Persinger e le basi neurofisiologiche delle esperienze mistiche e visionarie
di Franco Landriscina
[da ALTROVE n°9]
I film di fantascienza degli anni ’50 e ’60 erano pieni di strani professori in camice bianco intenti ad armeggiare con provette ed elettrodi in laboratori di campus universitari e a sperimentare strani congegni elettronici sui loro malcapitati studenti. Spesso i loro esperimenti avevano come obiettivo quello di leggere il pensiero o di risvegliare misteriosi poteri della mente. Quasi sempre il risultato finale era tutt’altro da quello aspettato. Come si sa, la realtà talvolta supera la fantasia, ed infatti un professore di questo tipo esiste davvero, con tanto di laboratorio in una sperduta università nelle montagne del Canada. Il professore in questione si chiama Michael Persinger ed insegna neuroscienze del comportamento al Dipartimento di Psicologia della Laurentian University di Sudbury, nella regione canadese dell’Ontario. Non è però un illustre sconosciuto, ma un ricercatore membro di svariate organizzazioni scientifiche internazionali che ha pubblicato più di 200 articoli scientifici e numerosi libri sul rapporto fra cervello e comportamento, attirando anche, in Canada e negli Stati Uniti, l’attenzione di giornali e televisioni.
Leggendo la lunghissima lista delle sue pubblicazioni è difficile non rimanere stupiti dalla vastità e dalla particolarità degli argomenti di cui Persinger si occupa dal 1971, tutti uniti dal filo rosso dell’interazione fra sistema nervoso e campi elettromagnetici e degli effetti di tale interazione sul comportamento. Non solo i campi elettromagnetici generati dalle moderne apparecchiature elettriche ed elettroniche (come il cellulare che forse in questo momento tenete acceso vicino a voi) ma anche, e qui arrivano le conseguenze più inaspettate, quelli di origine geofisica, generati cioè da terremoti, spostamenti del terreno, fenomeni metereologici ed atmosferici. Con Persinger entriamo quindi nel difficile terreno della neurobiologia del comportamento e della biometeorologia.
Ma non finisce qui, i comportamenti sui quali lo scienziato americano ha focalizzato la sua attenzione nella ricerca della relazione fra cervello e onde elettromagnetiche non sono le solite prove di memoria e di percezione che costituiscono il normale (e un po’ noioso) oggetto di studio degli psicologi. Anomalie del comportamento, allucinazioni, visioni religiose e mistiche, apparizioni di UFO o di esseri fantastici, fenomeni paranormali: nessun fenomeno è troppo strano o fuori del comune per sfuggire alle rigide maglie scientifiche della rete tessuta in anni e anni di ricerca dal professor Persinger.
La metodologia di ricerca adottata comprende studi di laboratorio su animali, ricerche cliniche su pazienti umani ed estesi studi epidemiologici basati su metodi statistici. Ad esempio, Persinger e i suoi collaboratori hanno effettuato un esame molto approfondito del rapporto fra avvistamenti UFO e terremoti trovando un’elevata correlazione fra questi due fenomeni all’apparenza lontani fra loro. La vera “arma vincente” del professore è però il suo famoso “elmetto”, vale a dire un’apparecchiatura con la quale egli è in grado di stimolare il cervello umano con campi magnetici complessi a bassa intensità e in modo altamente selettivo per le diverse aree cerebrali. Con tale apparecchiatura egli è riuscito, in modo convincente e altamente riproducibile, a riprodurre in laboratorio sensazioni ed esperienze che vanno dalla paura all’estasi, dal piacere sessuale alle allucinazioni visive ed uditive, dal ricordo di esperienze dell’infanzia a esperienze di quasi morte e perfino il contatto con angeli, diavoli o addirittura con Dio.
Le strutture cerebrali maggiormente studiate da Persinger sono il sistema limbico e i lobi temporali. Un po’ di anatomia
Il sistema limbico è una parte del cervello filogeneticamente intermedia fra le strutture più primitive del sistema nervoso e la corteccia cerebrale. Il sistema limbico è la sede delle emozioni e consente agli esseri umani di avere una complessa varietà di stati emotivi: disgusto, amore, paura, sorpresa, invidia, ecc. Le sue strutture principali sono l’ipotalamo, l’amigdala e l’ippocampo.
