno nota. I cultori della Santa Pustola.
— E che c’entrano con mio zio? Era un porco, e so ben io cosa gli ho visto fare, ma una pustola…
— Dev’essere per il legame tra il Pus Dei e il Priorato di Sion, ne parla un apocrifo.
— Sì, l’ho letto, quel libro su Leonardo. L’hanno letto tutti.
— No, un vangelo apocrifo, il cosiddetto “Vangelo dell’Ira di Maria”. Questa Maria, che molti identificano con Maria Maddalena, accusa di superstizione un antico gruppo di adoratori di Cristo.
— Maddalena la moglie di Cristo?
— Be’, se diamo retta a quel best-seller. Secondo alcuni, dal gruppo dei superstiziosi nasce il Pus Dei, e dalla Maddalena il Priorato. Comunque, il principale studioso di quel testo è il mio amico Teadrinker. Ci conviene andare da lui a Versailles.
— Niente sosta dalla mia amica? Per approfondire la conoscenza. — Staccò la mano dal cambio e gliela posò per un attimo sulla patta.
— Meglio non perdere tempo, visto che Fouché mi vuole arrestare… — osservò Londong, con un sorriso perfido.
Sophie fece una smorfia e ingranò la marcia.
*
— Magister, notizie del mio documento?
— Vescovo, notizie del mio milione di euro?
— Appena il documento sarà in mano mia, le trasferirò la somma a mezzo bonifico; ho con me il portatile. Però, lei mi assicura che quella pergamena mi otterrà il riconoscimento dell’Ordine?
— Perché questi dubbi? E le vengono proprio adesso, dopo tutto il tempo che ho perso per rintracciarlo?
— Sì, lo so, per secoli quel documento ci ha permesso di far tacere i nostri avversari, ma quella che mi preoccupa è la Santa Sede. Ho pensato a lungo sulla cosa… e il Vaticano non ha mai dato importanza al Priorato di Sion. Perché occuparsene adesso?
— Vedrà che la situazione è cambiata. I miei informatori sul Conclave mi dicono che gliene dà moltissima, adesso. Milioni di persone hanno creduto a quel libro. Quando riavrete il documento che vi è stato sottratto cent’anni fa, il Priorato tornerà a nascondersi come ha sempre fatto, e il Vaticano sarà riconoscente a colui che lo ha costretto a tacere!
CAPITOLO SESTO
— Mio zio era un gran maiale, e mi ha rovinato la gioventù con la sua mania dell’enigmistica. Mi nascondeva le cose e poi mi costringeva a risolvere filastrocche idiote per trovarle. Sei sicuro che volesse indicare proprio quella setta?
— Certo, i “dio-fellisti” della Grande Mela sono l’Ordine del Pus Dei, ho dato la tesi su quella associazione. Teadrinker, che era il mio relatore, in passato era addirittura entrato a far parte dell’Ordine.
— E perché c’è ostilità tra loro e il Priorato di Sion?
— Be’, bisogna riandare al mito fondativo dei due ordini. Il Priorato afferma di essere stato fondato da Maria Maddalena, mentre il Pus Dei risale alle pie donne che medicarono la ferita della Circoncisione. Secondo Teadrinker, la storia del prepuzio di Cristo, passando di bocca in bocca…
— Robert! Bricconaccio impaziente! — gli sorrise Sophie. — Addirittura il prepuzio di bocca in bocca! Io devo guidare e tu mi ecciti con questi racconti?!
— Ehm, meglio lasciare a Teadrinker l’esposizione di particolari, lei pensi alla guida. Si dice comunque che il Pus Dei possedesse un documento molto compromettente e che lo usasse per ricattare il Priorato. Il cosiddetto “coccige Da Vinci”.
— Coccige?
— Sì, Leonardo era scivolato e si era lussato il coccige. Per sedersi senza aggravare la lussazione, si era legato al fondoschiena un enorme cuscino. La sua modella, la Monna Lisa, scoppiava sempre a ridere, quando lo guardava, e di qui nasce il famoso sorriso della Gioconda…
— E il documento riguarda lei?
