di Giorgio Bona

Cristiano Godano, Il suono della rabbia. Pensieri sulla musica e il mondo, pp. 272, € 19, il Saggiatore, Milano 2024.

“Tutti dicono che la musica è amore”.

Sembra veramente uno slogan di altri tempi. Provai davvero quell’entusiasmo quando ascoltai per la prima volta, era il 1976, in un negozio di dischi in Via del Campo a Genova, Music is love, brano tratto dal disco LP If I Could Only Remember My Name di David Crosby, accompagnato da tutti i migliori musicisti della West Coast e, in realtà, uscito negli Stati Uniti cinque anni prima, nel 1971. E mi ritornano alla mente quegli anni leggendo il libro di Cristiano Godano catapultato nella realtà di mezzo secolo dopo, Il suono della rabbia.

Cantautore e frontman dei Marlene Kuntz, Godano (Fossano, 1966), attore, blogger, docente del Master in Comunicazione musicale alla Cattolica di Milano, si presenta in libreria con un libro che intende intercettare quelle vibrazioni e quella musica raccogliendo tutto in uno spartito fatto di sole parole. Non è sicuramente un esordiente della scrittura e ha al suo attivo una raccolta di racconti, I vivi, uscito nel 2008 da Rizzoli, seguito nel 2010 dal reading-concerto Nel vuoto dei Marlene Kuntz, ancora per Rizzoli, e nel 2019 dal saggio autobiografico per i tipi della Nave di Teseo Nuotando nell’aria. Dietro 35 canzoni dei Marlene Kuntz.

Il suono della rabbia è un libro che raccoglie alcuni testi scritti dal cantautore per “Rolling Stone”, accresciuto di tre elaborati, con impressioni e opinioni offerte con taglio narrativo. Un libro che sembra vivere di una voce dell’anima, di un approccio alla scrittura come in musica, appassionato e a volte scomodo, dove la parola è forte ed echeggia come una nota.

Tutto produce suono. Le guerre, le dita sullo schermo di uno smartphone… i battiti del cuore.

Cristiano Godano tratta grandi temi che attraversano le civiltà occidentali: dittatura, libertà, cambiamento climatico, internet: lo fa senza rabbia o rancore, indignandosi per questa deriva occidentale, un’indignazione che è alla base del suo comporre, del suo fare musica.

Sono trascorsi esattamente trent’anni dall’uscita dell’album di culto che segnò una generazione. Catartica fu il disco di esordio della band (13 maggio 1994) destinato a diventare una pietra miliare della musica italiana. Le quattordici canzoni che componevano l’album hanno rappresentato una risposta a tutti quelli che auspicavano una musica diversa che sfidasse le attrazioni dei richiami oltre confine, e intriso di un rock energico ma anche a tratti melodico.

Due sono per Cristiano gli autori di riferimento: Nick Cave e Vladimir Nabokov. Un cantante e uno scrittore accomunati da un sentimento forte e coraggioso, quello di vivere una vita totalizzante all’arte.

Nabokov rappresenta quel grande serbatoio della Letteratura, con la L maiuscola, cui attinge la musica impegnata, colta, che crea piacere all’anima e stimola pensiero e passione.

Nell’album del 2013 dei Marlene Kuntz Nella tua luce c’è un brano intitolato Osja, amore mio, che si ispira alla figura del grande poeta russo Osip Mandel’štam ed è scritto dall’appassionante visione della moglie Nadežda Jakovlevna Mandel’štam che durante gli anni di lontananza del marito nel periodo delle Grandi Purghe si impegnò a conservarne la memoria imparando a memoria gran parte del suo lavoro poetico. Un brano intenso da ascoltare più volte per percepirne con intensità la straziante bellezza.

In questo album è incluso anche un altro pezzo capolavoro dal titolo Il genio (L’importanza di essere Oscar Wilde), dove Godano si concede il lusso di scomodare Oscar Wilde che rappresenta l’emblema di un genio assoluto lontano dalla catastrofe.

Il suono della rabbia ci racconta un modo di stare dentro al mondo senza quell’ipocrisia che pare rappresentarne l’anima e la coscienza. Un modo di abitarlo senza stare in silenzio, “cantarlo” con tutta la passione che è dentro di noi, perché il suono della rabbia più diventa forte e alza il volume, più spinge intensamente a vivere la vita.

 

Le propagande esistono da sempre, e ne siamo tutti travolti. La nostra visione delle cose ne è influenzata, e la verità che pensiamo di possedere è spesso figlia di un bombardamento di informazioni finanche subdole che ci vengono somministrate.

 

Un approccio alla scrittura, quello di Godano, appassionato e a tratti scomodo, non privo di asprezza a indignazione: il titolo stesso del libro ne dà conto, generato da quella che si può definire la deriva occidentale anche nei temi più complessi e discutibili.

 

Il tema della morte mi è caro. La temo molto e la considero tremendamente ingiusta […] Fa parte del gioco, la morte, e fin dalla nascita, noi esseri umani, inchiodati dalla coscienza a tenerla in conto non appena il nostro pensiero di bimbi si struttura e si fa consapevole e ragionatore, viviamo sapendo di dover morire.

 

In queste pagine il legame tra l’attività artistica e quella del musicista non perdono colpi ed è una presenza costante tra l’impegno civile e la musica.

 

Per i pessimi percorsi che il cammino dell’umanità occidentale (quella in cui vivo, in cui viviamo) sta intraprendendo, portandoci, verso luoghi che appaiono pericolosi e minacciosi. I contesti sociali soffrono della gravissima crisi della democrazia e si paventano brutte o bruttissime derive, la tecnologia modifica la natura stessa della nostra essenza convertendoci poco alla volta in automi e il pianeta è infastidito dalle nostre attività antropocentriche…

 

In queste parole appare evidente il tentativo di far presa sul lettore per generare riflessione, lasciando sulla pagina emozioni e sensazioni vissute e qualche auspicio di speranza. Senza nascondere un evidente pessimismo e dismettere la posizione di pragmatico realista, alieno dal crogiolarsi in illusioni o raccontare favolette tranquillizzanti.