di Alessandro Canzian
Vogliamo provare a guardare al di là delle polemiche da cortile su “monnezzoni”, letteratura “alta” o “bassa”, “fiction contro faction”? Vogliamo dare un’occhiata a come, dal resto del mondo, si guarda alla più recente produzione letteraria italiana? Parlo degli stessi libri che qui da noi si scontrano col muro di gomma dello snobismo accademico, del disdegno e della “fine della letteratura”. Sarebbe più corretto dire che lo scavalcano, quel muro, per rivolgersi direttamente ai lettori. Il successo di questi libri ha generato malumori e creato un rapporto di inversa proporzionalità tra “plauso del pubblico” e “plauso della critica”. Se piacciono al pubblico, automaticamente la critica li schifa; se non piacciono al pubblico, automaticamente la critica li esalta. Da “incidente di percorso” che era, il non trovare lettori (l’essere, letteralmente, “incompresi”) sembra essere diventato una virtù, condizione necessaria perché il libro piaccia alla critica e l’autore venga considerato “serio”. Pare quasi che essere letti da più persone sia uno spiacevole contrattempo.
E’ sempre esistita una certa divaricazione tra il giudizio dei critici e quello dei lettori, come sempre è esistito il “bastiancontrarismo”, tuttavia, mai come nell’Italia di oggi questa divergenza è parsa inconciliabile: a leggere i critici d’oggi, sembra proprio che in Italia non si pubblichi niente di buono e che l’odierna letteratura – pardon: chiamiamola “narrativa”, altrimenti i “letterati” si offendono – puzzi come i dintorni dei cassonetti durante gli scioperi della nettezza urbana. Fatta eccezione per i libri di amici e sodali, è ovvio.
La domanda è: cosa ne pensano all’estero? Esiste, negli altri paesi, un rapporto di inversa proporzionalità tra il giudizio del pubblico e quello della critica per quel che riguarda i romanzi italiani? E’ risaputo che molti autori italiani sono oggi tradotti e pubblicati all’estero, con discreto – e spesso ottimo – successo di vendite, ed è facile verificare l’accoglienza positiva che le cronache culturali (la critica dei recensori, quella dei quotidiani e dei periodici, che i cattedratici considerano “bassa” e mondana) riservano ai loro libri. Citare recensioni dal “New Yorker” o dal “Guardian”, da “El Pais” o da “Le Monde” non smuove niente, perché l’obiezione è che tutto il mondo è paese, è tutto un magna magna e la critica giornalistica è pilotata dagli uffici-stampa, i recensori scrivono marchette etc. Ma cosa succede se, invece, interroghiamo la critica che qui si considererebbe “alta”, quella accademica, quella che parte dalle cattedre universitarie?
Un’oretta di ricerca su Google può riservare tante sorprese. Il criterio è stato accoppiare a parole come “university”, “université” o “universidad” i nomi-e-cognomi di autori che qui da noi sono considerati “monnezzoni”, “thrillerari” o comunque “bassi”. I risultati hanno permesso di mettere in fila svariati convegni, seminari, studi, pubblicazioni e momenti di confronto dedicati alla nuova narrativa del Belpaese, considerata un po’ ovunque portatrice di innovazioni. Insomma, sembra esserci molta attenzione critica per il “laboratorio italiano”.
La “fuga dei cervelli” è certamente un fattore, visto che l’università italiana e il mondo della ricerca sono talmente devastati da aver costretto all’esilio un’intera generazione di laureati, dottorandi e borsisti. Qui da noi potrebbero al massimo aspirare a una vita di precariato intellettuale e ghost writing agli ordini di qualche barone, con la remota speranza di vincere, un giorno, un concorso da ricercatore. Appena arrivano in paesi dove c’è meritocrazia e non comandano i geronti, in poco tempo diventano docenti di ruolo. Costoro, ovviamente, portano con sé la loro (e nostra) cultura e agiscono da ambasciatori della narrativa italiana.
La “fuga dei cervelli”, però, non basta a spiegare l’interesse per i nostri narratori, e certamente non ne spiega il successo presso i lettori e l’attenzione da parte dei media (la critica “bassa”, secondo alcuni).
Chi sta sbagliando? Sono le università straniere a essere “facilone” e ad adeguarsi a diktat di mercato dando spazio a prodotti “bassi”, o sono i nostri critici a rifiutarsi di vedere ciò che sta accadendo a un palmo dal loro naso?
Segue un elenco molto parziale di esempi, per dare l’idea di quale sia il tenore del discorso passata Ventimiglia. I grassetti sono tutti miei. Noi che cosa vogliamo fare, intanto? Continuare le baruffe chiozzotte tra chi sostiene che sia più importante la lingua e chi sostiene siano più importanti le storie, o tra chi sostiene che l’Autore sia superiore al semplice “narratore”, o qualunque altra polemica si svilupperà lungo le “frontiere dello scazzo”?
Ci rendiamo conto o no di quanto siamo ridicoli, provinciali, arretrati?
OTTAWA, Canada. “Montalbano’s colleagues: investigators and investigations in Italian detective fiction” (29 aprile – 2 maggio 2004). Convegno organizzato dalla American Association for Italian Studies e dalla York University di Toronto. Nell’ambito del convegno si è tenuta una tavola rotonda sui giallisti sardi. L’ideatrice del convegno era Jana Vizmuller-Zocco, docente della York University e autrice di diversi saggi sui narratori italiani e su Andrea Camilleri in particolare (un titolo a caso: “Tradition and Innovation without a Revolution: Andrea Camilleri’s Singlossia“. Qui si trova la descrizione del suo corso nell’anno accademico 2004-2005, su “Language and society in contemporary Italy: Detective Fiction and Popular Music”, con lettura di libri di Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto, Giancarlo De Cataldo etc.)
