di Vittorio Catani

[Racconto incluso nella nuova antologia personale del’autore Chimere senza tempo. La precedente puntata è qui.]

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Trascorse tempo. Settimane. Il primo a scomparire fu Mango. Loli in realtà se l’era aspettato, perché Mango era sempre stato molto vicino a Bess e perciò tenuto d’occhio come era stata lei. Era una controprova che essi erano al corrente, sapevano del macabro rogo e li avevano scoperti. Ora che del gruppo erano rimasti solo lui e Trizia, evitavano con estrema cura Cortile Corvino, Quartiere Quarzite e gli altri vecchi posti.
Poiché aveva abbandonato da tempo qualsiasi altra relazione sociale, né desiderava cercarne nuove, Loli prese a frequentare più regolarmente la propria casa, anche per ridurre i sospetti. D’altronde quelli avevano sistemi imperscrutabili, e volendo l’avrebbero ripescato pure in capo al mondo.


Loli doveva dedicarsi due ore al giorno, non meno, al vecchio terminale installatogli dalla Centrale di Quartiere pena l’azzeramento della sua piastra di credito. E ora non voleva più essere costretto a vivere di espedienti. Allora sbrigava i suoi semplici compiti dalle tre del mattino in poi. Si trattava di captare via monitor e catalogare oggetti inorganici sparsi per Città-Bazaar tramite le microcamere di quartiere; i dati venivano convogliati alla Sezione Statistica, ma i dettagli di quel lavoro — che probabilmente aveva a che fare con il degrado ambientale e il riciclaggio di materiali — gli sfuggivano e comunque non gliene fregava nulla. Appena smesso tornava a letto, faceva tranquillamente l’amore con Trizia e dormiva fino a giorno inoltrato. Poi uscivano.
Il più delle volte bighellonavano per i vicoli, acquistavano qualcosa, lattine di birra, un gelato. Si osservavano intorno guardinghi. Ma più tempo trascorreva, più Loli trovava insopportabile l’idea di andar fuori. Finì per restare per tutto il tempo in casa. Si alzava tardi e faceva la spola tra un cuscino e una stuoia, i capelli arruffati, la barba lunga, scrutando con occhio quasi maniacale i movimenti di Trizia nella casa scura, silenziosa.
In certe mattine — era estate — il loro piccolo balcone quadrato si riempiva di vera luce solare. Erano a sessanta metri dal suolo in uno squallido interno di vecchi palazzi scuri, sporchi e sbrecciati. Loli prendeva i cuscini, si spogliava e si stendeva fuori con la testa ficcata nel mankie. Da giù salivano voci attutite di ragazzi che giocavano i soliti giochi, ma Loli, sospeso nel suo piccolo cubo privato d’aria tropicale, inseguiva sogni colorati. Così trascorreva un tempo senza tempo fra ricordi, amnesie, banalità esasperanti.
Era notte e Loli disse:
— Secondo te aveva qualche storia personale con gli uomini senza occhi?
Nel buio lui oscillava sopra Trizia lentamente, prima di debilitarsi in uno dei Lev4.jpgsuoi orgasmi. E improvvisamente urlò. Senza sapere perché, aveva appena vissuto una specie di visione onirica: era in un gruppo che assaltava una Centrale e aveva picchiato uno di quelli, con tutte le energie. Una visione di tale tangibilità che l’aveva fatto gridare.
— Amore — sussurrò Trizia equivocando e corrispondendo con rinnovata foga — ma… chi? Di chi parli?
La sensazione era svanita. Raggiunto l’orgasmo, Loli scivolò accanto a lei giacendo in silenzio. Poi: — Lui, lui, Mango, maledizione!
— Ci pensi ancora — esclamò Trizia sorpresa. — Tu speri ancora in un suo ritorno. Perché? — Sospirò. — Sai bene come vanno queste cose.
— È vero. Mango non tornerà mai! — Lo disse con troppa veemenza. Non sarebbe mai tornato, come Bess.

* * *

Iniziò con il monitor un gioco a rimpiattino al quale partecipavano frammentari ricordi, le sue rozze conoscenze e la banca-dati cui si collegava. COORDINATA ANTROPICA. COSTANTE COSMOLOGICA. L’unica traccia che possedeva erano poche espressioni oscure pronunciate dall’uomo senza occhi prima di morire bruciato. Mango avrebbe certo saputo risalire oltre quel tenue filo, scoprire altre cose. — Merda! Quest’aggeggio deve servire a qualcos’altro che rovistare nel luridume di Città-Bazaar — s’intestardiva al terminale.
— Devi essere prudente, Loli, tanto prudente — gli ripeteva Trizia. — Pensa che le linee saranno sorvegliate, lo capisci?

