di Nico Maccntelli
Secondo Luciano Canfora, tutte le tendenze di sinistra oggi, pur richiamandosi al’antifascismo, “sono scese a patti con il capitalismo” (1.), per esempio contrastandone lo strapotere attraverso l’organizzazione sindacale”. Questo lo vediamo per esempio in quei contesti in cui le socialdemocrazie hanno ancora una funzione contenitiva e antiliberista delle tendenze politiche dominanti del capitalismo.
Ma fondamentalmente sappiamo che questo ottimismo dell’eminente filososofo è sempre meno giustificabile di fronte alla sussunzione di tali politiche dentro la sinistra stessa. Per cui l’anticapitalismo non è più tale in gran parte delle sinistre soprattutto governanti nei paesi atlantisti, ossia del blocco geopolitico in capo agli USA. E l’antifascismo di conseguenza diviene paravento pseudo-ideologico d’innanzi a quelle forze trasversali la società, dominate per lo più da settori di borghesia “perdente” nella redistribizione sociale della ricchezza e dei poteri, definite “sovraniste” per contendere elettoralmente il governo. Un antifascismo di facciata che simuove al tempo stesso dentro il solco della svolta autoritaria del capitale monopolistico e finanziario, delle multinzionale, che in Occidente sta permeando anche attraverso l’emergenza (di volta in volta sanitaria, bellica, ambientale…) le nazioni della catena imperialista a dominanza USA.
L’antifascismo su questo falso terreno, non più anticapitalista, ma del tutto strumentale alle politiche dominanti, diviene anche un’arma di distrazione di massa poiché il ruolo che il fascismo italiano del ventennio, o di un Pinochet, o dei colonnelli greci hanno avuto, al netto ditutte le distinzioni degli uni con gli altri e riguardo un sistema dove sulla carta vige la democrazia parlamentare (giusto sulla carta…), ossia di adozione di un regime totalitario contro l’avanzata sociale e di classe e le sue istanze emancipatrici, era ben altra cosa ai fascismi odierni, che hanno ancora questo richiamo ideologico (in Italia Casapound e Forza Nuova). Il ruolo è molto simile a quello odierno dei governi che agiscono per conto dell’atlantismo a dominanza USA. E senza distinzioni tra sinistra europeiste e destre finte-sovraniste (da non confondersi con le destre vero-sovraniste alla Orban). Una dimostrazione sta per esempio nel DDL 1660 del governo Meloni e negli attacchi concreti dei dem alla libertà di espressione, come avvenuto in varie parti d’Italia verso i “putiniani”: la divieto del sindaco Lepore a delle Case di Quartiere di proiettare film “filorussi”, la pressione della Picerno fatta a Ravenna presso chi dava lo spazio per il film Donbass, ieri oggi domani e l’interrogazione dell’on. Serracchiani contro i manifesti della campagna “la Russia non è il mio nemico” (3).
E che dire dei dispostivi anti-migranti di Minniti fatti a suo tempo? Dove sta il fascismo? Le differenze si assottigliano sotto qualsiasi pretesto fino a sparire e chi fa le spese è il diritto dei cittadini a esprimersi e manifestare. Più che fascismo, dunque, possiamo definirlo autoritarismo delle classi dominanti che con la repressione di ogni dissenso incompatibile devono affermare un ruolino di marcia indiscutibile, che non ha nulla a che vedere con gli oggetti delle emergenze create ad arte attraverso i media e la politica: virus, pericolo russo in Europa, disastro dell’ecosistema (che c’è, ma guarda caso i dispositivi non risolvono nulla e rientrano negli ingenti profitti delle multinazionali che fanno green e degli speculatori finanziari che creano asset ad arte).