CAMBRIDGE, USA. “Il testo in movimento: themes and techniques in Italian film and literature” (4-5 febbraio 2005). Convegno della Harvard University. Relazioni sui grandi nomi del passato (Calvino, Pasolini, Zavattini), ma anche su Tiziano Sclavi e Niccolò Ammaniti.
GRENOBLE, Francia. “Images et formes de la difference dans la litterature narrative italienne de 1970 à nos jours” (24-25 novembre 2005). Convegno dell’Université Stendhal. Relazioni su numerosi scrittori italiani, da Vassalli a Meneghello, ma – al contrario di quanto accadrebbe in Italia, forse – molta attenzione per la produzione più recente: Margherita Marras, Université d’Avignon, “Immagini e forme della differenza insulare e identitaria in Marcello Fois“; Lise Bossi, Université de Paris-Sorbonne – Paris 4, “Gendarmes et voleurs à l’heure de la globalisation dans les romans noirs de Massimo Carlotto“; Brigitte Le Gouez, Université de la Sorbonne nouvelle – Paris 3, “Ethique de la difference dans *Il padre e lo straniero* de Giancarlo De Cataldo“.
CAMBRIDGE, USA: “Tutta un’altra letteratura: Authors and Approaches beyond the Italian Canon” (14-15 aprile 2006). Convegno della Harvard University. Interventi vari su Bianciardi, sull’eredità del futurismo e su tanti altri temi. Tra le relazioni figurano: Sonia Trampetti, Università di Siena, “In tutti i sensi come l’amore di Simona Vinci“; Marco Arnaudo, Harvard University, “Giorgio Scerbanenco: giallo italiano e intuizioni postmoderne”.
L’Université de Provence (AIX-EN-PROVENCE) pubblica i “Cahiers d’Etudes Romanes”, che si sono occupati di narratori italiani come Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli, Marcello Fois (e hanno compiuto incursioni nel passato trattando di Renato Olivieri, Emilio Salgari). Il n.9 del 2003 si intitolava “Subvertir les règles : le roman policier italien et latino-américain”. Sul sito ufficiale di Massimo Carlotto si trova l’abstract di un intervento pubblicato sui “Cahiers”.
PARIGI, Francia. “Scrittori italiani del duemila: gli esordienti“. Convegno dell’Université Paris X-Nanterre (Maggio 2003). Tra gli interventi: Alberto Bianchi, Wheaton College, USA, “Vivere dopo la morte. Postmoderno e distopia in L’elenco telefonico di Atlantide di Tullio Avoledo“.
PARIGI, Francia. “Litterature du temps present. La question identitaire dans l’Italie du XXIe siecle” (18-20 maggio 2006). Convegno dell’Université de Paris X-Nanterre. Si è discusso di tantissimi autori italiani, di ieri e di oggi. Tra le varie relazioni figurano: Luca Somigli (Universite de Toronto), “La politica con altri mezzi: guerre di religione passate e future nella narrativa di Valerio Evangelisti“; Margherita Marras (Universite d’Avignon), “La ‘sardità creola’ nella rappresentazione identitaria di Marcello Fois“; Claudio Milanesi (Universite d’Aix-en-Provence), “Americani, cinesi, extracomunitari: l’ispettore Guido Lopez e gli stranieri [nei romanzi di Giuseppe Genna]”. Questi ultimi interventi in una sessione presieduta – curiosamente – da Romano Luperini.
Curiosità: sul sito della University of Pennsylvania (PHILADELPHIA) è possibile scaricare “Murderous methods: Eloquent minds and bodies in Italian crime fiction (Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri, Dario Argento, Carlo Lucarelli)“. Provate ad andare da un barone dell’università italiana a chiedere una tesi che accosta Leonardo Sciascia a Dario Argento (!!) e Carlo Lucarelli. Prima o poi troverete chi vi accetta il titolo, ma nel frattempo avrete visto un bel po’ di storcere di naso.
CARDIFF, Regno Unito. Cultural Identities in Postwar French and Italian Crime Fiction. Convegno dell’University of Wales, 12 aprile 2002. Non sono riuscito a trovare maggiori dettagli su questo appuntamento di quattro anni fa, ma l’annuncio conteneva una frase “sfiziosa”: “Issues raised will include: the relationship between elite and popular culture in post-war France and Italy; the role and significance of interwar American literature as primary source; the cultural politics of noir narration; questions of intertextuality and ‘hybrid’ forms of crime writing, particularly in the work of contemporary writers, such as Jean Echenoz, Patrick Modiano and Antonio Tabucchi“. Insomma, a Cardiff non si fanno nessun problema a discutere di Tabucchi (un autore-autore, forse non considerato “altissimo” dalla critica alpinistica, ma certo non un autore “di genere”) in un convegno su noir e polizieschi.
La Monash University (sembra sia la più importante università australiana, con campus anche in Malaysia, Sudafrica, Regno Unito e Italia, a PRATO) ha organizzato nel 2004 il convegno internazionale “Murder and Mayhem in the Mare Nostrum: Contemporary Configurations of Mediterranean Detective Genres” (5-7 luglio 2004). Anche qui, non c’è traccia di preoccupazione o imbarazzo nel mescolare (presunto) “alto” e (presunto) “basso”: panels su Sciascia, Eco, Camilleri, Fruttero & Lucentini, Loriano Macchiavelli, Scerbanenco, Pasolini…
E si potrebbe continuare ancora molto a lungo…
*Il titolo di questo post richiama quello di un convegno della Sydney University, tenutosi nel 2004: “The Italian Effect: Radical Thought, Biopolitics, and Cutural Subversion“