L’ipotalamo è la struttura più arcaica e può essere considerato la centralina di controllo del sistema nervoso autonomo e quindi delle risposte fisiologiche di base dell’organismo: fame, sete, piacere, rabbia, temperatura corporea, ecc. Attraverso i meccanismi di regolazione endocrina, l’ipotalamo riceve informazioni da ogni organo del corpo umano e può a sua volta influenzare l’intero organismo.
L’amigdala ha una funzione di mediazione delle emozioni superiori e di regolazione delle attività che coinvolgono tali emozioni, come ad esempio l’attaccamento emotivo e l’amore. Essa svolge inoltre un’importante funzione di “campanello d’allarme” analizzando ogni stimolo esterno o interno e assegnando ad esso il giusto significato emotivo. Ad esempio, se un rumore sospetto ci sveglia nella notte, è l’amigdala che mette in moto il sistema nervoso autonomo, attraverso l’ipotalamo, per allertare l’organismo e predisporlo all’azione. Alcuni neuroni dell’amigdala sono sensibili selettivamente alle emozioni facciali delle altre persone. Altri sono multimodali, cioè rispondono simultaneamente a stimoli visivi, uditivi, olfattivi e tattili.
L’ippocampo ha un ruolo fondamentale nell’elaborazione dell’informazione, inclusa la memoria, l’apprendimento di fatti nuovi, la creazione di mappe spaziali dell’ambiente e l’attenzione agli stimoli esterni. La distruzione dell’ippocampo rende una persona incapace di formarsi qualsiasi nuovo ricordo. L’ippocampo interagisce strettamente da un lato, con la corteccia cerebrale, dall’altro con l’amigdala. In altri termini, emozione e ragione non sono mai separabili fra loro, ma agiscono sempre insieme. L’intelligenza emotiva regola e dirige i processi di apprendimento.
Veniamo infine ai lobi temporali cui si è accennato in precedenza. Si tratta di una parte della corteccia cerebrale, quindi filogeneticamente più recente del sistema limbico, che si trova grosso modo fra gli occhi e le tempie. Nell’emisfero dominante (di solito il sinistro) il lobo temporale è coinvolto principalmente nella comprensione e nell’elaborazione del linguaggio (è qui che, da semplici suoni, le parole assumono un significato) e nella memoria a lungo termine. Nell’emisfero non dominante (di solito il destro) il lobo temporale è coinvolto nella comprensione delle espressioni facciali, nell’elaborazione delle informazioni non verbali del linguaggio come ad esempio l’intonazione, nell’ascolto dei ritmi, nell’apprendimento musicale e visivo.Neuroscienze e religione
Le ricerche di Michael Persinger si collocano all’interno di un rinnovato interesse delle neuroscienze per le basi neurofisiologiche delle esperienze mistiche e religiose. Un interesse che non è più confinato alla sola speculazione teorica, ma può oggi avvalersi di tutte le più moderne tecniche di indagine sperimentale.
In particolare, l’attenzione dello scienziato canadese per il sistema limbico e i lobi temporali non è un fatto isolato.
Il primo collegamento fra lobi temporali e esperienze religiose risale all’inizio del secolo e ha a che fare con un disordine neurologico: l’epilessia. L’epilessia, già considerata nell’antichità un “male sacro”, è il sintomo di un anormale funzionamento elettrico del tessuto cerebrale, in cui le cellule nervose entrano in azione tutte insieme invece di eseguire ciascuna il proprio compito. La causa è quasi sempre un danno che può essere conseguenza di traumi fisici, infarti, tumori cerebrali o altre lesioni di varia natura. Esistono diversi tipi di epilessia, fra cui, per l’appunto, alcune forme che colpiscono il sistema limbico e i lobi temporali (TLE, Temporal Lobe Epilepsy).
Arnold Mandell, professore di psicologia presso l’Università della California a San Diego, ha discusso il ruolo dei lobi temporali nelle esperienze religiose sulla base del meccanismo di azione delle sostanze psicoattive. Sostanze come l’LSD, in particolare, bloccano gli effetti inibitori della serotonina sui lobi temporali, e quindi hanno la capacità di indurre scariche neuronali sincronizzate nelle strutture limbiche (ippocampo e setto) dei lobi temporali.
Vilayanur Ramachandran, professore di neuroscienze, anch’egli dell’Università della California, ha studiato centinaia di persone affette da epilessia dei lobi temporali, sottoponendole ad un esperimento in cui veniva misurata la loro risposta emotiva a parole di significato neutro, sessuale (o violento) e religioso. Confrontando i risultati dei pazienti affetti da epilessia con quelli di soggetti normali, senza particolari inclinazioni religiose, e di soggetti praticanti diverse religioni, Ramachandran è giunto alla conclusione che i lobi temporali sono la sede delle esperienze religiose.
