Derive Approdi, Bologna 2024, pagg. 422 €22

Dopo anni di repressioni e massacri in seguito alla salita al potere del dittatore Primo de Rivera, nel 1936 le formazioni di sinistra vincono le elezioni in Spagna. Una parte dell’esercito guidato dal generale Francisco Franco tenta il colpo di stato. Inizia la guerra civile. Paolo Bertetto, già ordinario di cinema all’Università La Sapienza di Roma e docente alle università di Parigi, Madrid, Leipzig, attraverso l’indagine di una giornalista sulla misteriosa morte dell’anarchico Buonaventura Durruti, ricostruisce quei tempi violentissimi, segnati da grandi eroismi, tradimenti, infiltrazioni, stragi. Di seguito pubblichiamo la nota storica introduttiva e un estratto del capitolo “Alcalà, Maggio 1937” (MB)

NOTA STORICA

“Arrivano in massa. Dalla Francia, dall’Italia, dalla Germania, dalla Russia, dalla Gran Bretagna, persino dall’America. Arrivano in soccorso della Spagna. Addetti militari, consiglieri, soldati, volontari. Ma anche specialisti in repressione, massacri, eliminazioni di massa. Tutti impegnati a sperimentare le loro tecniche sul corpo della Spagna, anzi sui corpi degli spagnoli. Il colpo di Stato militare per la difesa della nazione provoca l’invasione della Spagna e l’organizzazione di stermini. Con le tecniche più tradizionali. E quelle più avanzate.

Il colpo di Stato militare dei generali Sanjurjo, Mola e Franco del 17 luglio 1936, sconfitto a Madrid, a Barcellona, a Valencia e nel paese basco, vince in Africa, in Andalusia, a Saragozza, a Burgos e al nord. In ogni città dove prevalgono i fascisti si organizzano massacri dei quadri e dei militanti di sinistra. Comprese le donne. A Barcellona gli anarchici assumono il controllo della città, senza tuttavia rovesciare il governo catalano, che si è schierato contro i militari. Bruciano le chiese. Organizzano consigli in tutti settori della vita sociale. A Madrid vincono i socialisti e i comunisti.

La Spagna diventa il laboratorio per la sperimentazione di uno sterminio pianificato, un allargamento dei massacri compiuti in Germania dopo il 1933 e di quelli che si preparano in Unione Sovietica dal 1936. Una prova generale prima della guerra a venire. Un piccolo mattatoio prima del grande mattatoio universale. Un versamento di sangue, di cadaveri, di violenze senza precedenti. Perché l’umanità potesse premiare l’affermazione dell’epoca della tecnica e l’avvento delle utopie distruttive e dei sadismi diffusi.

La Spagna. Un laboratorio utile. Carne da cannone. Un toro da infilzare.
Arrivano da Berlino e da Roma. E anche da Mosca.

Una riunione a Mosca della Nkvd, la polizia segreta sovietica, il 14 agosto 1936 alla Lubjanka programma l’intervento in Spagna e l’estensione delle attività dei militari e dei servizi segreti sovietici a Madrid e a Barcellona. Alla fine dell’estate partono il generale Berzin, Eitingon, Stepanov, Vidali, Orlov. E poi Codovila ed Ercoli (cioè Palmiro Togliatti) per il Komintern. Con Carlos Carmento, c’è anche Maria Moras (Tina Modotti, ndr). Ex fotografa di talento. Ex artista affascinante e spregiudicata immersa nella vita culturale di Ciudad de Mexico. E ora agente del Komintern. Cioè dell’Unione Sovietica.

Nella vita spagnola, dopo la rivoluzione del 19 luglio, le organizzazioni sindacali svolgono un ruolo essenziale. Organizzano il lavoro e la vita quotidiana, diventano il perno dello sviluppo di tutte le attività sociali. Le più importanti forze sindacali sono l’Ugt, l’Unione generale dei lavoratori, socialista e comunista, e la Cnt, la Confederazione nazionale del lavoro, anarchica. La Cnt è più forte in Catalogna e in Andalusia. ha un milione e mezzo di iscritti. La Ugt è organizzata e dominante in Castilla, nel Levante e nelle Asturie. Con una consistenza leggermente superiore alla Cnt. Ogni sindacato costituisce milizie per la difesa della repubblica. O della rivoluzione. E ogni milizia opera con un programma, una logica e un comando diverso.

