di Ritt Goldstein
[pubblicato il 13 ottobre 2003 su The Sindey Morning Herald e ripreso dal Manifesto tre giorni dopo]
Douglas Feith [di cui Carmilla si era occupata qui], Richard Perle [vd. ancora qui], Paul Wolfowitz [ce ne siamo occupati à go go], Donald Rumsfeld [su Carmilla rasentiamo l‘enciclopedia, a suo proposito], il vicepresidente Dick Cheney [nella foto a destra; su Carmilla, vedi questi contributi] e poi chi altro? Una rete extragovernativa sembra cingere la Casa Bianca e orientarne le azioni, un vero governo-ombra che fa e disfa la politica americana. In segreto, in nome della “sicurezza nazionale”, passando sopra anche al Pentagono. E a Bush.
Mentre l’Fbi indaga sul presunto coinvolgimento della Casa Bianca nella fuga di notizie sul nome di un’agente della Cia, lasciato trapelare sembra a scopo di vendetta politica, si delinea sempre più chiaramente l’allarmante connessione fra questa ed altre accuse. Sono emerse informazioni sull’esistenza di una politica-ombra in totale contrasto con la politica Usa proclamata ufficialmente. Se Lewis Libby, capo di gabinetto del vicepresidente Cheney, è il maggiore indiziato per la fuga illecita del nome, Cheney stesso è sospettato di essere al centro di altre discutibili condotte politiche [i risultati dell’indagine FBI e dello scoop di Repubblica stanno emergendo in queste ore: vedi qui. gg].
Descrivendo la situazione dell’Amministrazione, l’ex-funzionario del Pentagono Karen Kwiatkowski ha affermato che “Bush non ha il controllo (…), il paese è in ostaggio”, e ha messo in luce il fatto che “in settori chiave del governo, di interesse per i neoconservatori, il personale viene scelto in base alla discriminante politica”. Chalmers Johnson, noto autore di Blowback (Contraccolpo) e numerosi altri libri sulla politica americana, ha paragonato questo periodo a quello che precedette la caduta della Repubblica Romana. Ha segnalato che “il Congresso non è in grado di salvaguardare nulla”, aggiungendo che la Costituzione Americana del 1787 ha subito “un vero saccheggio”.
Il tenente colonnello Karen Kwiatkowski, recentemente pensionata, ha lavorato come specialista di alto grado del Pentagono nell’ufficio del Sottosegretario alla difesa diretto da Douglas Feith. L’ufficio politico del Pentagono ha fama di essere il crocevia di molte delle iniziative di vitale importanza, per accedere alle quali sono necessarie rilevanti misure di sicurezza. Kwiatkowski ha affermato che “quello che questa gente sta facendo ora, fa apparire un gioco da ragazzi l’affare Iran-Contra. E’ molto peggio di quello, molto peggio di ciò che accadde in Vietnam”. Ha anche parlato di “un sovvertimento dei limiti costituzionali del potere esecutivo e di coinvolgimento, mediante inganno, di ampi settori del Congresso”. In base a queste affermazioni, si possono accusare i membri dell’attuale Amministrazione di avere messo in atto progetti che esulano dai loro poteri legali, mentendo al congresso per ottenerne l’appoggio. Kwiatkowski ha parlato di “una rete extra-governo negli Usa” dove alcuni neoconservatori selezionati, scelti politicamente per ricoprire incarichi chiave del governo “sentivano il bisogno di prendere l’iniziativa, di fare accadere qualcosa nell’ambito degli affari esteri e della sicurezza nazionale”. Kwiatkowski ha raccontato le pressioni sul personale del Pentagono perché alterassero le proprie valutazioni , creando frizioni all’interno. Ha aggiunto: “Aiutato da Ahmed Chalabi e dall’ufficio del Pentagono per gli affari speciali, Cheney ha inventato delle storie per il popolo americano”. Ha poi osservato che “Cheney sta ancora mentendo”.
Come chiave di lettura di ciò che sta affiorando, si deve supporre che decisioni fondamentali in fatto di sicurezza nazionale siano state prese bypassando effettivamente “gli esperti del settore civile e i militari in servizio attivo”, e siano invece state affidate a persone di nomina politica all’interno dell’apparato della sicurezza nazionale, legate da una comune ideologia, creando fratture in questo modo all’interno della struttura lavorativa del Pentagono. Kwiatkowski ha detto che ogni oggettività era stata abbandonata, sostituita dall’ideologia; per l’Iraq questo ha significato che “l’attenzione era tutta sul portarci in guerra, non sulle conseguenze”. Anche Johnson, commentando autonomamente la presunta usurpazione del potere all’interno dell’Amministrazione, ha detto di ritenere che i neoconservatori dell’Amministrazione “abbiano effettivamente portato via il potere a Bush”, confermando così le supposizioni di “paese in ostaggio” espresse da Kwiatkowski. Johnson ha visto l’esercizio di questo abuso di potere nella messa in atto di un’agenda delineata per la prima volta nel Defense Planning Guidance (documento per la difesa nazionale) del 1992, altamente controverso, e le attività di oggi non sarebbero che la tattica per portare avanti una strategia pianificata da lungo tempo, un punto di vista condiviso anche da Kwiatkowski.