È FACILE IMMAGINARE UN UNIVERSO DEL TUTTO DIFFERENTE DA QUELLO OSSERVATO. PER ESEMPIO, CAMBIANDO I VALORI DI CERTE COSTANTI FISICHE POSSIAMO IPOTIZZARE UN COSMO IN CUI GLI ELEMENTI CHIMICI PIÙ PESANTI DELL’ELIO NON SI FORMANO MAI, O IN CUI TUTTE LE STELLE SONO GRANDI, CALDISSIME E DI BREVE VITA. IN CASI SIMILI È IMPROBABILE CHE POSSA APPARIRE UNA VITA INTELLIGENTE. POSSIAMO PERALTRO SUPPORRE UN CONTESTO IN CUI LE LEGGI FISICHE, LE FORZE GRAVITAZIONALI, LE REAZIONI NUCLEARI E COSÌ VIA SIANO APPENA DIFFERENTI DA QUELLE IN ATTO NELLA NOSTRA REALTÀ. MODESTE VARIAZIONI IN QUESTI CAMPI POTREBBERO PORTARE A CONSEGUENZE LOGICHE DI GRANDE SCONVOLGIMENTO NELLA MATERIA E NELLA STRUTTURA STESSA DI UN SIMILE UNIVERSO. SE NONOSTANTE CIÒ ESSO CONSENTISSE LA VITA UMANA, È PLAUSIBILE DEDURRE CHE ANCHE I RAPPORTI FRA TALI INDIVIDUI, LA LORO PSICOLOGIA, SAREBBERO RADICALMENTE DIFFERENTI DA QUELLI CHE CONOSCIAMO.

Loli conservava cocciutamente copia delle videate in un luogo che riteneva sicuro. Pensava sempre a Mango. Se fosse giunto il momento… se lui fosse tornato…

TUTTE QUESTE IPOTESI SI RICOLLEGANO ALLE REALI CONDIZIONI INIZIALI DELL’UNIVERSO, CIOÈ AL MICROISTANTE DI AVVIO DEL BIG BANG. NON CONOSCIAMO ANCORA QUALI FOSSERO QUESTE CONDIZIONI E PERCHÉ ESSE ABBIANO ORIGINATO LE ATTUALI LEGGI FISICHE E NON ALTRE, NONOSTANTE LA SCIENZA SIA OGGI IN GRADO DI RISALIRE VICINISSIMA AL MOMENTO DELL’INIZIO, CIOÈ A 1 ELEVATO —42,9 SECONDI DALLA ESPLOSIONE PRIMORDIALE. TUTTAVIA…

Ricomparvero una notte appena prima dell’alba.
Loli avvertì una tensione nella stanza, sbarrò gli occhi al buio stringendo la mano di Trizia e sentì intorno presenze rigide. — Non muoverti — gli sussurrarono — hai davvero finito, adesso.
Era ancora a casa sua, o già alla Centrale? Lo spazio intorno si era dilatato e osservava i volti ingigantiti, immobili, di quegli uomini come dipinti su un lontano cielo nero. Questa distanza crebbe, e Loli si ritrovò al centro di una sfera cava sul cui equatore, attorno a lui ma a milioni di miglia, si affacciava uno zodiaco di facce schiacciate e glabre che lo fissavano impenetrabili, sciogliendosi lente, fondendo tra loro. Iniziò a ricevere piccole correnti sottocutanee che degeneravano in maniera dolorosa. Una voce ronzante, vicinissima, disse:
— Assassino. Degenerato, animale. Credi di essere un eroe, di aver compiuto azioni eccezionali, di poterti vantare per aver torturato e ucciso più di una volta, solo per il gusto dell’atto gratuito? Non parlarci di vendetta… Siete sterco, zavorra, miseri personaggi ripetibili simili a centomila altri, appiattiti perfino nel colore dei vestiti o per la marca del mankie. Non avete nemmeno l’attenuante di una bandiera.
Loli si contorceva, e di tutto quanto ascoltava capiva anzitutto una cosa: non era al cospetto di un qualunque uomo senza occhi. Chi parlava in quel modo doveva trovarsi ai gradi alti della gerarchia. Era un linguaggio da peggior tipo di padrone: quello erudito.
— La repressione — urlò Loli — è la cattiva coscienza del vostro malgoverno. Siete dei deboli! — Improvvisamente aveva ricordato queste parole, che erano di Bess. Ma il gioco per lui era durato abbastanza. Alle macchie confuse dei volti — galassie di fango in fuga — gridò ancora: — Imbecilli, lo so che mi ammazzate ma arrivate al momento sbagliato. Non me ne frega niente di andarmene, non vi farò godere della mia morte!
Si sentì svuotato, Bess l’aveva portato con sé tanto tempo prima. Poi s’impose di staccare lo sguardo da quei volti e la coscienza dalle correnti dolorose, per non percepire più niente di quello scempio, niente di niente.

