di Valerio Evangelisti

ScheggeTaglienti[In tanti lo richiedevano, anzi lo reclamavano, e finalmente eccolo: l’Agenzia X ha mandato in libreria un’antologia dei corsivi che ogni lunedì, da anni, Alessandra Daniele pubblica su “Carmilla” (Schegge taglienti, pp. 192, € 15,00). Il volume può essere acquistato, a prezzo scontato, anche on line presso i maggiori siti specializzati e in quello della casa editrice. Propongo qui la mia introduzione, e condivido l’orgoglio di tutti i redattori per l’uscita del primo libro scaturito direttamente dalle pagine di “Carmilla”. Brava Alessandra!]

A COME ALESSANDRA

Con l’arrivo di Alessandra Daniele in redazione, in “Carmilla” cambiarono molte cose. La nostra testata si era sempre sforzata di conciliare temi letterari e altri di taglio politico, ma ci era riuscita solo in parte. Gli articoli sulla letteratura e quelli dedicati alla politica restavano il più delle volte distinti, e solo raramente riuscivamo a operare una sintesi. Ed ecco che appare questa “infernale” giovane palermitana con una raffica di raccontini brevissimi, in cui la genialità della trama si sposa a un palese spirito polemico. “Carmilla” diviene finalmente quale i fondatori l’avevano concepita, e il numero dei lettori si espande velocemente.

I primi contributi di Alessandra (detta “Alez”) furono di due tipi. Una serie di schede sui maggiori autori della fantascienza, materia in cui è competentissima, e racconti fulminanti (per lo più anch’essi di sf), di poche righe e dal linguaggio stringato. Si poteva pensare a maestri della narrativa breve, come Robert Sheckley, Richard Matheson o Fredric Brown. C’era però una differenza. Alessandra Daniele era più breve ancora e molto più cattiva.

Definire quelle storie “nere” era dire poco. I protagonisti cadevano regolarmente vittime di uno scherzo crudele, anche quando erano stati essi stessi ad architettarlo. Tiranni, aguzzini, potenti, capi religiosi finivano in un tritacarne che si concludeva spesso in uno smembramento, in una decapitazione, o comunque in una fine sordida, loro e di un bel po’ di “vittime collaterali” (in certi casi l’intera umanità). Quanto più i personaggi principali erano arroganti, onnipotenti, sicuri di sé, tanto più era certo un esito spaventoso, che li avrebbe ridotti a brandelli. E i protagonisti “buoni”? Non c’erano, che io ricordi, protagonisti buoni. Al massimo dei complici o dei servi. Dunque non c’era salvezza per nessuno.

Rimasi totalmente sedotto da questo tipo di narrativa, feroce e spietata, antitetica al racconto magari bello e di protesta, ma pulitino e perbenino. In passato ero stato giudice unico di testi brevi, alcuni dei quali, si presume i migliori, destinati al catalogo di una nota casa editrice specializzata in fantascienza. Non mi ero mai imbattuto in nulla di simile. Centinaia e centinaia di pezzi senza capo né coda, oppure che crollavano nel finale, ammesso che l’esordio reggesse. Quasi un quarto obbedivano allo schema del famoso racconto di Brown La sentinella. Si crede di avere a che fare con terrestri che combattono gli alieni, e invece è il contrario. Nella variante più originale che lessi i presunti umani erano in realtà orsi polari. Stomacato, una volta rifiutai di attribuire il premio, poi rinunciai all’incarico (del resto gratuito).

Invece in Alessandra Daniele nulla era scontato. La storia era sempre originale, la chiusa inattesa, spiazzante, brusca e cattiva. I riferimenti all’attualità si sprecavano. Non so se fu lei a proporre a me di passare dal raccontino alla satira, o viceversa. Ne nacque la sua rubrica su “Carmilla” del lunedì, “Schegge taglienti”.  Divenuta quasi una droga per decine di migliaia di lettori, e veicolo di picchi di contatti. Moltiplicata dal rimbalzare sul web e sui social network.

Il pensiero di chi ha la mia età corre al prototipo della satira oltraggiosa, il mensile parigino “Hara-Kiri” della fine degli anni Sessanta fino ai primi anni Ottanta. Si autodefiniva Journal bête et méchant, ebbe la sua influenza sul maggio ’68. In Italia ci fu chi provò a riproporlo pari pari sotto i titoli “King Kong” e “L’Arcibraccio”. Non ebbe successo. Il lato stupido, bête, aveva lo stesso peso di quello méchant, cattivo. La cacca, primo oggetto di risate infantili, la faceva da padrona, così come il sesso in forme non di rado maschiliste. I testi erano totalmente subalterni al peso preponderante dei fumetti (di autentici maestri, quali Wolinski, Reiser, Siné e tanti altri) e, soprattutto, delle foto ritoccate e corredate di dialoghi assurdi.

Da noi una satira “alla Alessandra Daniele”, trascurando il bravissimo Fortebraccio de “L’Unità”, può essere in parte rintracciata in testate come “Il male” e “Cuore”, entrate giustamente nel mito. Neanche lì, però, tra sprechi di genialità mai più raggiunti, è facile imbattersi in qualcosa di equiparabile alle rasoiate di Alez. La loro perfidia concentrata è senza paragoni. Normalmente l’autrice riduce a pupazzo il suo bersaglio, sia uomo politico, di spettacolo o altro. Poi lo affetta a colpi di calembour, arte in cui eccelle, e di frasette secche e incalzanti. La vittima, del resto, ha fin dal titolo e dalle prime righe perso ogni dignità. Nell’epilogo è un mucchietto di spazzatura da gettare.

La popolarità di Alessandra Daniele è in continua crescita, e anche fuori dal web si comincia a citarla. Era dunque venuto il momento di un’antologia della sua produzione, come in tanti chiedevano. Non è stato facile trovare l’editore giusto. Una casa editrice di medie dimensioni, per esempio, chiedeva che dagli articoli da pubblicare fosse espunto ogni riferimento alla politica. Ridicolo. In Alez tutto è politica, a partire dalla sua intransigenza – cioè dalla severità di un approccio che non è moralista, ma profondamente morale. E’ perfida perché indignata contro perfidi mistificatori. Li schiaccia come insetti perché tali sono, e ce ne offre il carapace svuotato, dopo avere mostrato che conteneva stoppa. Così interpreta un sentimento generale, che siamo in genere incapaci di esprimere con tanta lucida rabbia.

Secondo me, si tratta di arte, e di letteratura. Certi epigrammi di Marziale contenevano lo stesso potenziale sovversivo, anarchico ante litteram. Alcuni celebrati umoristi di oggi spacciano invece per satira brode insipide e allungate, in cui nove volte su dieci si sorride invece di ghignare. Alez è di tutt’altra indole, e alla base delle stilettate che infligge c’è un accumulo evidente di bravura, di intelligenza e, perché no, di cultura.

Sono convinto che molti condivideranno il mio giudizio, dopo avere letto questa antologia. I periodi di lotta, il ’68, il ’77, sono stati anche grandi momenti di satira. Alez ne precorre un altro, più aspro, più duro. Attendevamo V per Vendetta. E’ arrivata A come Alessandra. O come Anarchia, che è in fondo la stessa cosa.