di Sandro Moiso

Emilio Quadrelli, L’altro bolscevismo. Lenin, l’uomo di Kamo, DeriveApprodi, Bologna 2024, pp. 208, 18 euro

Oratori silenzio!
A voi la parola
compagno Mauser.

(Vladimir Vladimirovic Majakovskij, Marcia di sinistra)

Sono numerosi i contributi e le ricerche di Emilio Quadrelli sullo sviluppo e la storia dei movimenti antagonisti e rivoluzionari, così come sulle problematiche che gli stessi, anche in situazioni di riflusso sociale come quella che accompagna i nostri giorni, devono costantemente prepararsi ad affrontare. Per questo motivo si è scelto di aggiungere in coda alla presente recensione una bibliografia, certamente ancora incompleta, dell’opera e degli articoli dello studioso e, soprattutto, militante genovese che nel corso degli ultimi anni ha fornito anche alla nostra testata.

Detto e sottolineato questo, però, va detto che a giudizio di chi scrive il testo da poco pubblicato da DeriveApprodi può costituire una specie di summa dell’interpretazione data dall’autore dell’azione di classe e del rapporto intercorrente tra questa e lo sviluppo di una coerente teoria rivoluzionaria, capace di fornire ai militanti dei movimenti e al processo destinato a superare lo stato di cose presenti una cassetta degli attrezzi non permeata dall’ideologia e dai suoi evidenti limiti, ma capace di resistere alle chimere di questo tempo infame per superarlo.

Non per nulla il volume si intitola L’altro bolscevismo e rovescia, nel sottotitolo ma non soltanto, quel Kamo, l’uomo di Lenin che era stato il titolo della più celebre opera pubblicata in Italia1 sulla figura del militante, bandito e combattente irriducibile che dal 1903 al 1922, anno della sua morte per una banale caduta dalla bicicletta, avrebbe dato prova di una fedeltà totale alla causa della Rivoluzione proletaria e comunista. Motivo per cui avrebbe trascorso, in fasi e periodi diversi, una buona parte della sua vita nelle carceri zariste.

Il rovesciamento del titolo non corrisponde soltanto alla necessità di superare la visione parzialmente romantica dell’eroe fornita dal testo di Baynac ma, soprattutto, da quella di spezzare letteralmente la vulgata che si è data a Sinistra del rapporto intercorrente tra prassi e azione in Lenin e nel suo partito. Una lettura mitopoietica, tutt’altro che dialettica, che sempre ha anteposto all’analisi concreta dello sviluppo dell’attività rivoluzionaria, anche sul piano militare e della “forza”, quello della capacità critica del singolo individuo, in questo caso Lenin, “solidamente” formatosi nella tradizione marxista.

Una lettura sviluppatasi sia in ambito staliniano che in quello dell’antistalinismo, che ha cercato di fare del rivoluzionario e dirigente russo una sorta di deus ex-machina della rivoluzione bolscevica che le varie fazioni in gara per contendersene l’eredità hanno potuto citare e, probabilmente, mutilare per poter rivendicare la propria “autentica” se non “unica” discendenza. Accantonando, nel fare ciò, la realtà della Storia e la concretezza dell’azione militante richiesta per giungere alla Rivoluzione di ottobre e alla sua successiva influenza sul movimento comunista internazionale.

Oggi, in anni in cui quest’ultimo termine ha cominciato a risultare un po’ troppo vago per definire lo sviluppo di un nuovo movimento antagonista capace di rovesciare gli attuali rapporti di produzione su scala mondiale, è salutare l’impegno di Quadrelli teso a dimostrare i diversi apporti, spesso dal basso e da aree politiche poi rimosse, in nome dell’”ortodossia”, dal curriculum del partito bolscevico, da cui derivò il successo dello stesso, prima e dopo il 1917.

Parafrasando l’incipit di un famoso e probabilmente dimenticato editoriale degli anni Sessanta2 iniziamo con una asserzione che non lascia spazio a equivoci e tanto meno a malintesi di sorta: cominciamo con il dire Kamo poiché, ciò che con il testo presente si è provato a ricostruire è la fabbrica della strategia leniniana, o l’altro bolscevismo, osservando la figura di Kamo come esemplificazione di tutto questo. Con ciò proveremo a discutere e leggere Lenin in maniera decisamente poco convenzionale, nella convinzione che il brigante del Caucaso (questo l’altro modo in cui Kamo, specialmente nella narrazione popolare è passato alla storia) rappresenti, non il tratto folcloristico del bolscevismo, bensi la cartina tornasole della teoria leniniana stessa3.

Come afferma fin dalla prima pagina, l’autore va a ricostruire su più solide e materialistiche basi lo sviluppo di quella che è stata considerata la fabbrica della strategia leniniana, in cui, occorre dirlo da subito, l’audacia (esattamente come nel pensiero militare di Napoleone) ha giocato un ruolo essenziale. Sia sul piano teorico che pratico. Una teoria e una prassi politica, oltre che militare, dell’audacia di cui Kamo costituì l’autentica e, forse, insuperata epitome.

