di Paolo Rastelli
L’importante era che qualcuno la scrivesse, la biografia di Beppe Fenoglio. Il compito di raccontare la storia del «più solitario di tutti che riuscì a fare il romanzo che tutti avevamo sognato», come lo definì Italo Calvino, se lo è preso il giornalista albese Piero Negri Scaglione. A metà gennaio è uscito in libreria Questioni private – Vita incompiuta di Beppe Fenoglio, edito da Einaudi. Sono 277 pagine frutto di una ricerca iniziata nel ’97 da Scaglione con Massimo Bergadano, Stefano Campanello e Giampiero Vico per il documentario di Guido Chiesa e proseguita in solitaria ovunque ci potesse essere una traccia di Fenoglio. Dalla fondazione Ferrero all’Imperial war museum di Londra.
Il risultato è quasi come un film, un documentario su carta che contiene tanto più materiale di quello che potrebbe stare su una pellicola. E si scopre, tra le mille altre cose, un Fenoglio dal grande spirito agonistico (sportmanship), che al liceo (sorpresa!) leggeva molto Gabriele D’Annunzio.
Ma attraverso la vita dello scrittore, come capita spesso nelle biografie, si vedono anche Alba, le Langhe e la loro storia, in grande cambiamento negli anni della parabola di Fenoglio. Dalla miseria degli anni Venti e Trenta, alla tragedia della guerra civile, fino al boom. E una miriade di personaggi, noti e no. Una cosa ha evitato Scaglione: la retorica.
Una vita di Beppe Fenoglio, perché?
«Perché la posizione di Fenoglio rispetto alla letteratura italiana è originale, anche dal punto di vista geografico: Alba era ai margini del mondo della cultura. Perché quello che lui scriveva era fuori dagli schemi letterari dell’epoca. Un’altra risposta è racchiusa nell’aggettivo “incompiuta” del titolo della biografia: la vita di Fenoglio non è stata la vita normale di uno scrittore che pianifica il suo lavoro. E poi perché è importante conoscere in che contesto sono nate e sono state scritte le sue opere per comprenderle. Racconti e romanzi di Fenoglio hanno un rapporto particolare con la sua vita».
Come definiresti Fenoglio?
«Dal punto di vista letterario era un innovatore, sia per quello che raccontava sia per come scriveva. Partiva da una tradizione antica, che però non era quella italiana del Novecento. I suoi punti di riferimento erano anglosassoni. Attraverso le testimonianze, mi sono fatto l’idea di un uomo molto piemontese, difficile da capire, ma con un fondo antiretorico e di grande umanità, con un grande senso dell’amicizia. Come piemontesi ci si riconosce».
Fenoglio cosa rappresenta per te?
«Me lo hanno fatto leggere a scuola, come è capitato a tanti altri. L’ho riscoperto quando sono andato lontano da Alba. Senza il peso dell’eroe locale ho trovato il grande scrittore. Fenoglio, se lo leggi con uno sguardo vergine, ti lascia senza fiato. E poi ha dimostrato che anche ad Alba è possibile fare cose grandi; un’ispirazione per i giovani».
Come hai raccolto il materiale e come si è sviluppato il lavoro per il libro?
«L’inizio di tutto è stata la serata in onore di Fenoglio del 5 ottobre 1996, in San Domenico. Suonò il Consorzio suonatori indipendenti (Csi); sotto la regia di Guido Chiesa furono proiettate immagini, alternate dalle testimonianze di amici e familiari dello scrittore. Tra l’altro si parlò dell’assenza di una biografia di Fenoglio. Il documentario Una questione privata del 1998, anch’esso diretto da Chiesa, è stato il passo successivo, importante per le testimonianze che sono state raccolte. Poi sono andato avanti da solo. Il libro l’ho scritto dall’inizio del 2003 all’inizio del 2005».
Qual è il tuo romanzo o racconto preferito?