* * *

Molto più tardi Loli si accorse di essere libero, a girovagare nei vicoli di Città—Bazaar con in mano l’inseparabile mankie sotto la pioggia della solita orina verdastra, tra la folla frusciante. Non riuscì mai a collegare bene fra loro gli ultimi eventi, ma non se ne fece un problema. Di Trizia non seppe più niente: andata, anche lei, come Mango (sì, ammise spesso a se stesso di rimpiangerla). Aveva maturato un’unica certezza: se non l’avevano ucciso non era stato per fargli un favore. Era la prova che le Centrali stavano davvero preparando la riprogrammazione dell’uomo. Forse presto non ci sarebbe stato più bisogno di penalizzare nessuno. Magari avevano cominciato proprio non sporcandosi le mani con lui.
…Pare sia realmente accaduto. Un pomeriggio.
O almeno Loli ha la convinzione di essersene accorto, anche se è stato solo un caso: non scendeva l’orina e il cielo era di un raro azzurro terso come gli piace tanto. Mentre fissava quel blu, esso è divenuto di una frazione infinitesima più cupo, c’è stato un fremito nelle cose intorno, un che d’indefinibile. Un trasalimento della natura simile a una banale aritmia, poi… il cuore dell’universo ha ripreso a pompare. Ma qualcosa è mutato, irreversibilmente.
È stato quello, il momento temuto? Il diaframma trasparente ma invalicabile tra il caos di ieri e l’armonia di oggi? Forse a Città-Bazaar soltanto Loli, della folla insensibile, sapeva e se n’è accorto. Ha avuto un presentimento improvviso, come un colpo di maglio, che lo ha fatto ribollire come un vulcano. Gli è salito su un calore di lava incandescente e gli è venuta la voglia incontenibile di urlare, maledire, piangere. Si è arrestato furibondo, ha alzato un pugno al cielo, ha detto: — Ah…! — Dopo un po’ ha richiuso la bocca, riabbassato il braccio, lo sguardo, si è rimesso a camminare in silenzio.
Sia stato o no quello il momento, da allora a Città-Bazaar si registrano rarissimi casi di violenza. L’altro giorno Loli ha visto in un vicolo in piena luce, sotto una lercia coperta scura, un uomo che si accoppiava con una ragazzina (segno forse che vi sono individui in cui certi istinti superano anche le nuove leggi universali); proprio stamani, in un inseguimento, un uomo senza occhi ha ucciso — ma involontariamente — un tizio in un supermercato (anche questo è tra gli incidenti che possono sfuggire alle programmazioni cosmiche); ma per il resto una differenza rispetto al passato c’è. Non nel banale senso che, per esempio, l’acqua distillata al livello del mare bolle a 103° C; o che la velocità di rotazione della Terra si è accorciata di alcuni secondi; che l’analisi della radiazione ultravioletta mostra nuove caratteristiche inverosimili, la vecchia costante di Planck è sottilmente variata, e via dicendo (pare che questo esperimento non abbia trasformato solo la Terra: le sue conseguenze starebbero dilagando per l’universo, ma nella folla e nella follia di Città-Bazaar a chi interesserebbero simili quisquilie?) Se una differenza c’è, essa è soprattutto nel fatto che il migliore dei mondi possibili oggi pare si ritrovi proprio qui; ritenendosi ovviamente la pacificata Città-Bazaar campione attendibile del pianeta.
E gli uomini delle Centrali? In quanto entità psicofisiche, essi stessi non sfuggono, quand’anche appartenenti alle Centrali più inaccessibili e segrete, alle nuove costanti antropiche che interessano il mondo. La gente comune si rende conto che c’è qualcosa di strano, indefinibile, il che è un valido motivo per continuare a trascinarsi con stomaco e cervello più imbottiti di stupex. Quelli delle Centrali dovrebbero consolarsi pensando che, pur avendo avviato un processo incontrollabile, detengono sempre le leve del comando. Ma a volte questo pensiero non li conforta, probabilmente per un effetto di assuefazione. Tutti avvertono una sorta d’impotenza, di camicia di forza che li spinge a muoversi come formiche agitate, rancorose, inebetite e incazzate. Ma ordinate.
Loli è stato spesso a trovare Bess, ma ieri notte fra loro due è accaduto qualcosa di nuovo. Lei gli stava dinanzi stesa nel sole, sull’erba verde, il viso ricco di grazia e di efelidi. Era a torso nudo e le brutte ferite della freccia si erano rimarginate; e lui le narrava con sguardo amorevole e frasi smozzicate dall’emozione di come fossero imminenti lo smantellamento delle Centrali di quartiere e le dimissioni di intere legioni di uomini senza occhi. Con un sorriso, Bess aveva ripreso a parlargli proprio dal punto in cui l’energumeno quel giorno lontano l’aveva interrotta brutalmente:
— Loli… è bello, bellissimo poter vivere finalmente senza…
Il seno minuscolo e sodo era l’ottava meraviglia del mondo, anche se la pelle appariva a grana grossa, come l’ingrandimento olo di una foto arcaica, o come un ricordo sempre più sbiadito.
— …Vivere finalmente senza avere più paura di…
Poi di colpo Loli si è sfilato il mankie, l’ha gettato dietro le siepi di Cortile Corvino e, mani in tasca, si è avviato per le strade di Città-Bazaar.