Gunter Amendt – No drugs no future. Le droghe nell’età dell’ansia sociale – traduzione di Emilia Bianchini – Feltrinelli – 12 euro
Scrive Gunter Amendt: “No drugs no future. È proprio vero? Significa sul serio che è inimmaginabile un futuro senza droghe? È proprio vero e significa che le condizioni di vita umana nelle ricche società del Nord rendono indispensabile l’uso di sostanze psicoattive, senza le quali non è più possibile far fronte al lavoro e vivere risulta intollerabile. Azzardare una previsione sul futuro significato delle sostanze psicoattive, proprio nel pieno delle radicali trasformazioni in atto, può apparire una mossa avventata, visto che, come al solito, le previsioni statistiche sulla condizione sociale dell’uomo danno per scontato un processo di sviluppo lineare, senza punti di rottura, senza crisi di rifiuto personali e resistenze collettive. Tuttavia, è legittimo il tentativo di riflettere coerentemente e fino in fondo, attraverso il cosiddetto “problema droga”, le logiche del processo di modernizzazione neoliberista — alle quali, come insistentemente assicurano i propagandisti, non esiste alternativa. Per questa ragione seguo le tracce che la strisciante farmacologizzazione della quotidianità ha lasciato dietro di sé e mi domando che ne è dell’uomo, e che ne sarà una volta che le conquiste della biotecnologia avranno mostrato appieno i loro effetti”.
La politica internazionale proibizionista imposta dagli Stati Uniti costituisce uno dei più gravi errori, correggibile a patto di prendere le distanze dall’illusione di una società libera dal consumo di stupefacenti, accettando cioè le droghe come parte integrante della realtà. L’uomo contemporaneo vive in uno stato di permanente sovraccarico e si assiste a un aumento graduale della richiesta di farmaci per il ripristino di una “personalità armoniosa”. Non casualmente, questa tendenza si è manifestata all’inizio degli anni sessanta quando l’industria farmaceutica ha invaso il mercato con una gamma di prodotti (tranquillanti, sedativi, ipnotici e antidepressivi) promossi da una campagna pubblicitaria di dimensioni inaudite. La promozione di un farmaco come il Valium rappresenta uno dei maggiori successi di marketing dell’industria farmaceutica. Il movimento di protesta mondiale e la subcultura delle droghe degli anni sessanta e settanta fecero scivolare in secondo piano l’euforia scatenata dalla novità degli psicofarmaci. Era il momento della marijuana, ma anche quello dell’Lsd e di lì a poco sarebbero arrivate eroina e cocaina. Queste sostanze entravano in concorrenza con quelle dell’industria farmaceutica che ha risposto alla perdita di controllo sui consumi proponendo il metadone, una droga con elevato potenziale di assuefazione e notevoli effetti collaterali. Grazie alla cultura techno degli anni ottanta i produttori di droghe sintetiche hanno ricevuto un’ulteriore spinta innovativa. Improvvisamente, le pillole tornano di moda nella cultura giovanile. Di nuovo, l’industria farmaceutica cavalca l’onda proponendo un “Lifestyle segment” che raccoglie un’intera gamma di prodotti, dagli integratori vitaminici, al Viagra, alla “happy pill”, alla “pillola del dopo-tutto”. Con il crollo delle società socialiste dell’Europa dell’Est viene meno anche un confine temporale: l’adattamento alla crescente velocità delle tecnologie informatiche richiede una mente sostenuta da sostanze psicoattive e un corpo alimentato da ricostituenti sintetici. L’antidepressivo euforizzante Prozac è la nuova offerta farmaceutica. Flessibilità e mobilità, le due parole più importanti nel vocabolario della modernizzazione, sono molto più che semplici categorie economiche: esse hanno una corrispondenza psichica. Stupefacenti e psicofarmaci, dunque, rivestono un doppio ruolo. In quanto sostanze psicotrope e generi voluttuari aiutano a sopportare la vita quotidiana; come sostanze per migliorare prestazioni fisiche e psichiche garantiscono il perdurare di condizioni sociali di sfruttamento.