Una lettura dell’immaginario della modernità tra arte e costume

di Antonio Cerchiari

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Gioacchino Toni, Gianluca Ruggerini, Gli stili nel tempo. Eesperienze artistiche ed elementi di costume nell’età moderna, Edizioni Clitt, Roma 2005, 352pp, Euro 22,40
[Attualmente il volume è in vendita solo presso le librerie che trattano testi scolastici. La redazione di Carmilla On Line, con cui uno degli autori, Gioacchino Toni, ha più volte collaborato, si associa al recensore nell’auspicare che l’opera sia diffusa anche nelle librerie normali. Si tratta infatti di un’introduzione alla storia dell’arte e del costume capace di interessare, per l’intelligenza e la novità della sua concezione, lettori d’ogni tipo.] (V.E.)

Gli stili nel tempo rappresenta un’importante novità in ambito editoriale, visto che si tratta del primo esempio di manuale che collega con metodo esperienze artistiche e costume, in senso lato, ed abbigliamento, in senso stretto.


Diciamo immediatamente che, nonostante venga presentato come manuale di Storia dell’arte e del costume (dunque la distribuzione esclusivamente presso le librerie scolastiche), il testo di Gioacchino Toni e Gianluca Ruggerini meriterebbe in realtà una diffusione più ampia, tale da consentire agli argomenti proposti – e alle modalità con cui sono trattati – di raggiungere agevolmente quel pubblico potenzialmente interessato ad una particolare lettura dell’immaginario moderno che sembra rifarsi, in parte, alla tradizione dei cultural studies anglosassoni. Non sono infatti qui le date delle “grandi battaglie”, o degli “avvenimenti ufficiali” a scandire la storia, quanto piuttosto le innovazioni tecnologiche e culturali, i mutamenti nei rapporti sociali e nelle consuetudini che strutturano l’immaginario collettivo di un luogo e di un’epoca.
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Gli autori evidenziano come quella che può essere definita la “modernità artistica” salpi, attorno alla metà del XV secolo, sull’onda di alcuni eventi propulsori, influenzanti in senso razionalistico il pensiero ed il costume dell’Occidente. Nello specifico vengono indicate la prospettiva scientifica, nella sua intenzione di ridurre lo spazio in termini matematici, e la stampa a caratteri mobili, quale strumento di standardizzazione e diffusione del pensiero moderno. Toni e Ruggerini riprendo studiosi come Erwin Panofsky, Marshall McLuhann e Renato Barilli, autori che, più di tutti, hanno insistito sugli stretti rapporti tra arte, tecnologia ed immaginario collettivo. Viene così esplicitato il nesso tra lo spirito razionalistico che permea il primo Quattrocento toscano e l’azione profonda operata sulle coscienze del tempo tanto dalla prospettiva quanto dalla tipografia, entrambe viste, in sostanza, come manifestazioni proprie del processo di conquista della scena da parte della borghesia.
La prospettiva scientifica, notoriamente individuata da Panofsky quale forma simbolica della modernità, nel suo proporre/imporre una precisa visione del mondo (strutturata su di un impianto concettuale propriamente razionalistico), viene indicata nel testo come sottofondo dottrinale che, un secolo e mezzo dopo la prima affermazione, implicitamente confermato dagli studi di Galilei, Cartesio e Newton, arriva a condizionare irreversibilmente la forma mentis dell’età moderna. Circa la rivoluzione introdotta dalla stampa a caratteri mobili, il testo riprende poi le argomentazioni addotte da McLuhann (che al riguardo ha parlato di “galassia Gutenberg”), mettendo in luce la portata culturale e le implicazioni sociali dell’ “omogeneizzazione” razionale e seriale insinuata dal medium tipografico. È a partire da queste premesse, dunque, che gli autori de Gli stili nel tempo analizzano una produzione artistica avviata — a partire dal Quattrocento, seppur lentamente e localmente – ad affrancarsi dal dogmatico confronto con la realtà storicamente impostole dalla teologia, una produzione artistica orientata ad un nuovo rapporto, laico e razionale, con la rappresentazione del mondo.
La lettura fenomenologica delle trasformazioni e delle invarianze espressive proposta dal testo si sviluppa recuperando quello che Rentato Barilli definisce il primo studio sistematico dell’evoluzione stilistica: la cinquecentesca trattazione vasariana. Le tre diverse “maniere” individuate dall’aretino per ordinare il panorama artistico tra la fine del XIII e la metà del XVI secolo sono infatti riprese sull’onda del sottostante, originario sforzo di lettura metodologica. La trattazione vasariana, notoriamente legata ad un’idea di sviluppo artistico finalizzato alla resa mimetica della realtà, risulta dunque il punto di partenza dell’analisi proposta da Toni e Ruggerini. Da qui, gli autori procedono recuperando le teorie del puro-visibilismo, introdotte sul finire del XIX secolo da Konrad Fiedler, Adolf Hildebrand ed Hans von Marées e sviluppate ulteriormente, ad inizio Novecento, da Heinrich Wölffin.
Complessivamente, la lettura dell’epoca moderna condotta da questo manuale risulta estremamente coerente, centrata com’è sull’applicazione di una griglia concettuale di riferimento. Nessuna trattazione “impressionistica” relativamente ai singoli autori o alle diverse opere, nessun cedimento aneddotico alle leggende e ai miti proliferati attorno agli artisti. Le esperienze espressive sono, in altre parole, riportate con i “piedi a terra”, analizzate e proposte all’interno di un “sistema arte” indagato in quanto proprio di un’epoca specifica ed a sua volta inserito all’interno di un contesto culturale, sociale e materiale altrettanto specifico.
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Di pari passo all’analisi della produzione artistica, il testo si preoccupa in tal senso di «ricomporre il quadro generale delle consuetudini di vita dell’epoca, in termini di immaginario collettivo, di moda ed abbigliamento in senso stretto, di orientamenti di gusto in senso lato, nonché di comportamenti sociali». All’interno di queste ricostruzioni di contesto, si intrecciano considerazioni specifiche sull’abbigliamento e sulla moda. Gli autori indicano chiaramente come con il termine costume intendano riferirsi a quei «valori ideali condivisi da una collettività di individui storicamente e culturalmente determinata […] ad usanze e credenze costanti e permanenti che caratterizzano, in una data epoca, il comportamento, il modo di essere, la vita sociale e culturale di una collettività».
Circa l’abbigliamento, il testo si sofferma soprattutto sul suo ruolo di mezzo di comunicazione che «ha a che fare con le relazioni che intercorrono tra gli individui all’interno di una determinata società». A tal proposito, particolarmente interessanti sono i riferimenti alle leggi suntuarie che hanno disciplinato, ben oltre l’abbigliamento, i rapporti di potere all’interno delle comunità. Dall’analisi degli autori, si evince in prima battuta come gli albori della modernità abbiano sancito la nascita del concetto stesso di moda; se il costume tradizionale — ieri come oggi – rappresentava l’invarianza di ciò che aveva a che fare con la vita quotidiana, la moda si è storicamente imposta come vera e propria proposta alternativa, tensione al rinnovamento.