Quest’ultima ha osservato che, con l’arrivo dell’Amministrazione Bush, neoconservatori ben selezionati sono stati reclutati da think-tank quali l’American Enterprise Institute [di cui avevamo parlato su Carmilla centrando l’attenzione su uno dei suoi rappresentanti forti, Michael Ledeen] e il Project for a New American Century (PNAC). Secondo lei in queste sedi i cosiddetti “neocons” avevano a lungo studiato le strategie per la messa in atto della loro visione da falchi, cioè di una leadership mondiale degli Usa: dovevano solo aspettare le opportunità che questa amministrazione ha fornito. Come ha rilevato Kwiatkowski a proposito del conflitto in Iraq “non c’era alcun bisogno di cercare o avere maggiori informazioni – il piano era già pronto a partire”.
Anche in questo caso, Johnson fa risalire l’origine dei piani al Defense Guidance di Cheney del 1992. Scopo di questo documento era di elaborare le linee politiche della difesa Usa nel dopo-guerra fredda, e il suo contenuto avrebbe ben presto scosso Washington: Cheney (uno dei fondatori del Pnac) commissionò il compito ai neoconservatori Paul Wolfowitz e Lewis Libby [nella foto a sinistra; in queste ore è l’uomo che sta pagando per tutti: vedi qui. gg] mentre era segretario alla difesa. In seguito alla pubblicazione di parti del documento sul New York Times e sul Washington Post, esplose una polemica tale che il presidente dovette ordinarne la revisione. I critici avevano definito il Defense Planning Guidance un diverso modo di chiamare il “dominio mondiale”. Uno degli scenari chiave della Guidance era una nuova guerra in Iraq. Il 14 settembre scorso sulla televisione nazionale Usa, il Vice-presidente Cheney ha descritto l’Iraq come “la base geografica dei terroristi che ci hanno tenuto sotto attacco per molti anni, ma soprattutto l’11 Settembre”. Affermazioni in netto contrasto con la realtà dei fatti ma illuminanti sulla natura della tattica della “rete extra-governativa”.
Quattro giorni dopo le dichiarazioni di Cheney, il presidente Bush ne prende le distanze, ammettendo che non c’erano connessioni fra l’Iraq e l’11 settembre. Ma Cheney aveva stabilito tale connessione già dal dicembre del 2001, almeno, mentre il 29 settembre il Washington Post citava un’informazione secondo cui l’Amministrazione Bush sapeva già in quel mese che l’affermazione era priva di fondamento. Tuttavia, nonostante i rapporti della Cia e dell’Fbi confermino che la pretesa di un coinvolgimento iracheno fosse priva di riscontri, Cheney ha continuato a ripeterla, ed è noto che il suo staff di collaboratori tentò di inserirla nel discorso di febbraio di Colin Powell all’Onu, con l’impegno personale di Lewis Libby.Come è noto, si suppone che il nome dell’agente della Cia sia stato fatto trapelare per ritorsione nei confronti del marito che aveva rivelato la falsità dell’accusa da parte dell’Amministrazione che l’Iraq avesse cercato ti comperare uranio dal Niger. Ma nonostante l’accusa fosse infondata, è stata tuttavia usata come componente delle sedicenti prove dell’Amministrazione nella corsa alla guerra, in parallelo con le ugualmente false accuse del coinvolgimento iracheno nell’attacco
dell’11 settembre.
E’ ampiamente noto che sia Cheney che il suo capo di gabinetto, Lewis Libby, furono fra quei neoconservatori in prima linea nello sforzo di sostenere la storia infondata dell’uranio [l’appoggio fu dato, secondo lo scoop di Repubblica, anche da settori dell’intelligence italiana.gg]. Per quanto riguarda l’impatto di tali false accuse, da un recente sondaggio risulta che il 70% degli americani ritengono che Saddam Hussein molto probabilmente era coinvolto nell’attacco dell’11 settembre, credono cioè qualcosa che è ufficialmente riconosciuto come falso.
