di Myrtil
mia nonna camminava accanto a me sulla spiaggia
(era così vecchia per me allora
ma non era
tanto vecchia, e la lei che ricordava
era molto più giovane di quanto sia io ora)
e c’era il sole di luglio sopra l’acqua
accecante, e la pace
che allora non lo sai, ma poi scopri
essere solo d’infanzia e d’estate
passeggiavamo a lungo alla battigia
erano dolci i piedi sulla sabbia
mia nonna raccontava della guerra.
diceva non te lo puoi immaginare
cos’è andare a letto e aspettare
e la sirena
che ti butta di sotto per le scale
nel buio, nel rumore, nel rifugio
fino a che non sia passata, e risalire
e ancora aspettare la sirena
a occhi aperti senza poter dormire
e tua madre meno male che è nata
quando quasi era finita, ma io di sette mesi
che rotolavo nei fossi con la pancia
quando sentivo l’aereo che arrivava
no non te lo devi immaginare
meno male che non lo puoi sapere.
io poi invece davvero ci pensavo
nella notte dei sogni, a occhi aperti
spalancati alla finestra
che faceva almeno un po’ di luce
pensavo alle bombe, alla sirena
le mie gambe si stiravano, alla tela
stropicciata del lenzuolo, e nel sangue
ribolliva uno spavento da trovare
argine solo nel richiamo per mia madre
che incosciente rispondeva alla domanda
non viene più la guerra, vero mamma?
no bimba, topo, amore, non
ti preoccupare
(fonda è la notte, e la vita è comunque
dura abbastanza, dormi tesoro dormi, devo
riposare)
il resto
quello che vorrei dire
delle madri e dei bambini, che adesso
sentono il suono dell’aereo e la sirena
e sulla schiena hanno il carico del poco
che riescono a portare
e nessuna risposta hanno al pianto
al fragore omicida, al dolore,
questo
è così chiaro che
(basta così).