Senza voler fare delle distinzioni tra le varie fasi del fascismo in Italia: diciannovisti “anticapitalisti”, ventennio corporativo e proclami “socialisti” della RSI, che alla fine sono questione di lana caprina, il fascismo non c’entra più nulla con l’attuale epoca di un capitalismo che è dominio reale che attraversa e usa ogni ideologia utile, ridotta a marketing. L’ultimo grande regalo fatt dal fascismo per la sua funzione inaugurale della fase di contrattacco neoliberista della finanza con l’esperiento dei Chicago Boys di Milton Friedman, la fece Pinochet nel 1973. Dopo di questo ha prevalso il fascismo strumentale e non come elemento governante, di regime, che va dallo squadrismo e dalla strategia della tensione in Italia, ai mazzieri di ogni latitudine, agli ucronazi del golpe di Euromaidan e della guerra della NATO alla Federazione Russa, fino a un ritorno ibrido ai regimi: dalla già menzionata Ucraina, che ha il viatico di elementi di sinistra come il PD e le varie Quartapelle, Picerno, Pittella, Boldrini, Morgantini, ecc. alla Polonia e ai paesi baltici, che insieme agli ucronaz sonoi in “buona compagnia” e santa NATO alleanza, hanno fatto sdoganare l’estrema destra all’ex Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel (4).
Lo stesso ruolo di macchina repressiva e guerrafondaia che era propria del fascismo lo svolgono allegramente le simpatiche sinistre di ogni fatta (vedi la nota 2 per non ripetermi).
Dunque, l’antifascismo oggi non è la chiave di lettura corretta per definire l’autoritarismo delle borghesie dominanti nelle sue caratteristiche politiche, culturali e sociali.
Inoltre, l’antifascismo non è mai stato associabile automaticamente all’anticapitalismo. Un fondamentale del pensiero marxista soprattutto italiano, Gramsci, Togliatti, Secchia, sin dalle Tesi di Lione del 1926 (5) inquadrano il fascismo come la risposta estrema delle classi dominanti all’avanzata delle classi lavratrici in un dato contesto nazionale, l’altra faccia del liberalismo borghese che in tempi di basso conflitto sociale esercita l sua egemonia classista attraverso la democrazia parlamentare, o meglio dire la democrazia borghese. Mentre la lotta di classe nel suo sviluppo porta inevitabilmente la borghesia ad armarsi sul piano repressivo nei confronti delle classi popolari e delle loro organizzazioni politiche e sindacali, sopprimendo i diritti politici e gli spazi di democrazia dati in una fase politica di democrazia borghese.
L’antifascismo, in questo senso, poteva essere la bandiera rossa per affrontare lo scontro con la borghesia ponendo la questione del potere della dittatura del proletariato per il socialismo come meta finale del processo di guerra civile, e concependo tale guerra come guerra di classe. Ma non era così per buona parte dell’antifascismo. Se prendiamo l’antifascismo del ventennio e poi la Resistenza, la strategia politica del PCI indubbiamente aveva questa traiettoria, così come l’ebbe per qualche decennio postbellico nella versione togliattiana della democrazia porogressiva, che era sempre una strateia per conquistare il potere dello stato e con esso raggiungere il socialismo per via pacifica (ci sarebbe da discutere su questa impostazione strategica già ben criticata dal PCC ai tempi di Mao.)…
Ma è stata anche la lotta per riconquistare quella democrazia parlamentare che di fatto non metteva in discussione l’ordine delle cose, ossia il potere del capitale e della borghesia, ma che riportasse su basi più avanzate con concessioni popolari a quel sistema che ha vist nascere la nostra Costituzione. Il Partito d’Azione per esempio, i cattolici, persini i monarchici di Badoglio, con inflessioni ideologiche diverse tra loro erano accomunati da questo antifascismo puramente democratico in senso borghese.