«Molti partono dal Partigiano Johnny, che però è il meno accessibile. Il più bello è Una questione privata. Ed è anche il più adatto ai ragazzi perché c’è sotto una storia d’amore. Tra i racconti preferisco Il gorgo, brevissimo, che Giovanni Lindo Ferretti dei Csi lesse in San Domenico. Fenoglio lo avrebbe messo in un libro dedicato a San Benedetto Belbo».
Cosa ha significato Fenoglio per Alba allora, al tempo della sua vita “incompiuta”?
«Dopo la guerra lo scrittore era una figura nuova per la città. Non ce n’erano altri. Natura e limite della provincia è che smonta qualsiasi mitizzazione. È normale non avere troppa stima per uno che trovi tutti i giorni al tavolino vicino nel bar Savona. Come se lo scrittore dovesse avere in faccia il segno del genio. Qualcuno lo prendeva in giro; ho avuto la sensazione che lui ne soffrisse, ma non così tanto come è stato detto».
E oggi, che rapporto c’è tra Alba e Fenoglio?
«Da quando ero ragazzo Alba è cambiata completamente ed è entrata nel circuito turistico. Ha un’immagine, per usare un termine caro all’ex assessore Bruno Ceretto, incredibilmente positiva. Quando in giro dico che sono albese, tutti mi dicono “che bel posto”. Però sembra che la città non capisca di avere un appeal su un pubblico medio-alto, non solo come reddito, ma anche come interessi. Persone che danno importanza alla cultura, in senso ampio, oltre al mangiare bene. Mi sembra strano che fino ad adesso non ci sia una presa di coscienza e non ci sia un’offerta adeguata in questo senso. Emblematico è anche il caso di Gallizio. Oggi sono a Mentone. È una cittadina di ventottomila abitanti che ha un museo Jean Cocteau: ho letto che la città ha acquisito 1.440 opere donate da un collezionista e nel 2010 aprirà un grande museo dedicato all’artista, che era molto meno radicato nella città della Costa Azzurra di quanto fossero Fenoglio o Gallizio nella loro città. Mi stupisce che ad Alba, nell’Amministrazione, non ci sia la stessa attenzione».
Fenoglio e i lettori…
«Ad Alba c’è il rischio di darlo per scontato o di sottovalutarlo, ma in giro per l’Italia ho trovato persone per le quali Fenoglio è uno scrittore di culto, con cui hanno un rapporto forte, di passione vera. È difficile che Fenoglio sia trattato come un autore letto così, tanto per leggere, come si fa in spiaggia, d’estate».
Dovessi fare un parallelo tra Fenoglio e un musicista, chi sceglieresti?
«Il disco più “fenogliano” che sia mai stato fatto è Linea gotica dei Csi. Ma è una risposta un po’ ovvia. Mi viene in mente un grande innovatore, con un linguaggio nuovo e sorprendente: Bob Dylan. Certo, dovremmo immaginare che Dylan fosse morto a quarant’anni e non avesse potuto mantenere tante promesse. Ma Fenoglio ha quella statura».
Dài a Fenoglio un posto molto alto…
«Non credo di esagerare. È un’opinione abbastanza condivisa. E sta crescendo nel tempo».
In un’ipotetica hit parade degli scrittori Fenoglio è in ascesa, quindi.
«Esatto. Quasi tutti i critici più attenti lo indicano come una delle cinque-dieci personalità più importanti del Novecento italiano».
Piero Negri Scaglione è nato ad Alba nel gennaio del 1966. Ha studiato a Milano, all’Università Cattolica, dove si è laureato con una tesi su Dashiell Hammett. Giornalista, si è occupato di musica, spettacolo e cultura. Oggi lavora a «Rolling Stone». Con alcuni amici ha fondato il Circolo Fenoglio ’96, che ha organizzato il concerto Un giorno di fuoco con il Consorzio Suonatori Indipendenti e ha collaborato alla realizzazione del film Il partigiano Johnny diretto da Guido Chiesa.
Piero Negri Scaglione – Questioni private. Vita incompiuta di Beppe Fenoglio – Einaudi – euro 21
[dalla Gazzetta d’Alba]