— Non si sa. Solo il capo del Pus Dei e quello del Priorato ne conoscono il contenuto. Però il documento è andato perso all’inizio del Novecento, mi diceva Teadrinker, e se la storia è vera, forse l’assassino era convinto che lo possedesse suo zio.
— E le filastrocche di quel maiale porterebbero al documento? Prendi un momento i messaggi che ha mandato a me, non parlano di una falsa pista o qualcosa del genere?
Londong recuperò i primi fogli. — Ah, intende questi versi?
“Io li ho fregati, lo posso dire lieto
Ma adesso spetta a te scoprire i fatti.”
Potrebbero voler dire che ha inviato l’assassino a cercare il documento da un luogo all’altro, risolvendo nel loro ordine quelle filastrocche, mentre noi possiamo risolverle dalla copia che aveva conservato nella memoria, senza spostarci. Com’era la prima soluzione?
— Vezelay.
— Ha il numero di Fouché?
Sophie gli porse il suo cell. — Cercalo tra le chiamate ricevute.
Londong premette il tasto “richiama” e inserì l’altoparlante.
— Sophie? — chiese Fouché, dall’altoparlante del cell.— È lei? Andate da Teadrinker?
— No, sono Londong. Lasci perdere dove andiamo. Se vuole arrestare Valjean, provi a farlo cercare a Vezelay.
— Grazie, ma era già venuto in mente anche a me. Potrei farlo, ma è tardi, dormono tutti, e poi, in qualunque caso, preferisco aspettarlo qui nell’ufficio del Conservatore.
— Lì? E perché dovrebbe venire lì? — chiese Londong.
— Be’, la ragione è molto semplice. Non glielo hanno mai detto che l’assassino ritorna sempre sul luogo del delitto?
CAPITOLO SETTIMO
— Uno fa un favore e la polizia lo prende per i fondelli — commentò Londong, seccato, spegnendo il cell. — Quel Fouché fa troppo lo spiritoso.
— Gioca come il gatto col topo. Ti vuole arrestare. Aspetta che tu torni da lui.
Lo studioso fece spallucce. — Prenda la strada per Versailles. Le dirò io dove girare per arrivare da Teadrinker. Inutile cercare di avvertirlo, la sera stacca il telefono.
— Sì, ma non ho capito una cosa — lo interruppe Sophie. — Com’è la storia del prepuzio che passa di bocca in bocca?
— È un’accusa contenuta nel Vangelo dell’Ira. Pare che Gesù, durante la predicazione, fosse sempre seguito da un gruppo di donne che si mettevano dietro le prime file di ascoltatori e disturbavano facendo chiasso. Maria Maddalena le redarguiva e lanciava loro maledizioni. “Guai a voi, svergognate, che non ascoltate la sua parola”. Diceva che gli strappavano i vestiti per tenerseli come ricordo, che gli chiedevano di mettere scritte sulle loro braccia e sul loro petto, che cercavano di toccarlo in modi, ehm, impudichi. Inoltre che “saltavano e gridavano”. Forse era il salterio, una forma di adorazione che avevano visto fare dai romani, e lei si indignava perché non era un rito ebraico.
— Sì, ma perché tanto interesse da parte di quelle donne?
— Mah. Le pie donne che hanno curato il bambino Gesù in fuga verso l’Egitto l’hanno raccontato ad altre. “Mia madre l’ha visto nudo, quando era appena nato, e sembrava un adulto”. “E la rigidità… come il ferro! Un vero ‘bimbo Ercole’.” “Se era così da bambino, chissà adesso!”. Così a quelle donne veniva voglia di controllare; va’ a capire la psicologia femminile.
— Oh, io posso capirle benissimo… — rispose Sophie. Abbassò lo sguardo verso la patta dei suoi calzoni. — …Long Dong!
*
— Magister, credo di averlo trovato!
— Sì, hai trovato il cavaliere spagnolo?
— No, era un foglio incollato sull’orario delle messe, intestato: “Todos caballeros”.
— Allora è il nostro. Cosa dice?
— Glielo leggo.