L’importanza dei lobi temporali e del sistema limbico nelle esperienze mistiche e religiose è stata anche efficacemente sottolineata dal professor Rhawn Joseph, uno dei maggiori esperti nel campo della neuropsicologia dello sviluppo e delle differenze sessuali (nonché personaggio a suo modo bizzarro, che sembrerebbe confermare lo stereotipo secondo cui chi si occupa di queste cose non è lui molto normale…). Secondo Joseph, l’amigdala è addirittura il “trasmettitore di Dio” (questo è il titolo del suo ultimo libro). Un punto ben evidenziato da Joseph è l’esistenza nei lobi temporali di neuroni specializzati nel riconoscimento di forme particolari, fra cui rientrerebbero alcune forme, come la croce e il triangolo, che hanno un significato religioso in molte culture.
Andrew Newberg, professore di Radiologia nel Dipartimento di Medicina Nucleare dell’Università della Pennsylvania, e lo psichiatra Eugene D’Aquili hanno eseguito un’interessante serie di esperimenti in cui sono riusciti a “fotografare” con la tomografia SPECT (single photon emission computed tomography) l’attività del cervello di meditatori buddisti e di suore francescane nel momento esatto delle loro esperienze mistiche. Nel loro recente libro dal titolo Why God Won’t Go Away (“Perché Dio non se ne andrà”), gli autori espongono un modello che vede coinvolti nella genesi dell’esperienza religiosa i lobi parietali e frontali, i lobi temporali, l’amigdala e l’ippocampo. La loro conclusione è che il cervello è predisposto naturalmente, proprio in virtù dei collegamenti fra tali strutture cerebrali, a questo tipo di esperienze, che non sono quindi né patologiche né unicamente il risultato di condizionamenti di tipo culturale. Il modello di Newberg e d’Aquili è in questo momento quello più completo e interessante, anche perché filosoficamente non riduzionista e, rispetto agli altri, maggiormente rispettoso del valore delle esperienze mistiche e religiose.
Scientificamente un po’ più azzardate, ma comunque degne di nota, sono le considerazioni di Melvin Morse, professore di Pediatria presso l’Università di Washington, che nella sua professione di medico si è occupato a lungo delle esperienze di quasi morte (NDE, Near Death Experiences) nei bambini. Secondo Morse, il lobo temporale destro consente agli esseri umani di entrare in contatto con una realtà non locale, al di fuori del tempo e dello spazio ordinari, e tale realtà costituirebbe la base delle esperienze mistiche e di quelle paranormali.
Come si può vedere, una volta iniziato a comprendere i meccanismi dello sviluppo del cervello e a svelare le basi neuronali della percezione, della memoria e dell’apprendimento, i neuroscienziati sembrano ben decisi ad affrontare anche gli aspetti più profondi ed esclusivi dell’esperienza umana, entrando in un terreno fino ad oggi di pertinenza esclusiva di teologi, filosofi e storici delle religioni. Gli esperimenti di Persinger
L’originalità di Michael Persinger sta nel non essersi limitato allo studio di pazienti con epilessia del lobo temporale, ma nell’avere indagato l’esistenza di anomalie neuroelettriche nella popolazione “normale”. Persinger ha infatti teorizzato l’esistenza di scariche transienti del lobo temporale (TLT, Temporal Lobe Transients) che possono influenzare il linguaggio, il riconoscimento dei volti, le emozioni e più in generale i processi psichici, senza dare luogo, perché non sufficientemente intense, ad attacchi epilettici veri e propri.
Inoltre, secondo Persinger, se la natura “estatica” di certi attacchi epilettici è il risultato di un’influenza dei lobi temporali sui normali processi delle strutture limbiche, come l’amigdala e l’ippocampo, si può pensare che queste attività siano l’esagerazione di una normale attività del cervello. È questa la sua “Ipotesi del continuo”, formulata nel 1983, secondo cui un po’ tutti, io e voi compresi, abbiamo un grado variabile di potenziale labilità verso queste anomalie funzionali. Ammesso, a questo punto, che si tratti davvero di “anomalie” e non piuttosto, come appare sempre più probabile, di normali capacità del cervello umano. Capacità che renderebbero ragione degli aspetti universali delle esperienze mistiche-religiose e di quelle paranormali, al di là delle differenze di epoca storica e di cultura.