Il governo, presieduto dal socialista di sinistra Largo Caballero, non è ancora riuscito a imporre un comando centralizzato. Il Psoe, Partito socialista operaio, è la maggiore formazione di sinistra, divisa tra una corrente più radicale (caballerista) e una più moderata, guidata da Prieto. Il Pce, che in Catalogna si chiama Psuc, è un piccolo partito comunista stalinista, legato alla Terza Internazionale, destinato a giocare un ruolo sempre più importante grazie all’appoggio militare dell’Unione Sovietica alla Spagna repubblicana. Il Poum, Partito operaio di unificazione marxista, è una piccola formazione di estrema sinistra, che auspica una rivoluzione comunista, si dichiara leninista ed è filo-trotzkista. La Fai, Federación Anarquista Iberica, è l’organizzazione antiparlamentare che guida le masse anarchiche e ispira la Cnt. Ci sono poi alcune piccole formazioni repubblicane moderate e antifasciste e anche qualche forza cattolica che non si è schierata con la destra. Ma sono minoranze. Anche se il presidente della Repubblica, Azana, è un autorevole politico della sinistra repubblicana.

Grande banco di prova per la diplomazia internazionale, la guerra di Spagna è anche il luogo del fallimento totale della Società delle Nazioni. Le democrazie europee, guidate dalla Gran Bretagna e compresa la Francia del Fronte Popolare, si schierano per il non intervento, celebrando il massimo dell’ipocrisia, mentre Mussolini e Hitler inviano armi, navi, aerei e corpi di spedizioni in appoggio ai militari golpisti. Solo l’Unione Sovietica interviene ad armare la Spagna repubblicana.
Intanto, davanti all’avanzata dei fascisti verso la capitale, si costituisce un Comitato di difesa di Madrid di cui fanno parte rappresentanti del governo, dell’esercito, dei partiti, delle milizie e delle Brigate Internazionali. Miaja è il generale che deve dirigere la difesa della città. Con l’aiuto del colonnello Rojo. Di fronte all’attacco concertato dell’esercito franchista, nel novembre 1936 la Cnt-Fai invia a Madrid una colonna catalana particolarmente consistente, guidata dall’anarchico più prestigioso e popolare, Buenaventura Durruti.”

ALCALA’ MAGGIO 1937

“Abiezione. Non c’era nulla di più diffuso dell’abiezione nella società sovietica. Perché abietto era il padrone e abietti erano i rapporti che teneva. Ricattava e impauriva tutti. Ammazzava i nemici e ricattava gli amici. Teneva in prigione la moglie di Molotov per comandare meglio su di lui. E la stessa cosa faceva con Kaganovic e con Kalinin. Per non parlare di quelli che credeva nemici. Li uccideva con tutta la famiglia e i figli, perché non potesse crescere una generazione di figli che volevano vendicare i padri uccisi. Ammazzava tutti. Anche i parenti. Perché non ci fossero pericoli. Perché nulla restasse. Nulla che potesse rivoltarsi. Nessuno che potesse ribellarsi. Ammazzava direttamente tutti quelli che rappresentavano la vecchia guardia comunista. Quelli che lui aveva tradito e che ora, per riscattare il proprio tradimento, accusava di un tradimento inesistente. Per far loro pagare non il loro tradimento, ma il tradimento che aveva fatto lui stesso. Aveva qualcosa di demoniaco quella sua prassi. Accusare di tradimento quelli che lui stesso aveva tradito tanti anni fa. Stendere su di loro il velo dell’ignominia del nemico del popolo, per vendicarsi del tradimento che lui aveva fatto. Era sublime la depravazione e il sadismo di Stalin. Demoniaco puro. E puro sottosuolo. Un ignobile essere che voleva vendicarsi non solo di tutto quello che aveva patito, ma anche di quello che aveva fatto patire agli altri. Vendicarsi delle sofferenze che aveva inflitto agli altri. Vendicarsi del male che lui stesso aveva fatto. Era davvero un piccolo verme come il protagonista delle memorie del sottosuolo. Ma era un piccolo verme che era diventato zar e che voleva far pagare a tutti la sordidezza della sua anima. Perché forse quello che angustiava Stalin era quel barlume di consapevolezza di essere un traditore e un assassino che ogni tanto sembrava riemergere nella sua mente. Forse se fosse stato solo un grezzo assassino e un traditore vigliacco avrebbe agito con minore crudeltà. Ma il barlume di coscienza che lo portava a essere consapevole di sé, almeno in una parte nascosta del suo cuore, questo lo rendeva ancora più crudele, ancora più satanico. Doveva estirpare il male nel mondo e nell’Unione Sovietica per estirpare il male che sentiva ancora in sé. Doveva lavorare sistematicamente a estirpare il male e ancora di più il bene, per cancellare il male profondo che era nel suo corpo. Estirpare il male o estirpare il bene. In fondo, rifletteva Orlov, Stalin voleva ancora di più cancellare il bene, perché il bene lo metteva di fronte a tutta la sua violenza, a tutta la sua vigliaccheria, a tutta la sua volontà di vendetta. Il bene doveva essere trasformato ai suoi occhi in male e doveva essere esorcizzato e cancellato. Che compito immenso aveva davanti a sé Stalin. Che pozzo senza fondo era il suo desiderio forsennato, infinito di vendetta!”