Pertanto, se oggi andiamo ad esplorare l’imprinting dell’attuale antifascismo anti-meloniano, strumentale, scopriamo che ciò nasce da padri nobili per poi trasfigurarsi in modo osceno in un antifascismo da falsa coscienza borghese, di maniera, di costume, superficiale e relativo alle dinamiche dello scontro politico tra i bipartisan dell’atlantismo europeista, dove gli “antifascisti” sarbbero gli ipocriti delle armi e del sostegno dat a dei veri nazisti come i banderisti del regime di Kiev, contraddizione stridente ma sapientemente occultata dai media. Ma di più lo stridere è anche in quell’“antifascismo” comportamentale, dove sociologicamente uno è fascista per cosa fa verso varie categorie sociali o avversari politici e non per il ruolo e compito politci che assume in un dato sistema politico e nello scontro sociale. Stridere perché viene stigmatizzato come fascista anche quel soggetto politico o sindacale che contende in piazza lo spazio e la libertà di esprssione che oggi viene negata. Da una parte condanna la violenza quando proviene da chi lotta per rompere una gabbia politica e sociale, una condizione economica imposta dalle classi dominanti, mentre dall’altra si glissa sulla vilenza poliziesca e sui vari teatri in cui il nostro regime in sintonia e secondo il comando atlantista fornisce armi, istruttori, poligoni come in Sardegna, per sostenere attivamente tutto il fronte imperialista che va dall’espanzionismo bellico nell’Est Europa alla pulizia etnica in palestina: dagli ucronazi a Israele.
Partire dallo smascheramento di tale falso antifascismo, significa andare a disvelare chi oggi assolve il compito guerrafondaio, repressivo di guerra interna, di terrore emergenziale per conto dell’imperialismo a dominanza USA e delle nostre classi dominanti asservite. Il ruolo storico proprio del fascismo: un “antifascismo” che non ha nulla a che vedere con quello in buona fede, di buone intenzioni e col quale come comunisti ci si alleò da Ventotene alle Langhe, quello dei fratelli Rosselli, dei Nuto Revelli, dei Ferruccio Parri e ancor prima dei Piero Gobetti.
Lo scopo di questa disamina è stato quindi quello di puntualizzare che anche l’antifascismo, come altre questioni apparentemente libertarie e strumentali sui diritti civili, un certo dirittumanitarismo sono tutti in realtà asset culturali creati da agenti imperialisti spesso dentro i movimenti stessi per deviarli, controllarli e orientarli nella metodologia e nella strategia politica messa in campo nelle “rivoluzioni colorate”.
Ma questa puntualizzazione, è questa sì, un atto di antifascismo all’altezza della situazione, perché disvela gli intenti del nemico di classe e antipopolare e orienta una battaglia politca e culturale “per linee interne” dentro i movimenti stessi e contro quei gruppetti dirigenti che di fatto sono organici alle politiche imperialiste, con un po’ di cipria su temi secondari o comunque ammissibili nel do ut des tra gruppi di potere e stati maggiori di un falso antagonismo. Ricordo che l’amore per gli ucro nazi con la scusa di un libertarismo che è internazionalista o nazionalista a tiramento, secondo convenienza, è la variante “centrosocialara”, “municipalista” (a chiacchiere…) del mantra filo-ucraino del centrosinistra dem, PD, +Europa, dell’euroimperialismo di sinistra che per markenting sociale ha bisogno anche delle propaggini che usano il radicalismo a questo scopo (contraccambiando nel mercato delle vacche locali) per confezionare i serbatoi di voti tanto antagonisti per chi antagonista non è, ed è preferibile per i centri di potere europeisti e atlantisti, per il deep state USA, rispetto alle destre, che invece usano il finto-sovranismo e non danno poi toppe garanzie di tenuta (Berlusconi e il 2011 docet). Questi “radicali” e “libertari” possono così mercanteggiare all’ombra dell’autoritarismo che distrae con l’antifascismo da se stesso, mettendo a posto le coscienze con la vulgata mainstream sulla Russia cattiva che invade un paese buono stile Mulino Bianco.
Un compito immane attende i comunisti e chi intende oganizzare e mobilitarsi per una nuova resistenza a un autoritarismo che del fascismo ha preso le forme più adatte a reprimere ogni dissidenza e ogni protesta politica e sociale. La battaglia è sul piano politico, affrontando tutti gli insulti che provengono da più parti e cha vanno da amici dei fascisti, rossobruni, putiniani e via via sempre peggio. Spesso comminati anche da coloro che erano tuoi compagni di viaggio.
