di Philippe Rivière
Harrison H. Schmitt, l’ultimo uomo ad aver messo piede sulla luna, sta per festeggiare il suo settantesimo compleanno. Era il 1972. Dopo, l’avventura spaziale non ha mai ritrovato l’entusiasmo popolare che aveva suscitato nel pieno della guerra fredda. Ma diversi progetti rilanciano oggi quell’attrattiva. I viaggi in orbita si banalizzano, piuttosto che democratizzarsi. Alcuni miliardari si regalano qualche viaggio intorno alla Terra nella stazione spaziale internazionale (1). E persino dei semplici milionari, dopo il successo di SpaceShipOne – il primo aereo spaziale privato ad aver effettuato due voli a meno di cinque giorni d’intervallo – possono ormai pagarsi il privilegio di contemplare dall’alto il Pianeta blu. Il 4 ottobre 2004, il costruttore di questa astronave (2), si vedeva attribuire l’Ansari X-Prize, un premio di 10 milioni di dollari. Era il segnale di partenza per la conquista dello spazio da parte dei privati. Ma tutto questo è solo un gadget a confronto con l’altro grande progetto spaziale con equipaggio. Non è più questione di fantascienza: tra non molto approderemo su Marte. Principale promotore di questa impresa, è Robert Zubrin, presidente della Mars Society, un’associazione internazionale che conta 6.000 membri (3).
La concezione che Zubrin [nella foto] ha di quest’avventura è radicale. Già ingegnere capo presso la Martin Marietta Aeronautics (assorbita nel 1995 dalla Lockheed Martin), con il suo libro Rotta verso Marte, (4) recentemente tradotto in francese, Zubrin ci offre un testo sorprendente a difesa e illustrazione della sua tesi sintetizzata nello slogan «Mars Direct».
Il progetto prevede l’invio, nel gennaio 2014, di un primo velivolo con destinazione Marte mediante un’apparecchiatura di lancio del tipo usato per i razzi Saturno V (Stati uniti) o Energia (Russia).
La Luna è totalmente ignorata: a conti fatti, ci vuole meno energia per raggiungere il pianeta rosso, circondato, a differenza del nostro satellite, da un’atmosfera che consente di frenare senza dispendio di propergol, il carburante usato per il lancio di razzi. Successivamente il piano prevede di lanciare ogni due anni (intervallo dettato dal periodo di rivoluzione dei due pianeti intorno al Sole) due altri razzi: il primo dovrebbe depositare il suo equipaggio, dopo 180 giorni di volo, accanto al veicolo lanciato due anni prima, che servirà per far tornare a terra i due astronauti; l’altro sarà senza equipaggio e consisterà unicamente in un nuovo modulo di ritorno per la missione successiva. Per visitare i dintorni e compiere esperimenti, i quattro esploratori avranno a disposizione 550 giorni: un periodo straordinariamente lungo, a garanzia dell’interesse scientifico della missione. L’astuzia del provvedimento è tutta nella sua (relativa) leggerezza: il veicolo per il ritorno parte vuoto, e produce sul posto il suo propergol decomponendo chimicamente l’atmosfera marziana grazie al generatore elettrico in dotazione. Robert Zubrin ha dimostrato – sia pure con mezzi relativamente limitati – la fattibilità tecnica di questa operazione di sfruttamento delle risorse locali. Inoltre, ogni missione lascerà sul posto il suo «hab», o modulo abitativo; e ciò consentirà a tempo debito di installare sul suolo di Marte una missione scientifica permanente. L’autore cerca di convincere il grande pubblico. Navigazione nel sistema solare, chimica dei propulsori, calcolo delle quantità di viveri, traiettorie per evitare dosi eccessive di radiazioni, definizione di un orologio e di un calendario locale, metodi per orientarsi senza bussola a seconda della posizione delle lune, Deimos e Phobos. Una profusione di spiegazioni pedagogiche molto riuscite; fanno di Rotta verso Marte un libro da studiare al liceo, e un best seller negli Stati uniti. Rober Zubrin gioca tutto sulla nozione di «nuova frontiera», si richiama alla storia dei pionieri del West per progettare lo sviluppo di una futura popolazione umana marziana (stavolta senza indiani da sterminare), assegnando alla proprietà privata e allo spirito imprenditoriale le funzioni di principali motori della colonizzazione spaziale. Ma che si tratti di missioni organizzate su mandato delle attuali potenze spaziali (Stati uniti, Europa e magari la Cina) o per incarico di qualche multinazionale, l’ingegnere non lascia dubbi su un punto: esiste ormai un piano non solo realista, ma realizzabile a breve termine per colonizzare Marte.
È già nata la generazione che andrà a stabilirsi sul pianeta rosso.
NOTE
(1) Leggere Robert Bell, «Une station spatiale ruineuse et inutile», Le Monde diplomatique, febbraio 1999.
(2) Società diretta da Burt Rutan e finanziata dal cofondatore di Microsoft, Paul Allen.
(3) Sezione francese: Planète Mars, 28, rue de la Gaîté, 75014 Paris.
Si noti che gli iscritti all’associazione sono patiti del pianeta Marte, ma non tutti concordi sulle posizioni di Robert Zubrin in materia di colonizzazione di Marte e della sua «formattazione terrestre».
(4) Robert Zubrin, Cap sur Mars, un plan pour l’exploration et la colonisation de Mars par l’Homme, Edizioni Henri Goursau, Saint-Orens de Gameville, 2004, 400 pagine, 23 euro (tel. editore : 05-61-39-26-40, www.goursau.com).
[da Le Monde Diplomatique – traduzione di E.H.]