L’esistenza di anomalie elettriche transienti dei lobi temporali era già stata ipotizzata in psichiatria e variamente descritta come “epilessia di Dostojevski”, “attacchi parziali”, “attacchi estatici” e “attacchi psichici”. Le sensazioni soggettive associate con questi attacchi epilettici parziali possono includere illusioni somestesiche (come ad esempio le vertigini o il senso di volare), allucinazioni olfattive e gustative (piacevoli o spiacevoli), allucinazioni uditive (come voci, suoni, musiche), allucinazioni visive (in particolare macchie e strisce luminose, stelle, dischi, colori), macro e microscopia, autoscopia (la percezione della propria immagine). Quest’ultimo fenomeno, in particolare, è stato lungamente descritto dallo psicanalista Otto Rank nel suo celebre studio sul “doppio” nella mitologia e nell’arte. Possono inoltre esserci illusioni cognitive, come sensazioni di dejá vu (già visto), jamais vu (mai visto), deja vecu (già vissuto), idee e pensieri ossessivi, distorsioni del senso del tempo e dello spazio, idee trascendenti e metafisiche e sintomi affettivi come tristezza, paura, piacere, ansia. Insomma, non pochi punti in comune con l’esperienza sciamanica e quella psichedelica.
Nel 1990 Persinger e collaboratori realizzano un questionario (PPI, Personal Philosophy Inventory) che contiene affermazioni del tipo “a volte mi sento come se le cose non fossero reali”, “ho sognato di galleggiare o di volare nell’aria” e persino “sono stato a bordo di un’astronave”. L’obiettivo del questionario era di verificare nella popolazione la presenza di deboli fenomeni analoghi a quelli degli attacchi epilettici parziali. Un decennio di uso di questo strumento ne ha dimostrato l’affidabilità e la capacità di predire anomalie dei lobi temporali misurabili con l’elettroencefalogramma.
A questo punto, al nostro professore non rimaneva che un ultimo passo: riprodurre i sintomi e le esperienze sopra descritte in laboratorio, su soggetti perfettamente normali. In che modo? Semplice. Ricordiamo, come già detto in precedenza, che Persinger ha iniziato i suoi studi dedicandosi agli effetti neuropsicologici e comportamentali dei campi elettromagnetici. La via seguita è quindi stata quella di applicare su dei volontari dei deboli campi magnetici, cercando di localizzarne l’effetto sui lobi temporali e sul sistema limbico. Il metodo usato da Persinger è stato molto empirico. In pratica, egli ha provato numerose combinazioni di intensità e di frequenza di un campo magnetico, applicato sulla testa dei soggetti grazie ad un semplice casco da motociclista, modificato con gli opportuni elettrodi e avvolgimenti magnetici. Le persone che si sono infilate l’elmetto di Persinger hanno vissuto esperienze fuori del corpo, avuto allucinazioni di varia natura, rivissuto momenti della loro infanzia, provato terrore o piacere e avuto la sensazione che nella stanza dell’esperimento fossero presenti angeli, demoni o alieni. Sono stati anche eseguiti numerosi esperimenti sulla “emisfericità” di questi effetti. Persinger è giunto alla conclusione che per la maggior parte delle persone il “senso del Sé” (ma sarebbe più giusto dire “dell’Io”) risiede nel lobo temporale sinistro, mentre nell’emisfero omologo destro risiederebbe un altro senso del Sé, percepito in genere come una presenza estranea all’individuo: il proprio doppio, un alieno, un angelo, un demone o Dio. Insomma, si comincia a capire perché qualcuno già parla di “neuroteologia”.
Alcune possibili aree d’indagine
La sapienza delle antiche tradizioni viene facilmente liquidata dalla scienza attuale come un residuo del passato senza alcun valore oggettivo. Almeno su alcuni punti, potrebbe invece essere vero il contrario. Forse la scienza non è ancora arrivata, con i suoi metodi sperimentali di indagine, laddove altre culture sono giunte con un diverso cammino. Prendiamo, ad esempio, il tema dei “luoghi sacri”. In tutti i popoli e in tutte le epoche, sono stati sempre conosciuti dei luoghi ritenuti canali di comunicazione con il mondo degli spiriti e degli dei, luoghi carichi di “potere” e quindi da visitare con rispetto e seguendo determinati rituali. Tali luoghi sono stati frequentemente meta di pellegrinaggi e su di essi sono stati talvolta costruiti dei templi. Spesso, alcuni di questi luoghi formavano, attraverso una rete visibile o invisibile di collegamenti, una vera e propria “geografia sacra” del territorio. Tutto questo è stato troppo frettolosamente accantonato dalla scienza ufficiale nel cassetto delle “superstizioni”, oppure è diventato argomento di una pseudoscienza new age che ha lasciato briglia sciolta a fantasiose teorie prive di qualsiasi fondamento.