“Il primo è il libro greco senza il carbone dell’inferno
Il secondo ha il sangue di Gennaro all’interno
Il terzo è di gennaio il crudele fetente
Nel quarto se la ride del cuscin del sapiente”,
ma io non ci capisco un accidente!
— Cinque versi? L’altro era di quattro.
— Ehm, l’ultima frase era un mio commento. Le viene in mente qualcosa?
— Mah, il libro greco potrebbe essere l’Iliade, dove non c’è nessun viaggio all’inferno; nell’Odissea invece si consultano i morti. O è nell’Eneide? Gennaro e gennaio sembrano la stessa cosa, il sangue di gennaio è la neve, potrebbe essere nascosto in un frigorifero. Il cuscino del sapiente è una pianta grassa, Echinocactus Grusonii, che sembra un cuscino.
— Magister, non vorrei contraddirla, ma quello è il “cuscino della suocera”.
— Ehm, pensiamoci su. Se ti ha mandato a Vezelay, probabilmente il terzo luogo è un’altra cattedrale storica. Notre Dame, Vezelay, Meux, Rouen… una di queste.. Se non hai qualche idea tu.
— Fare ricerche alla biblioteca del Louvre, come suggeriva lei? Può darsi che ci sia il testo da cui Sommelier ha preso ispirazione.
— Sì, vedi se riesci a sapere che libri aveva in prestito. Poi mandami un messaggio. Tutt’al più cercheremo la nipote, che, se diamo retta a quel maledetto libro, sarà anche lei a caccia di indizi…
*
— Il signore non può rispondere perché è al telefono.
— Teadrinker, non fare lo scemo. Sono Londong, non hai mai avuto un cameriere e ho riconosciuto la tua voce.
— Se sei Londong allora sai risolvere il mistero della sfinge. Vediamo il primo indovinello. “Chi è che sul Lago Salato camminava con quattro gambe e poi con due?”
— Tu. Quando siamo andati a Salt Lake City a studiare l’Istituto di Semantica Generale, prima ti sei fatto spingere seduto su un tavolino a rotelle poi hai fatto una rampa di scale a piedi.
— Giusto. E cos’è il Pus Gay?
— Un ramo dissidente omosessuale del Pus Dei, è una battuta che mi hai fatto dieci volte.
— Bene, finora due risposte giuste. E adesso attento alla terza. Immagina che io sia un hobbit, che cosa ho nella tasca?
— Un buco, segaiolo d’un Baggins. La vuoi aprire questa maledetta porta?
CAPITOLO OTTAVO
— Lascia almeno che mi infili una giacca. Non ricevo gli amici in maniche di camicia, mi caccerebbero dal mio club.
Un minuto più tardi, la porta si aprì per lasciar vedere la faccia tonda e la giacca da camera di Teadrinker, che sorrideva deliziato.
— Robert, non ti aspettavo fino a domani. A che devo questa visita così, ehm, prematura?
— La signorina è convinta che mi vogliano arrestare per l’uccisione di suo zio, il Conservatore del Louvre; veniamo a chiederti un consulto.
— Mademoiselle Gourmet, suppongo — disse Teadrinker, rivolgendole un inchino. — Suo zio mi parlava spesso di lei. — Rise. — L’ultima volta che l’ho visto aveva un problema, con la statuetta costruita dal suo predecessore. Da quando ne hanno parlato in quel maledetto libro, tutti volevano vederla. Gli ho suggerito di trasformarla in cavaliere spaziale, mettendole uno zaino della Nasa; gliel’ho procurato io in un negozio di modellini… — raccontò, divertito, mentre li accompagnava nello studio.
— Mio zio era un porco — rispose Sophie, guardando con sospetto l’inglese.
— Davvero? Non lo sapevo. Non crederà anche lei a quella storia che circolava, e che alla fine l’ha spinto a cambiare cognome?
— No, no, io l’ho proprio visto con questi occhi! — ribatté lei, seccata.
— Che storia? — fece Londong.
— Una storia inventata dai suoi anici italiani: essendo un gourmet, dicevano, doveva essere esperto di culi-in-aria!