Ma è una strada obbligata, perché come è accaduto durante le restrizioni pandemiche col pretesto dell’emergenza sanitaria: ossia la discesa in campo di un movimento vasto come non se ne vedeva da anni in Italia, non è mica detto che anche l’emergenza guerra sarà merce digeribile per la nostra popolazione. E occorre prepararsi, perché in gioco stavolta c’è la pelle di tutti. La prova generale fatta negli ultimi tre anni suggerisce a lor signori di procedere con più prudenza, aggredendo i grumi di resistenza alla propaganda bellica atlantista USA-NATO-UE. Il nostro compito è organizzarsi per poter organizzare nello sviluppo di un’opposizione sociale alla guerra, all’economia di guerra con tutti le ricadute in termini di partecipazione e di vita degradata che ci aspettano.
In conclusione di questa prima parte sottolineo che ho voluto evidenziare un aspetto e preparare le basi di analisi per un altro che tratterò in seguito.
L’antifascismo se è la riproposizione strumentale di una categoria anacronistica per autolegittimarsi nel portrea avanti un autoritarismo imperialista, ebbene questi va smascherato e attaccato dall’antimperialismo stesso e spostando la questione fascismo su un terreno all’altezza delle mutate condizioni storiche, sociali e politiche. L’autoritarismo imperialista si alimenta socialmente di quelle fasce sociali di media borhesi legate per clientelismo, corruzione al carrozzone del grabde capitale finanziario e alle sue articolazioni polituche culturali. È un autoritarismo che si serve indistintamente della cancel culture come del nazismo baltico e ucraino. Non ha un’ideologia corse e coerente se non quella di un insieme culturale omogeneo che riporta all’”uomo a una dimensione”, al distruzione di ogni legame sociale che non rientri nella mercificazione e nelle performance produttivistiche del bio-tecno-cybercapitalismo. L’ideologia è quella dell’uomo protesi della tecnoscienza classista e discriminante. I realtà un autentico antifascismo si basa sul riconoscere questo nuovo fascismo per combatterlo nelle proprie comunità. È una guerra sociale esistenziale di fronte alle emergenze che il capitale produce, non ultima la guerra imperialista.
E allora occorre tornare ai fondamentale per smascherare questo falso antifascismo e riprendere un concetto molto semplice. Al XIII Plenum dell’Internazionale Comunista (6) venne data la miglior definizione di fascismo, quella che collega il fascismo di allora all’autiritarismo dai mille volti di oggi:
«Il fascismo è una dittatura terrorista aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti, più imperialisti del capitale finanziario».
Questa definizione fa piazza pulita di ogni sociologismo comportamentale di cui si serve questo nuovo fascismo o autoritarismo che dir si voglia, dell’assenza di ideologia.
Ma fa piazza pulita anche di argomentazioni alla Fusaro che sostengono che l’opposizione fascismo antifascismo non esiste più, restando anch’esso nell’ambito superficiale dello scontro tra comportamenti e visioni limitate a una tornata elettorale.
Fa piazza pulita di un antifascismo che non c’è più e che è quello della corrente liberale che nella resistenza al nazifascismo andava dagli azionisti ai badogliani. E che è stata usata in modo strumentale dai nipotini di Parri. I La Malfa, gli Spadolini, iniziarono a usare l’antifascismo come sostegno a un nuovo autritarismo cresciuto nel grembo del capitalismo italiano sin dal dopoguerra. E oggi ha raggiunto l’apice nell’atlantismo guerrafondaio, nella società dei wallet e della sorveglianza, diuna società disciplinare e sempre più liberticida e distopica.
L’intera esperienza del PCI è stata fagocitata da questo liberalismo pseudo-antifascista. E oggi il PD, che coniuga PCI e DC è l’alfiere principale di questa post-ideologia del capitale neoliberale.
