di Alessandro Morera
Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch, 2013
Fin dalla prima inquadratura Jim Jarmusch segnala allo spettatore la poetica dominante di questa sua ultima opera: il cielo stellato che si trasforma in una panoramica dall’alto su un disco in vinile che ruota su un piatto; un vinile non a 33 giri, ma addirittura un 45 giri. La nostalgia per un passato analogico che si scontra con un presente digitale, un passato dove i rapporti umani non eran mediati dalla freddezza della tecnologia digitale, e a tal proposito si noti come i vampiri protagonisti del film si ostinino a chiamare gli esseri umani “zombie”. Avviso ai possibili futuri spettatori del film: non cercate un intreccio narrativo, né tanto meno vampiri di moda in questi tempi, non troverete atmosfere alla Twilight o alla True Blood; in compenso troverete vampiri che si nutrono di vero sangue umano (seppur i protagonisti lo comprino corrompendo medici e infermieri, i quali non possono far altro che rivender loro sangue inevitabilmente ‘corrotto’ da droghe e medicinali, segni artificiali dei tempi correnti), vampiri archetipici che escono solo di notte, non a caso i due protagonisti si chiamano Adam ed Eva (interpretati magistralmente da Tom Hiddleston e Tilda Swinton). Vampiri che esistono fin dalla notte dei tempi originari dell’essere umano, vampiri che per questo motivo devono trovare la maniera di combattere la noia, l’apatia e la solitudine tipiche di questi tempi contemporanei: nonostante ciò, la Melancholia, ossia la bile nera di aiaciana memoria, non è un sentimento solo per pochi esseri umani che vivono in una società alienante come quella attuale, infatti Jean Starobinski la individua e la analizza già a metà anni Settanta nel suo bel saggio sull’Aiace di Sofocle, presente nel suo libro I Tre furori, fissandola poi definitivamente in un suo più recente testo, L’inchiostro della malinconia. Il film di Jarmusch però, sembra ribaltare l’analisi starobinskiana, laddove alla furia cieca di Aiace dominato inconsapevolmente dalla bile nera, caratterizza i protagonisti dotandoli di astuzia, intelligenza e forza di persuasione che gli derivano dalla consapevolezza di aver vissuto epoche migliori. Nel film i vampiri non subiscono situazioni estreme cadendo nella violenza o nell’inerzia dominati da un potere superiore, bensì, consci di essere il prototipo del genere umano, solo alla fine, in seguito alla morte del loro nume tutelare, Cristopher Marlowe – John Hurt, si vedono costretti dalla loro natura vampiresca a nutrirsi attraverso il loro rituale più atavico e naturale. In una società che ha abbandonato l’immaginazione, la fantasia e la comunicazione umana, solo i veri amanti riescono a sopravvivere cercando, attraverso la Melancholia e l’astuzia, di celebrare l’essenza profonda e più veritiera dell’essere umano e dei suoi impulsi più naturali. Jarmusch realizza un film elegante, pieno di fascino e non privo di risvolti sottilmente ironici, accompagnandolo con una colonna sonora magistrale, non dimenticandosi di rendere omaggio, attraverso una fotografia messa accanto a quelle di altri grandi del passato quali Shakespeare, Lord Byron, Darwin, Mark Twain, a un suo caro amico, quel genio assoluto che è stato Joe Strummer, scomparso prematuramente nel dicembre del 2002. In un film nel quale la bellezza delle notti, grazie a un sapiente uso della fotografia da parte di Yoricjìk Le Saux, risalta tanto quanto la colonna sonora, non ci resta che concludere che Only lovers left alive… because the night belongs to lovers!