Il testo di Quadrelli si divide in tre parti ben distinte. Nella prima (L’altro bolscevismo. Kamo, Lenin e il «partito dell’insurrezione», pp. 5- 69) viene evidenziato come non pochi tratti del populismo politico russo, di cui Marx nell’ultima parte della sua vita fu estimatore nonostante l’opera di rimozione in seguito condotta a partire da Plechanov4, divennero parte costitutiva dell’eresia leniniana. Nella seconda parte (La stagione di Kamo, pp. 70-146), avvalendosi delle metodologie della storia orale e della ricerca etnografica, si ricostruisce la ricezione che i militanti politici di base ebbero di Kamo nel corso degli anni Settanta. Mentre nelll’ultima (S’avanza uno strano soldato, pp. 147-204), declinata al presente, si argomenta la necessità di una ripresa «metodologica», senza dogmi di sorta, dell’eresia di Kamo e di Lenin.

In questa terza e ultima parte del libro si rivela la summa teorica, si potrebbe dire, dell’ulteriore eresia di Quadrelli che inizia là dove egli si pone una domanda tipica del presente:

esiste oggi “una questione immigrazione”? La risposta appare scontata. Ma cosa significa porsi questa domanda se non riconoscere che, in fondo, gli immigrati sono un corpo estraneo alle nostre societa? Cosa significa porsi “la questione immigrazione” se non percepire l’immigrato come qualcosa che rompe gli equilibri dei nostri mondi? Cosa significa ratificare l’esistenza dell’extracomunitario se non continuare a pensare che esiste un qua e un rigidamente separati. In fondo le retoriche dell’accoglienza o del respingimento che tanto animano il dibattito politico europeo soggiacciono alla medesima logica: “gli immigrati sono altro da noi”.
Ma gli immigrati sono veramente altro? I Paesi dai quali provengono sono veramente qualcosa che non ha nulla a che vedere con i nostri mondi? In altre parole, siamo ancora dentro i confini della vecchia fase imperialista? Ecco che, se posta in questi termini, la domanda sull’esistenza o meno di una “questione immigrazione” appare meno ovvia e scontata di quanto, in prima battuta, poteva apparire. La cosiddetta questione immigrazione, a ben vedere, non e altro che lo specchio per nulla deformato di cio che la fase imperialista globale ha prodotto. Gli immigrati e con loro i rispettivi Paesi di origine non sono l’arcaicità che approda al moderno, non sono i retaggi di un qualche ritardato modello di sviluppo, non sono il frutto esotico che improvvisamente compare nel mercatino rionale sotto casa, ma l’avanguardia, sotto il profilo politico e sociale, dell’attuale modello politico, economico e sociale capitalistico. Gli immigrati non sono plebi, lumpen, e chi più ne ha più ne metta. Gli immigrati sono la concretizzazione della figura proletaria prodotta dal punto piu alto dello sviluppo capitalista. Sono la storia del presente, non del passato5.

Per poi proseguire affermando che:

La polarizzazione sociale dell’attuale fase imperialista non può che proletarizzare gran parte di quella middle class sulla quale poggiava per intero il “consenso di massa” al potere imperialista nelle nostre società. La classe media e l’aristocrazia operaia occidentali di un tempo, il che è ampiamente comprensibile, rimangono strenuamente ancorate alle coordinate del vecchio mondo imperialista, guardando con avversione e terrore l’imporsi del nuovo ordine imperialista globale. La loro battaglia di retroguardia è tutta tesa ad evitare di precipitare dentro la condizione di vita del proletariato internazionale, non certo a sovvertire il modo di produzione capitalista. Per loro, ma non per il proletariato internazionale, la conservazione dei perimetri politici dello Stato Nazione è qualcosa di assolutamente appetibile e desiderabile. In fondo ciò a cui questi settori sociali mirano è la conservazione di un modello politico in grado di riconvertire nelle loro tasche una quota dei sovra-profitti rastrellati dall’imperialismo sulla pelle e sul sangue delle popolazioni extraoccidentali.
Questi settori, del resto, si sono sempre mostrati ampiamente schierati contro le insorgenze di popolo e proletarie di carattere radicale. Basti pensare, solo per citare esempi tanto noti quanto macroscopici, alla “linea di condotta” di questi segmenti di classe in Francia nel corso della Rivoluzione algerina, oppure nei confronti del movimento antimperialista tedesco degli anni
Sessanta e Settanta o nell’Italia del decennio insurrezionale. Centrale in questo ragionamento è il riconoscere come oggi siamo posti di fronte ad una trasformazione radicale sia della forma-stato che ha fatto da sfondo al nostro ‘900 sia della composizione di classe e della sua soggettività6.