E qui arriviamo al secondo punto che tratteremo nella seconda puntata. Il liberalismo ha perso per strada l’antifascismo trasfigurandosi nel suo opposto, anche sotto mentite spoglie e aggregando le culture politiche residuali del comunismo togliattiano. L’ha perso ma lo usa pro domo sua. Ne usa un placebo, un surrogato ininfluente sul piano della critica sociale all’esistente. Ma il faro guida per un nuovo antifascismo, che è continuità con l’antifascismo di inzio e metà secolo, è prio nella fresa prima citata dell’I.C., e che ci dice che non esiste antifascismo (anti-autoritarismo) senza anticapitalismo.
È per questo che nella seconda parte tratterò dell’antifascismo strettamente legato all’anticapitalismo. Partendo dal presupposto che non esiste un fascismo senza che esso sia strumento o dispositivo del potere borghese, del capitale. C’è infatti chi a ragion veduta tratta del fascismo, definendo come tale il golpismo, il suo essere terrorismo ed elemento oggi della guerra ibrida che la CIA e i servizi atlantisti e sionisti in generale portano avanti contro paesi e popoli che non rientrano ne Washington consensus. Mi riferirò in buona sostanza a quell’antifascismo che dalla dottrina Monroe in America Latina si è battuto contro le dittature sanguinarie della CIA e delle Corporation USA. In dettaglio, il progetto di Rete Internazionale Antifascista avviata mesi or sono in Venezuela dalle forze bolivariane per svilupparla in tutto il pianeta rappresenta il miglior antifascismo oggi presente. Poiché ha compreso che a capo dei fascismi sempre eterodiretti vi sono oligarchie imperialiste che si servono di questi: dall’Ucraina ai cadidati fasulli venezuelani come Guaidò. Contrastare la controrivoluzione, perché di questo si tratta, anche dove la rivoluzione nemmeno si intravede, e riconoscere le forze della controrivoluzione, il loro ruolo negli specifici contesti geopolitici e nazionali, con il fine di combattare e sconfiggere il disegno sovversivo o restauratore del capitale imperialista e delle sue classi dominanti è tutt’altra cosa dallo starnazzio fuorviante degli antifascisti da ztl contro il governo Meloni.
L’autoritarismo capitalista lo si può chiamare come si vuole, anche fascismo, ma la sostanza delle cose non cambia: non muta ciò che l’autoritarismo di stampo o meno fascista è. E la costruzione della rete antifascista internazionale è un passaggio fondamentale nel combattere il capitalismo imperialista, smascherandone la sua perfida e ambigua natura, ogni propaggine: dalle più evidenti, quelle ideologiche e golpiste, militari come in Est Europa, come l’internazionale nera riunitasi a Madrid a maggio di quest’anno e variante e serbatoio (politica e all’occorrenza terroristico-militare) essa stessa dell’imperialismo (e non alternativa a esso come molti spacciano), alle variante più dirette del terrorismo militarista finanziato dalla CIA e dalla NATO come gli ucronazi del protettorato USA banderista e il nazi-sionisto genocida e della pulizia etnica in Palestina dei gruppi dirigenti israeliani (7) e delle bande terroristiche del colonialismo da insediamento, alle associazioni pseudo-pacifiste che fomentano rivoluzioni colorate (Ucraina, Georgia, la stessa Russia, nei paesi del ex URSS, la lista è lunga) prendendo spunto da rivendicazioni sociali (8) di cui non frega ovviamente nulla ai manovratori (NED National Endowment for Democracy e CIA che agiscono in tandem) che puntano a destabilizzare i paesi e a creare regimi fantoccio filo-USA e UE, che fanno capo a ong e fondi di investimento del capitale finanziario attivo sulla falsa riga della “democrazia”.
Sono tutte parti di un tutto e vanno comunque combattute a oltranza e senza inclinazioni “dirittumanitarie” che sono sempre di facciata. Anzitutto vanno comprese uscendo da vecchi schemi, capendo che se c’è in questi dispositivi autoritari un nuovo fascismo, deve esserci anche una nuova Resistenza internazionale, anticapitalista e antimperialista, a fianco dei popoli in lotta e contro i governi bipartisan nostrani che si candidano a rappresentare il capitale finanziario, tirando dentro o meno dei settori sociali di riferimento che sono di volta in volta ceti medi corrotti e clientelari, piccolo capitale che vuole il suo ruolo nella grande mangiatoia, con nazionalismi e campanilismi di facciata e strumentali al target sociale dato, che nulla hanno a che vedere con quella resistenza sociale di comunità alle politiche di controllo e alle restrizioni che il capitale mette in atto, pur tentando di strumentalizzare la spontaneità dei movimenti di massa, come si è visto in questi ultimi tre anni: i tanti apprendisti stregoni durante e dopo, tra le spoglie del movimento no greenpass.
