di Franco Pezzini
AA.VV., Occulta, a cura di Jacopo Corazza e Gianluca Venditti, trad. di Lucio Besana e Francesca Gatti, introd. di Liz Buckingham degli Electric Wizard, pp. 166, € 13, Arcoiris, Salerno.
Che il mondo dell’esoterico, del magico o anche del religioso meno allineato, nel corso dei secoli, abbia offerto spazio a voci femminili marginalizzate in altri ambiti (si pensi solo a certe figure della prima comunità cristiana, dall’increduta Maria di Magdala alle figlie profetesse di Filippo Evangelista, fino – in fondo – all’eretica Elena Ennoia della gnosi di Simon Mago) non è strano: la storia dell’antropologia religiosa brulica di ierodule, papesse, iniziate, veggenti più o meno tollerate o invece perseguitate anche con accanimento. Spentisi infine i roghi, l’Occidente moderno non è andato indenne dal fenomeno: e in parallelo con le battaglie per la definizione sociale di una New Woman che non si limita a indossare i pantaloni o condividere col marito i lavori di casa (come nelle vignette vittoriane) e magari per il voto alle donne, altre forme di riconoscimento sono emerse in termini ora affascinanti, ora equivoci.
Pensiamo alle dee, maghe, seduttrici dei quadri preraffaelliti e alle loro altrettanto fatali ma spesso meno tranquillizzanti riletture simboliste, tutte padrone degli abbacinati spettatori. O a certe sante: emblematica in quell’epoca la beatificazione di una figura entusiasmante e misteriosa come Giovanna d’Arco nel 1909 (con Pio X), la sua canonizzazione nel 1920 (con Benedetto XV) e la sua nomina nel 1922 a santa patrona della Francia. Intanto Margaret Murray rilegge il tema delle donne/streghe in Witch Cult in Western Europe del 1921 e The God of the Witches del 1933; il torbido, eccentrico e reazionarissimo Montague Summers lancia i suoi strali fin dal 1926 – perché le streghe non solo c’erano davvero ma erano in combutta col demonio per far danni – e Dennis Wheatley – il mattatore della narrativa dell’occulto anglosassone – offre alle grandi platee il profilo fragile e tormentato della bella Tanith in The Devil Rides Out, 1934. Per non parlare delle medium – non solo ma spesso donne – che dilagano nei salotti, come Eusapia Palladino (1854-1918) studiata da Lombroso: tavolini ballanti e poi, secondo una tradizione assai risalente, letture di carte e di mani schiudono visioni di futuri farlocchi a consolazione di presenti desolati, riallacciano affetti strappati (si pensi ai morti della Grande Guerra, inseguiti nelle sedute spiritiche), coccolano dolori insuperabili.
Sono ancora le donne ad aprire le porte a un esotismo esoterico, e si pensi solo a Madame Helena Blavatsky (1831-1891), carismatica fondatrice della Società Teosofica e alle sua seguace Annie Besant (1847-1933), socialista e massona, militante per i diritti della donna e il nazionalismo indiano. Sono le donne a recare le sovversioni più eclatanti ai pilastri indiscussi della morale occidentale: dalla demi-mondaine, scrittrice e satanista Berthe de Courrière (1852-1916), modella per il busto della “Marianne” al Senato e ispiratrice di Huysmans, alla Sophiale Maria de Naglowska (1883-1936) portatrice di conturbanti rituali sessuali, dalla contessa di Cagliostro combattuta da Arsène Lupin (1923-1924) alla losca principessa Assja Chotokalungin de L’Angelo della finestra d’occidente di Gustav Meyrink (e Alfred Schmid Noerr), 1927, per non parlare di tutte le Donne Scarlatte e le discepole di Crowley. E poi le altre grandi maestre dell’occulto: Anna Kingsford (1846-1888), Claude Vignon (Marie-Noémie Cadiot, 1828-1888), la meravigliosa Florence Farr (1860-1917), Moina Mathers (1865-1928) sorella del filosofo Henri Bergson e moglie di uno dei leader della Golden Dawn, Dion Fortune (1890-1946), l’anarchica Renée Dunan (1892-1936) autrice di Baal ou la magicienne passionnée. Livre des ensorcellements, 1924…
Alcuni di questi nomi li troviamo meritoriamente repertoriati – e quasi sempre introdotti dalle splendide immagini di Pamela Colman Smith (1878-1951) per i Tarocchi Rider-Waite – nella piccola raccolta che qui si presenta nell’ambito della Biblioteca di Lovecraft Arcoiris, a inanellare racconti in gran parte inediti in Italia. Non tutti sono memorabili, ma la raccolta ha il pregio grande di offrire un carotaggio su fantasie, sensibilità, intuizioni di tutto un orizzonte immaginale, spesso con un garbo formale che rende i testi di grandi godimento. Si parte così dall’onirico “La stella doppia”, 1893, della versatile e torbida Jane de la Vaudère (al secolo Jeanne Scrive, 1857-1908) vicina a Zola ma qui memore in apparenza delle Tentazioni flaubertiane, per passare all’intenso “Lorelei”, 1930, dell’inquieta poetessa e scrittrice baltico-tedesca Elizaveta Magnusgofskaya (nata Knauf, 1890-1839), e all’esotico e sapienziale “Una discesa gli inferi”, 1904, della coltissima Louise Charlotte Ernestine (“Judith”) Gautier, figlia di Théophile Gautier e moglie di Catulle Mendès.
Fin qui autrici non così note in Italia; ma segue “Un duplice omicidio” a firma della stessa Helena Blavatsky, che inietta una trama occultistica nelle inquietudini storiche dei Balcani dell’Ottocento – il mai risolto caso dell’assassinio di Mihailo Obrenović III di Serbia (che però avvenne nel 1868 e non l’anno prima, come nel racconto risulterebbe) – tra vourdalaki, mesmerismo, erboristeria magica, viaggi astrali. Nota è anche l’autrice del bel racconto “Una figlia di Pan”, appunto Dion Fortune, dalla godibilissima raccolta di casi del dottor Taverner, un dottore psichico ispirato al suo mentore Theodore William Carte Moriarty. “Una strana esperienza” della misteriosa Zuresta (Ida B. Prangley, vissuta a cavallo tra i due secoli, l’opera forse più nota è Fortune Telling by Cards compresa anche nella leggendaria collana The Dennis Wheatley Library of the Occult, Sphere 1975) offre un’intrigante storia di vampirismo occultista, mentre “La donna stregata” della grande Anna Kingsford, veggente e militante anti-vivisezione, fondatrice dell’Hermetic Society, evoca un sogno arcano del 1877 – forse un’esperienza in astrale – debitore nel linguaggio di tutto un immaginario sulle streghe.
Le autrici sono tra loro molto diverse, e i racconti presentano caratteristiche virtualmente opposte, alcuni emergendo quasi senza filtri dal mondo onirico (sottolineiamo il quasi: la trascrizione conduce inevitabilmente a una rilettura formale), altri mirando anzitutto a una narrazione godibile, per quanto debitrice forse di un orizzonte di fantasie, pulsioni e messaggi più che di progetti letterari costruiti a tavolino. Ma sicuramente offrono un panorama di estremo fascino e interesse su tutto un mondo, le sue agenzie sociali e le opportunità – non molte, ma conquistate con impegno accanito – offerte alle donne di uscire da un ciclo esistenziale asfittico, con percorsi identitari originali (le stranezze di certi profili culturali non dovrebbero turbarci) e scarti inevitabili dalle pastoie di un orizzonte storico.