Dal punto di vista dell’analisi delle esperienze artistiche, si segnala l’estrema importanza riservata alle poetiche manieriste – qui affrontate riprendendo l’impianto proposto dalla recente pubblicazione di Renato Barilli (Maniera Moderna e Manierismo, Feltrinelli, Milano 2004) — lette quali alternativa al Rinascimento maturo (non a caso prontamente recuperate dai contemporanei nel loro volersi “liberare” dai dettami rinascimentali). Degna di nota è anche l’indagine del Seicento barocco nelle sue tendenze realiste, classiciste e sensualiste e l’analisi delle varianti stilistiche caratterizzanti la fine XVII ed il XVIII secolo. Il testo si chiude con lo studio dell’epopea neoclassica, qui presentata non solo come contrapposizione alle torsioni dell’illusionismo secentesco, ma soprattutto nel suo indirizzarsi a semplificazioni stilistiche che sembrano anticipare il futuro superamento della modernità artistica.
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Dal punto di vista delle consuetudini di vita e dell’immaginario collettivo, gli autori si soffermano su alcuni snodi epocali, tra questi si segnalano: il rapporto tra le già citate leggi suntuarie e lo sviluppo dell’abbigliamento (nei suoi legami con gli eventi culturali e materiali che attraversano le società); la donna agli albori dell’epoca moderna (indagata nel ruolo subalterno impostole di moglie e madre); la nascita del teatro moderno (nel differenziarsi sempre più rispetto alla funzione religiosa, e piegarsi ai desideri di laica autocelebrazione della borghesia mercantile); la ricaduta in termini di immaginario collettivo della conquista del Nuovo Mondo (proponendo il dibattito sviluppatosi in Europa circa il modo con cui guardare alle nuove popolazioni scoperte); lo svilupparsi della Riforma protestante e della conseguente Controriforma cattolica (eventi che oltrepassano decisamente l’ambito dottrinale finendo per incidere pesantemente e diffusamente sul costume sociale); la rivoluzione scientifica e la rivoluzione astronomica (nel loro epocale portato di novità in termini di percezione della realtà); il fenomeno della caccia alle streghe (analizzato non solo dal punto di vista della ricostruzione storica del fenomeno, ma anche nei meccanismi che sviluppano la produzione del capro espiatorio di turno); la costruzione dell’immagine del potere (volta a costruire e preservare rigide gerarchie sociali); il fenomeno della recinzione delle terre, del controllo delle risorse e dei flussi migratori (autentiche premesse della Rivoluzione industriale).