Le ricerche di Persinger coniugano in modo originale, per la prima volta su solide basi scientifiche, la geofisica, quindi lo studio dell’ambiente naturale e la neuropsicologia degli stati modificati di coscienza. Esse permettono quindi di gettare nuova luce su tanti aspetti della “geografia sacra”. Ad esempio, anche ad un’analisi superficiale, si nota che tanti luoghi magici, in cui i sacerdoti, i veggenti o le streghe si recavano per avere visioni e predire il futuro, si trovano in prossimità di siti con caratteristiche geofisiche tali da poter creare, o aver creato in passato, anomalie geomagnetiche del tipo di quelle riprodotte da Persinger in laboratorio con il suo elmetto. Lo stesso Persinger ha preso in considerazione, da questo punto di vista, i luoghi in cui sono avvenute alcune celebri apparizioni mariane. Paul Devereux, un ricercatore indipendente, ha registrato delle anomalie locali del campo magnetico terrestre in coincidenza con l’apparizione di luci misteriose (le cosiddette “earth lights”) nel deserto del Texas e in quello della regione di Kimberley nell’Australia Occidentale. Queste luci erano già conosciute agli abitanti indigeni di quelle zone e sono state in tempi più recenti considerate come apparizioni UFO. I risultati di Devereux sono in accordo con la teoria di Persinger, anzi, lo stesso Devereux, autore di numerosi libri sulla “geografia cognitiva dei luoghi sacri”, è addirittura andato nel laboratorio di Persinger per provare di persona il famigerato elmetto. Ricordiamo, infine, che anche il celebre Oracolo di Delfi si trova su una faglia tellurica e la zona è stata frequentemente soggetta a terremoti; anche se in questo caso sembra che lo stato di trance della Pizia fosse provocato dall’etilene che fuoriusciva dalle fratture nel terreno, non si può escludere un ruolo del geomagnetismo terrestre o una combinazione dei due effetti.
Uno sguardo ai risvolti più inquietanti
C’è un altro aspetto delle ricerche di Persinger da prendere seriamente in considerazione. Le tecnologie elettromagnetiche di modificazione della coscienza possono essere impiegate come strumenti per il controllo mentale da parte di eserciti, servizi segreti o organizzazioni criminali. Dai tempi della guerra fredda, sia gli USA che l’ex Unione Sovietica hanno cercato di sviluppare sofisticati metodi di controllo mentale per creare agenti segreti e assassini dotati di personalità multiple e quindi in grado di vivere una vita tranquilla o di uccidere su comando, a seconda del prevalere dell’una o dell’altra personalità. Un altro obiettivo di queste ricerche, spesso basate sull’ipnosi e sull’uso di sostanze allucinogene e delirogene, era quello di ottenere da agenti nemici catturati, tutte le informazioni in loro possesso. Fra le varie tecniche impiegate a partire dagli anni ’60, grazie ai progressi dell’elettronica, c’è stato anche l’impianto chirurgico nel cervello di stimolatori elettrici comandati a distanza via radio. Il principale sostenitore di questo metodo di controllo mentale è stato il professor José Delgado, autore nel 1969 del libro Genesi e libertà della mente (il titolo originale era Physical control of the mind).
Più recentemente, il governo americano ha mostrato un grande interesse nello sviluppo di armi cosiddette “non-letali” ad onde elettromagnetiche. Ad esempio, armi in grado di focalizzare onde radio di determinate frequenze e intensità su un’area geografica molto limitata e di provocare così nausea, confusione e alterazioni mentali in un plotone nemico o in un gruppo di manifestanti. Alterazioni mentali che, nelle condizioni giuste, potrebbero anche assumere la forma di allucinazioni e fenomeni paranormali. Secondo il dottor Helmut Lammer, molti dei cosiddetti “rapimenti alieni”, diventati sempre più frequenti negli ultimi anni, sarebbero per l’appunto esperimenti di questo tipo svolti su comuni cittadini. Probabilmente, queste armi sono ancora in fase di prototipo, però sono destinate a diventare entro breve una realtà, specialmente nel nuovo scenario internazionale sempre più caratterizzato da conflitti di tipo non convenzionale.