Antifascismo consapevole di essere anticapitalismo e antimperialismo significa combattere su più fronti a partire dal proprio contesto sociale e politico nazionale, sapendo che c’è un filo nero che lega tutte queste pratiche, ideologie, culture al servizio dell’imperialismo occidentale, degli USA e dei suoi stati vassalli.
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NOTE:
1. In questo video ci sono i ragionamenti di Luciano Canfora in merito ad antifascismo e anticapitalismo
2. David Harvey nel suo “Breve storia del neoliberismo” analizza bene la correlazione tra fascismo e neoliberismo, avvenuta con il golpe in Cile del 1973 e la successiva e conseguente dittatura di Pinochet, in cui mette in rilievo il laboratorio economico sociale, la matrice del neoliberalismo oligarchico e titalitario, del TINA (there is not alternative) da cui si avviò quella che divenne l’onda lunga neoliberista e di cui paghiamo tutt’oggi le conseguenze. Harvey scrive:«Messo da parte il generale Gustavo Leigh, keynesiano e rivale del leader golpista, nel 1975 Pinochet portò quegli economisti al governo, dove il loro primo compito fu di negoziare prestiti con il Fondo monetario internazionale. Lavorando a fianco dell’FMI, i «Chicago boys» ristrutturarono l’economia secondo le loro teorie. Revocarono le nazionalizzazioni e privatizzarono beni pubblici, resero le risorse naturali (pesca, legname ecc.) accessibili a uno sfruttamento del tutto privo di regole (che in molti casi calpestò senza alcuno scrupolo i diritti delle popolazioni locali), privatizzarono la previdenza sociale, agevolarono gli investimenti stranieri diretti e il libero scambio; fu garantito il diritto delle società straniere al rimpatrio dei proventi delle loro operazioni in Cile; alla sostituzione delle importazioni si preferì una crescita basata sulle esportazioni.»
Ma trovare accostamenti tra quello che fu l’esperimento del capitale finanziario USA e occidentale e il ruolo del fascismo cileno con il fascismo in generale e quello specifico di determinati paesi in cui governa l’estrema destra è una delle falsificazioni “antifasciste” della sinistra liberale e dem. Oggi proprio “grazie” a tale sinistra liberal, il capitale finanziario non ha bisogno del fascismo per affermare la propria governance e anche il voler associare al regime liberista occidentale l’estrema destra che proviene dal fascismo con la scusa della repressione (ma chi non la pratica? I dem sono in prima fila…) è l’esercizio di chi anche dall’estrema sinistra assolve a una funzione importante nel sostenere il sistema oligarchico di una post democrazia a sovranità limitata, che se la cava benissimo da solo nella repressione e nel controllo sociale, nel far passare le sue polituche antipopolari draconiane. Le sinistre socialdemocratiche, liberali e laburiste stanno facendo lo sporco lavoro guerrafondaio e di distruzione di diritti fondamental anche meglio sul piano tecnologico del vecchio fascismo.
3. A tal proposito si veda il mio articolo pubblicato qui.
4. Si veda la nota ANSA: le euroburocrazie non hanno proprio più ritegno: mentre attaccano le destre scomode, che non accettano le imposizioni sovranazionali di Washington e Bruxelles, come quella di Orban al governo dell’Ungheria, dall’altra, pur di proseguire il macello imperialista in Ucraina sostengono le destre estreme dei paesi baltici, della Polonia, mettendo a rischio nell’estensione del conflitto in quella regione europea, le popolazioni e l’intero continente e oltre e mettendo in conto con noncuranza l’imbarbarimento antidemocratico di quei sistemi politici in funzione anti-russa.