Circa due mesi prima, un gruppo di ex- funzionari di alto grado dell’intelligence Usa aveva inviato una lettera aperta al presidente Bush chiedendo le dimissioni di Cheney per avere condotto una “campagna ingannevole” per ottenere l’invasione dell’Iraq. E negli ultimi due mesi è stato un continuo emergere di rapporti sul “modello di disonestà”, come l’ha bollato l’opinionista del New York Times Nicholas Kristof, dove “le manipolazioni appaiono essere onnipresenti” e di cui molti dei così detti insiders considerano Cheney “il colpevole principale”.
E dati i legami di questa Amministrazione con l’era di Reagan, non sorprende che si facciano ripetutamente paragoni con lo scandalo Iran-Contra, in cui sia il Congresso che il paese furono ingannati, come ora. Il caso Iran-Contra ebbe inizio quando un gruppo di zeloti motivati politicamente e appartenenti al National Security Council (Nsc), alla National Security Agency e alla Cia iniziarono delle attività nascoste e illegali a lungo termine per il perseguimento di quelle che sarebbero diventate famose come le “guerre sporche” Usa in America Latina. Un gruppo di persone ai livelli più alti delle strutture per la sicurezza Usa portava avanti piani e
operazioni in netto contrasto con la politica ufficiale e le leggi degli Stati uniti. Le operazioni furono in parte finanziate con danaro proveniente dal contrabbando di armi all’Iran. Lo scandalo scoppiò nel 1987. Fu un periodo in cui i massimi esponenti responsabili della sicurezza nazionale, funzionari di alto grado dell’amministrazione Reagan, commisero azioni sia discutibili che propriamente criminose in nome della sicurezza nazionale. Sebbene un certo numero di loro fosse stato giudicato e riconosciuto colpevole di crimini gravi, alcuni furono amnistiati da Bush padre mentre a altri fu concessa l'”immunità in quanto membri del congresso”, e questo ha consentito il ritorno di una quantità di questi soggetti al governo, con molte delle vecchie facce di quel periodo in circolazione nell’attuale Amministrazione.
Fra questi Elliot Abrams, attuale consigliere capo dell’Amministrazione per il Medio Oriente, amnistiato da Bush padre, dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver mentito al Congresso, e John Poindexter, l’ex-consigliere per la sicurezza nazionale colpevole di crimini gravi e salvato sulla base dell’immunità in quanto membro del Congresso, recentemente impiegato in questa Amministrazione come capo dell’Office of Information Awareness, costretto alle dimissioni dopo la scoperta del suo coinvolgimento in iniziative altamente controverse. L’attuale clima politico ha portato Chalmers Johnson a paragonare il senatore Usa Robert Byrd a Cicerone, il senatore romano che tentò valorosamente di salvare la Repubblica
denunciando la smaccata corruzione politica di quei tempi. Da parte sua anche Kwiatkowski ha detto di avere vissuto in prima persona “il disprezzo totale” per i processi democratici. Alimentando i motivi di preoccupazione, fonti di informazione come il New Yorker e il New York Times hanno scritto articoli sui sospetti che questo gruppo sia dietro l’attacco americano di metà giugno al convoglio iracheno in territorio siriano. Il New York Times cita un ex alto funzionario della Defense Intelligence Agency (Dia), Patrick Lang, secondo cui “molti nel governo ritengono che l’incursione fu un tentativo da parte degli ideologi di andare alla rottura della collaborazione fra la Siria e gli Stati uniti”. Come si sa, la Siria è stata l’obiettivo dei caccia israeliani nell’attacco di qualche settimana fa.
Le informazioni relative all’esistenza di tale rete di ideologi, parlano di Douglas Feith (Sottosegretario alla Difesa per la Politica) e Richard Perle (ex-presidente del Defence Policy Board del Pentagono) e dei loro uffici al Pentagono quali presunti centri delle attività della rete in questione. Wolfowitz, Rumsfeld e Cheney sono tirati in causa come coloro la cui autorità ha consentito a questo presunto gruppo di operare, gruppo che secondo quanto riportato dalla stampa include incaricati politici di alto livello piazzati in posizioni chiave dell’apparato burocratico come l’Nsc, il dipartimento di stato e l’ufficio del vicepresidente.Ci si interroga sul fatto che gran parte degli attacchi reciproci fra i neoconservatori che affiorano a
Washington, alimentati dai fallimenti dell’agenda degli ideologi, potrebbero essere causati da rivelazioni e critiche ufficiali. In ogni caso, dovesse persistere l’attuale pressione ideologica, Johnson ci mette in guardia che l’Amministrazione ha “pensatori che sono solo in grado di pensare in termini di politiche egemoniche (…). Questo ha portato alle guerre più disastrose che abbiamo mai visto”.