A questo punto, è facile immaginare quali non certo tranquilizzanti applicazioni potrebbe avere l’elmetto del professor Persinger in mani poco rispettose della dignità e della libertà umana. Organizzazioni con fonti di finanziamento molto più elevate della piccola università canadese in cui Persinger lavora potrebbero cercare di sviluppare lo stesso tipo di effetti utilizzando, invece dell’elmetto, sorgenti di campi elettromagnetici in grado di agire sulle persone a distanza. Lo stesso Persinger, in un suo breve articolo dal titolo molto esplicativo (On the possibility of directly accessing every human brain by electromagnetic induction of fundamental algorithms), ipotizza persino che si possa creare un campo elettromagnetico esteso a tutto il pianeta, in grado di influenzare praticamente tutti i cervelli degli abitanti della Terra. Una prospettiva dal sapore fantascientifico, ma non più di quanto fosse fantascientifica la radio prima degli esperimenti di Marconi.
Riduzionismo e altre prospettive filosofiche
Qual è il significato dei risultati di Persinger? A prima vista, ci troviamo di fronte al trionfo del più classico riduzionismo, cioè la riduzione di qualsiasi fenomeno a un fatto puramente materiale. Sembra già di vedere la faccia rassicurante di Piero Angela annunciare sorridendo che religione e misticismo sono semplicemente l’effetto di anomalie elettriche del cervello e che presto troveremo la medicina adatta per fare per sempre a meno di questi fastidiosi effetti collaterali del nostro prezioso organo del pensiero. Come appare dalle sue interviste, Persinger è filosoficamente un riduzionista convinto, ai limiti dell’ingenuità. Al riguardo, bisogna dire che probabilmente un po’ di riduzionismo, nelle mani di bravi scienziati, non guasta, anzi è necessario per ottenere dei risultati sperimentali concreti e per osare andare laddove altri non si spingerebbero.
Nella forma mentis riduzionista ci sono però indubbiamente dei pericoli. Il riduzionismo diventa molto spesso un modo per diminuire l’importanza di fenomeni ed esperienze che non si comprendono. Nel nostro caso, ad esempio, l’esperienza del “sacro” viene separata dal proprio contesto culturale e privata dei suoi significati individuali e sociali, per non parlare di quelli metafisici e trascendenti. Inoltre, i risultati di laboratorio vengono spesso interpretati alla luce di una concezione scientifica rigidamente materialista, ignorando altre possibili chiavi di lettura.
Un punto di vista più intelligente è quello di Newberg e d’Aquili, che nel loro libro “Perché Dio non se ne andrà” fanno più o meno questo ragionamento: “Sì, è vero, probabilmente le esperienze mistiche e religiose sono delle configurazioni di attività di determinati neuroni del cervello. Ma, se ci pensiamo un momento, che cosa non lo è?”. Dietro l’apparente semplicità di questa domanda si cela una difficile questione epistemologica. Ad esempio, in questo momento non posso interagire con il computer su cui sto scrivendo questo articolo se non nella misura in cui il mio cervello ne contiene una rappresentazione sotto forma di una determinata configurazione neuronale. Questo rende il computer meno reale? Che senso ha dire che certi fenomeni sono “solo” il frutto di una particolare attività del cervello quando, a pensarci bene, si può dire la stessa cosa di tutto ciò di cui possiamo avere esperienza e conoscenza? Il cervello è un organo in costante interazione con la realtà esterna, una realtà della quale non possiamo sapere nulla se non attraverso il cervello stesso.
Anzi, si potrebbe fare anche un passo oltre. Il fatto che determinate aree del cervello percepiscano determinati fenomeni fuori dell’ordinario e che i processi cerebrali coinvolti non siano qualitativamente diversi da quelli della percezione ordinaria potrebbe essere un indizio che dietro tali fenomeni esistono delle realtà diverse da quella ordinaria. Così come “là fuori” c’è qualcosa che io interpreto come “il mio computer”, forse c’è anche qualcos’altro che in certe condizioni diventa possibile percepire e che le persone provano da millenni ad interpretare con il linguaggio della religione e del mito.