5. Il concetto viene espresso piuttosto chiaramente nelle Tesi di Lione del 1926, quando nel punto 15 si sostiene:
«Il fascismo, come movimento di reazione armata che si propone lo scopo di disgregare e di disorganizzare la classe lavoratrice per immobilizzarla, rientra nel quadro della politica tradizionale delle classi dirigenti italiane, e nella lotta del capitalismo contro la classe operaia. (…) Alla tattica degli accordi e dei compromessi esso sostituisce il proposito di realizzare un’unità organica di tutte le forze della borghesiain un solo organismo politico sotto il controllo di un’unica centrale che dovrebbe dirigere insieme il partito, il governo e lo Stato. Questo proposito corrisponde alla volontà di resistere (tenete da conto questo verbo, nda) a fondo ad ogni attacco rivoluzionario, il che permette al fascismo di raccogliere le adesioni della parte più decisamente reazionaria della borghesia industriale e degli agrari.»
Ora cosa c’entra tutto questo con lo scontro tra governo e “opposizione” oggi? Ci sarebbe una sorta di fascismo che contrasta forse un attacco delle classi lavoratrici?
Al netto delle dovute differenze storiche, sociali, politiche non c’è alcun “attacco rivoluzionario” e men che meno lo è quello delle sinistre corrotte e organiche al grande capitale oligarchico multinazionale e atlantista lo è. Pertanto, di cosa stiamo parlando? Il governo non fa alcuna marcia su Roma, non sta raccogliendo le adesioni della parte più reazionaria del capitale, al contrario è il campo largo dem a trovare i maggiori favori della parte più reazionaria e antipopolare del capitale oligarchico internazionale, non certo la Meloni che però ci prova rimngiandosi le promesse pelose e riprendendo paro paro l’agenda Draghi. La realtà dei fatti vede dem e finto-soranisti, ossia forze euroatlantiche bipartisan, in lizza tra loro per chi deve gestire la linea politcia dominante delle oligarchie di cui prima. Questo non è fascismo vecchio stampo ma una forma di autoritarismo che come una lebbra sta divorando per conto terzi le conquiste di decenni delle masse popolari taliane, distruggendo definitivamente la nostra sovranità nazionale, la nostra Carta, riducendo definitivamente il paese a un protettorato degli USA e a un terminale delle filiere industriali del capitale anglo-americano e nord europeo. Un processo politico durato oltre mezzo secolo e un quarto. Mai come oggi abbiamo avuto masse popolari così assoggettate e disorganizzate proprio in a causa di un deterioramento di tutte le leve e spazi sociali e di un imbonimento culturale che sono l’artiglieria di questo autoritarismo. Altro che attacco rivoluzionario!
6. Dicembre 1933, impostazione attribuita a Georgi Dimitrov che divenne poi nel 1934 Presidente del Komintern.
7. Ilan Pappè li descrive bene nella “Brevissima storia del conflitto tra Isaele e Palestina”, gruppi dirigenti che rispecchiano le due anime nere del sionismo, che Pappé suddivide in Stato della Giudea e Stato di Israele, dove il primo, messianico e teocratico sta divorando quello “democratico” (ma non per i palestinesi ovviamente) nel nome della Grande Israele, dal Mar Rosso al Libano.
8. Persino dentro l’antagonismo nostrano c’è chi si batte per il popolo palestinese, ma anche contro “l’invasione Russa in Ucraina” pensando così che (false) posizioni di principio che ignorano le cause profonde e la geopolitica inerente all’aggressione (in realtà) militarista della NATO alla Federazione Russa e il suo espansionismo a Est, siano sempre giuste e anticapitaliste, quando in realtà costoro fanno il gioco della triade: ong, fondi d’investimento, intelligence imperialiste e delle forze politiche dem che devono puntellare la narrazione altrettanto falsa filoeuropeista e atlantista di cui sono alfieri. E non è un caso che munipalisti tutti d’un pezzo divenatno serbatoi voti della compagine peggio atlantista del paese.