— Questa battuta non mi fa ridere — annunciò Sophie. E guardò con disgusto Teadrinker.
— Sommelier è stato ucciso, e il responsabile sembra essere un certo Valjean, vecchia conoscenza della polizia. Ma Fouché non conosce il movente. È però convinto che la spiegazione sia nei messaggi da lui lasciati nel telefonino…
— Bah, come se uno, in punto di morte, pensasse a comporre messaggi! — ironizzò Teadrinker.
— Sì, la cosa mi è parsa un po’ assurda, ma due messaggi inviati alla nipote sembrano abbastanza chiari.
— E lei, signorina, li ha conservati? — chiese l’inglese, rivolto a Sophie.
— No, avevo troncato i rapporti con quel… cochon. Ma abbiamo le trascrizioni della polizia scientifica. Hanno stampato le memorie del suo telefono.
— Interessante… — commentò l’inglese. — E le avete qui?
— Eccole — rispose Robert, porgendogli i fogli. — Sembra che alla base di tutto, comunque, ci sia il famoso documento del Coccige. Puoi dirci quello che sai? Io so soltanto qualche cosa in generale, sei tu lo specialista. Esiste davvero? Secondo me è un falso, una leggenda.
— Io non l’ho mai visto, naturalmente, ma l’Ordine del Pus Dei dice di averlo posseduto fino a cent’anni fa.
— E si sa cosa contiene? — chiese Sophie.
— Una testimonianza che impediva al Priorato di Sion di ricattare la Chiesa.
— E quando il Pus Dei l’ha perso — continuò per lui Londong — il Priorato ha cominciato far parlare di sé.
— Ma il Priorato non è uno scherzo del vecchio Conservatore? Un’associazione goliardica? — osservò Sophie. Guardò Robert. — Non te lo spiegava Fouché quando ti ha accompagnato al Louvre?
— Be’ quale modo migliore per nascondere una società segreta, signorina? — osservò l’inglese. — Confondere le acque, farla sembrare innocua, suggerire la stesura di libri e romanzi…
E l’americano aggiunse: — Qualcuno, sette o persone, comunque, è convinto che il Priorato esista. E il Pus Dei è uno di quelli. Dicono di averlo costretto a tacere per secoli. Poi qualcuno ha passato al Priorato di Sion il documento compromettente…
— E Sommelier sembra davvero alludere a quello — confermò Teadrinker, indicando la trascrizione dei messaggi. — A parte la storia del batacchio… — soffocò una risata; Londong finse di non sentire. Sophie si fece ancor più attenta — …parla del “segreto”, dice che lo “rivogliono”… sembra proprio il Coccige. Ma cosa vorrà dire con
“Io li ho fregati, lo posso dire lieto
Ma adesso spetta a te scoprire i fatti”?
La signorina, a cui era indirizzato il messaggio, sarebbe in grado di rintracciare il segreto?
— O voleva che la signorina arrivasse prima degli altri? — osservò l’americano. — Comunque, il documento, se esiste, è sempre nel posto dove l’ha nascosto Sommelier, e se ha dato istruzioni per rintracciarlo, solo lui sapeva della sua esistenza?
— Il primo indovinello è chiaro — osservò Teadrinker, che era passato a leggere i fogli seguenti. — Basta guardare l’intestazione. Vezelay. Ma il secondo? Siete riusciti a capire cosa indichi?
— No — rispose Londong, soffocando uno sbadiglio. — Perché non andiamo tutti a dormire? Magari, domattina, a mente fresca…
— E con un po’ di esercizio fisico… — propose Sophie, strizzando l’occhio a Robert.
— Giusto — rispose il padrone di casa. — La signorina può dormire nel mio letto, la camera è di sopra, la prima a destra. Noi ci sistemeremo in salotto.
— Ma c’è un solo divano… — osservò Sophie, guardando Londong.
— Non si preoccupi, cara, noi professori siamo spartani… — le sorrise Teadrinker, mentre prendeva sottobraccio il collega e si avviava con lui in salotto.
(2 – CONTINUA)