di Giorgio Bona
Remo Bassini, Bastardo Posto, pp. 151, € 15,90, Golem, Torino 2025.
Piccola città bastardo posto sono parole di una celebre canzone di Francesco Guccini (dall’album Radici, ottobre 1972, Columbia) con chiaro riferimento a Modena, piccola città di provincia, “nemica strana”, dove ogni aspettativa è vana e la speranza di realizzarle è praticamente nulla.
Nascere in provincia può rappresentare una disgrazia, una maledizione, il portare addosso una mentalità piccolo borghese che lascerà per sempre un segno indelebile, provocando una disaffezione legata all’ambiente chiuso e al suo orizzonte bigotto?
Guccini scoperchia nelle parole di una canzone i turbamenti e gli orizzonti evocati dentro un sogno tra la Via Emilia e il West.
Bastardo Posto. Una piccola città di provincia. Un libro di Remo Bassini. Il titolo del romanzo, qui riproposto in versione riveduta e corretta (rispetto alla prima per Perdisa Pop, 2010) ha qualche assonanza con la canzone, una pietra miliare di quei formidabili anni. È la città di provincia un bastardo posto? Rancoroso? Pieno di risentimento?
Certo c’è un oscuro malessere che attraversa il libro, l’oscuro malessere della provincia italiana in eterno ritorno letterario e in fondo così ben raccontata, un bastardo posto urlato a gran voce, perché Remo Bassini scava nel corpo malato di una terra, quel corpo che ogni tanto affiora in superficie come un cadavere spurgante putridume che non vorremmo mai percepire e che facciamo finta di non vedere. Una realtà tenuta sottocoperta, che si ha quasi paura di narrare.
Un dolore nudo e crudo traspare tra le pagine di questo romanzo, senza scuse, appigli, ricerca di giustificazioni, un dolore che si tocca quasi con mano, che diventa un’ossessione, dove il protagonista cerca lo sfinimento per crollare trovandosi in pace.
Pensieri turbolenti, testa in fiamme. Due pacchetti di Muratti consumati giorno e notte. Fantasmi.
Chi è quel personaggio che si trova sotto i portici di una città di provincia, una città né piccola né grande, davanti a una vetrina dove c’è un manichino? Gesti nervosi, tremanti, sguardo fisso, quasi allucinato. È il protagonista, Paolo Limara, che vaga senza meta convivendo con il suo grande dolore: un lutto da portare per la scomparsa della sua Marina, un lutto che non si spegne, un dolore che non vuol tacere.
Paolo Limara davanti a quel manichino è come se fosse dentro uno specchio. Quel manichino è mutilato, solo, fermo dentro un negozio vuoto che nessuno si è sognato di riempire, a dargli un’identità. La sua identità è in quel manichino, sotto quei portici dove trascorre notti insonni mentre le crepe delle vecchie mura lasciano trapelare qualcosa.
Paolo Limara è stato un giornalista con una carriera in ascesa prima di incontrare Marina. Già vicedirettore de “La Civetta” quotidiano fondato nel dopoguerra da un gruppo di borghesi illuminati, alcuni liberali e altri socialisti, vicini al Partito d’Azione, tra cui il padre di Paolo: il nome del giornale era stato scelto in ricordo di una giovane staffetta partigiana, Maria Paola, violentata e poi impiccata dai fascisti a una trave della sala d’aspetto della stazione.
E con Paolo Limara Remo Bassini dà vita ad altri personaggi che completano il mosaico di questa storia: Tuddìa, figura controversa e misteriosa sul quale circolano strane voci, Viola Rodesi, ex proprietaria del negozio di abbigliamento dove si trova il manichino, un ambiguo funzionario ministeriale e ancor più equivoci commissari di polizia legati da un filo del male che alla fine del romanzo verrà rivelato soltanto in parte.
Bastardo posto. Il rancore trattenuto contro la perfidia dei potenti e contro il male oscuro. Le infiltrazioni mafiose, l’omertà quando si parla di clero e di pedofilia, la stampa che è lacchè del potere, la corruzione imperante, sono senza pudore visibili agli occhi di tutti.
L’impressione è dunque che Remo Bassini dedichi un romanzo di denuncia a tutte quelle persone di un qualunque bastardo posto che, pur non essendo coinvolte nelle sue brutture, ne restano allo stesso tempo consapevoli e indifferenti. Dunque in qualche modo complici, a rendere ognuno di loro un perdente.
Paolo Limara è un uomo in perenne conflitto dopo il lutto che non riesce a metabolizzare, con poco spirito di reazione e privo del coraggio di affrontare la situazione piombatagli addosso, anche se cade e si rialza senza mai affondare. Questa in fondo è la sua salvezza, tale che non fa di lui un eroe.
Ecco, Franco Limara è una persona normale, ben inquadrato nel contesto di questa città di provincia, un Bastardo posto.