di Giuseppe Genna
E’ da quando sono nato, alla fine del 1969, che una voce buccinante e davvero cattiva mi perseguita. Non un pettegolezzo: si tratta proprio di una voce fisiologica e tonale. Parla un idioletto americano irritante soprattutto per le cose che dice, oltre che per le modulazioni foniche. E’ la voce del padrone che si fa sentire qui in Italia. E’ la voce di Edward Luttwak.
Questa voce ha una faccia. Che è brutta, il che non aggrava affatto la posizione dello stratega dei servizi segreti di Oltreoceano: anche io non sono propriamente bello, ma sento di avere il diritto di parlare. Soltanto, io non parlo in ogni momento storico in cui viene deciso, con malizia arroganza e crudeltà, l’assetto geopolitico mondiale. O, se parlo, non parlo alle masse come se incarnassi una verità metafisica. Il che, invece, fa Luttwak. Chiunque assista al pietoso spettacolo antropomorfo di Porta a Porta, appena la tensione internazionale reclama attenzione, avrà visto e sentito sproloquiare questo supposto studioso. Studioso di cosa? Del colpo di Stato segreto. Davvero. Nel 1968 Luttwak ha pubblicato Strategia del colpo di Stato: libro quasi introvabile, da cui adesso estraiamo alcuni passi significativi: per farvi capire chi è davvero il prestigioso ospite di Vespa e che cosa è accaduto in America negli ultimi due anni.
Non sono l’unico a denunciare questa situazione di controllo di massa attrverso il media televisivo. E non stiamo parlando di politiche berlusconiane. Come ricordava Furio Grimaldi, giornalista del Tg3 pittoresco (è quello del meteo col cagnolino) e straordinariamente impegnato sul piano civile (avendoci parlato, credo si tratti di una delle firme più credibili del panorama giornalistico italiano), è circa vent’anni che questo maestrino strapagato dall’intelligence Usa pretende di venire qui in Italia a insegnarci che cos’è la democrazia – cioè la democrazia secondo i dettami Cia. Grimaldi disse queste cose in diretta, sputandole sul faccione di Luttwak, alla presenza della sua allora direttrice Lucia Annunziata, la sosia di Jimmy il Fenomeno che attualmente siede sulla poltrona del presidente Rai. Infatti abbiamo visto tutti che rilievo è stato dato a Grimaldi negli ultimi anni.
Ma non è di Grimaldi che desideriamo scrivere. E’ proprio di Edward Luttwak, teorico del “turbocapitalismo”, teoreta dello spionaggio e del condizionamento di massa e, infine, asceta del colpo di Stato. Ci sono due modi di scrivere delle tecniche con cui si attua il colpo di Stato. La prima è quella che, prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, adottò Curzio Malaparte: denunciando le falle di un sistema politico, metteva sull’avviso i governi, per additare in Hitler e Mussolini i pericoli imminenti di una deriva autoritaria in Europa (il testo, Tecnica del colpo di Stato, con splendida autoprefazione di Malaparte, è appena stato ripubblicato dagli Oscar Mondadori). La seconda intenzione con cui si scrive un manuale simile è invece quella di insegnare davvero come si fa un colpo di Stato. Adesso vi citaniamo, in maniera del tutto asettica, alcuni passi del “manuale pratico” che Luttwak vergò nel ’68 (in Italia, l’editore fu Rizzoli). Soltanto, invitiamo a confrontare queste righe con ciò che è accaduto dall’elezione di Bush jr (imposta dalla Corte Suprema) fino all’attuale “guerra preventiva” in Iraq, con tutto quanto accaduto in mezzo (dagli attentati dell’11 settembre 2001 alla propaganda antipacifista irradiata dal regime americano):
“Il colpo di Stato non deve essere necessariamente assistito dall’intervento delle masse né, in grado significativo, dalla forza di tipo militare. […] Se un colpo di Stato non fa uso delle masse e delle forze armate, quale strumento di potere si userà per prendere il controllo dello Stato? La risposta, in breve, è la seguente: il potere verrà dallo Stato stesso”.
“Un golpe consiste nell’infiltrare un segmento anche piccolo, ma cruciale, dell’apparato statale, che poi verrà usato per togliere al governo il controllo di tutto il resto”.
“La prima condizione preliminare per un colpo di Stato è la seguente: le condizioni economiche e sociali del paese bersaglio devono essere tali da limitare la partecipazione politica a una piccola frazione della popolazione” [è esattamente la condizione degli Usa, dove vota una irrisoria minoranza].
[…] La seconda condizione preliminare del colpo di Stato è per conseguenza: lo Stato bersaglio dev’essere sostanzialmente indipendente e l’influenza delle potenze straniere nella sua vita politica interna deve essere il più possibilmente limitata. [è esattamente la situazione degli Usa: nessun alleato protegge la più grande potenza mondiale, che è totalmente autonoma]”.
“Se i burocrati sono collegati alla leadership politica, la presa di potere illegale deve avere la forma di una ‘rivoluzione di palazzo’, ed essenzialmente consiste nella manipolazione della persona del governante. Egli può essere obbligato ad accettare politiche e consiglieri, può essere ucciso o tenuto prigioniero, ma tutto ciò che accade nella rivoluzione di palazzo deve essere condotto solo ‘all’interno’ e da ‘interni'”.
“Tutto il potere, tutta la partecipazione, è nelle mani di una piccola élite istruita, benestante e sicura, e quindi radicalmente differente dalla vasta maggiornaza dei suoi concittadini – praticamente una razza a parte”.
“Noi vogliamo prendere il potere all’interno del sistema presente. […] Noi dunque avremo un compito duplice: imporre il nostro controllo alla macchina dello Stato e allo stesso tempo usarla per imporre il nostro controllo al paese nel suo complesso”.
“Siano in un sistema bipartitico come nel mondo anglosassone, dove i partiti sono in realtà coalizioni di gruppi d’interesse, siano partiti basati su valori di classe o religione come nell’Europa continentale, i principali partiti politici negli stati evoluti e democratici non presentano una minaccia diretta a un golpe” [l’atipicità istituzionale del Movimento pacifista, quindi, rappresenta una minaccia a un golpe].
“Il nostro strumento sarà il controllo dei mezzi di comunicazione di massa. […] Le trasmissioni radio e televisive avranno lo scopo non già di fornire informazioni sulla situazione, bensì di controllarne gli sviluppi grazie al nostro monopolio sui media”.
“Dobbiamo fare ogni sforzo per sopprimere quel genere di notizie [trattasi della controinformazione]. Se qualche resistenza compare, dobbiamo sottolineare con forza che essa viene da ‘isolati’ ostinati individui, mal informati o disonesti, che non sono affiliati a nessun gruppo o partito importante. […] L’inevitabile sospetto che il colpo di Stato è opera delle macchinazioni della Compagnia [la CIA], può essere stornato attaccandolo violentemente e l’attacco sarà tanto più violento quanto più questi sospetti sono giustificati. Faremo uso di una selezione adatta e opportuna di frasi sgradevoli, […] che restano utili come indicatori del nostro impeccabile nazionalismo”.
L’autore di simili vergogne è l’uomo che nei momenti importanti appare in diretta televisiva sulle reti italiane di massima diffusione, non per darci informazioni sulla situazione, bensì per controllare gli sviluppi dei commenti, intervenendo col suo supposto prestigio (accordatogli da operatori mediatici di regime) a censurare le voci che innalzano la coscienza democratica a livelli di democrazia partecipativa e attiva preoccupanti. Preoccupanti per Luttwak e per il suo padrone, ovviamente.
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