Ed è a questo punto che Lenin, sempre secondo Quadrelli, torna ad insegnarci qualcosa, al di fuori degli schemi:

Abbiamo visto come, per Lenin, la lotta di classe e la soggettività a questa coeva siano il solo e unico termometro su cui misurare l’agire del partito. Tutto ciò, ovviamente, ha delle ricadute non secondarie sull’organizzazione e il suo modello. Abbiamo visto come, per Lenin, l’organizzazione sia sempre il prodotto storico della lotta di classe, quindi di una determinata composizione di classe e della soggettività di questa. L’organizzazione non è mai data una volta per tutte ma, volta per volta, il partito formale è tale solo se in grado di essere la materializzazione storicamente determinata del partito storico. Dentro le fasi storiche, e su questo Lenin, come si e ricostruito nei paragrafi precedenti, scrive cose che non lasciano dubbi in merito, l’organizzazione deve essere sempre in grado di cambiare pelle. Per farlo, non di rado, deve letteralmente gettare per aria tutto ciò che solo un attimo prima poteva considerarsi il punto di vista politico e organizzativo più elevato del conflitto di classe. Ma la storia, la lotta di classe, come non cessa mai di ammonire Lenin, obbligano a balzi, rotture e fratture che scompaginano e disorientano anche lo stesso partito d’avanguardia poiché quest’ultimo non può essere o pensarsi come soggetto astorico immune dalla dialettica storica. Ciò che vale per la classe, vale per il partito. Per questo tra partito formale e partito storico non può che esistere una costante dialettica storica in virtù della quale il partito formale è soggetto a una permanente mutazione.
Mantenere la struttura, la forma e le retoriche del partito formale all’interno di un contesto storico trasformato vuol dire condannarsi all’estinzione. Ciò che e valso per i populisti, incapaci di leggere il mondo nuovo che avevano di fronte e perciò condannati a estinguersi o a sopravvivere nell’ambito dell’archeologia storica, vale non meno per il movimento comunista. Chi non coglie il portato delle giornate rivoluzionarie e, a partire da ciò, non e in grado di organizzare e rilanciare ciò che la lotta di classe ha posto all’ordine del giorno si pone, obiettivamente, fuori dalla storia7.

Purtroppo, e per sole ragioni di spazio e tempo di lettura, occorre fermare qui l’analisi di un testo e di un’opera, quella complessiva di Quadrelli, che soltanto negli anni a venire dimostrerà appieno la sua utilità e indispensabilità per il ragionamento militante. Ecco perché vale davvero la pena di iniziare a conoscerla fin da oggi.

Bibliografia (sommaria) delle opere di Emilio Quadrelli.

La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini, (con Alessandro Dal Lago), Feltrinelli Editore, Milano 2003

Andare ai resti. Banditi. Rapinatori, guerriglieri nell’Italia degli anni Settanta, DeriveApprodi, Roma 2004

Gabbie metropolitane. Modelli disciplinari e strategie di resistenza, DeriveApprodi, Roma 2005

Evasioni e rivolte. Migranti Cpt Resistenze, Agenzia X, Milano 2007

Sulla guerra. Crisi Conflitti Insurrezioni, Red Star Press, Roma 2017

Le condizioni dell’offensiva. «Senza tregua. Giornale degli operai comunisti»: storia di un’esperienza rivoluzionaria (1975-1978), Red Star Press, Roma 2019

Autonomia Operaia. Scienza della politica, arte della guerra, dal ’68 ai movimenti globali, in appendice la ristampa anastatica del numero unico della rivista Linea di condotta del 1975, Interno 4, 2020

Gang, merce, autodifesa. Note sul “fronte interno” e la guerra permanente in S. Moiso (a cura di), Guerra civile globale. Fratture sociali del Terzo millennio, Il Galeone Editore, Roma 2021

Ri-cominciamo a dire Lenin. Dal “Partito di Mirafiori” al “Partito della banlieue” in G. Toni, P. Lago, Spazi contesi, cinema e banlieue, Milieu Edizioni, Milano 2024

Articoli di Emilio Quadrelli apparsi su Carmillaonline:

É la lotta che crea l’organizzazione. Il giornale “La classe”, alle origini dell’altro movimento operaio; serie di otto articoli comparsi tra il 22 luglio e il 22 settembre 2023

Atena sulla terra, 5 agosto 2023

Cronache marsigliesi; serie di otto articoli comparsi tra il 2 aprile 2023 e il 13 luglio 2023

Le problème n’est pas la chute mais l’atterrissage. Lotte e organizzazione dei dannati di Marsiglia ; serie di quattro articoli comparsi tra il 26 marzo 2023 e il 22 aprile 2023

Genova 2001. Una storia del presente; due articoli comparsi il 3 e il 6 marzo 2023

Il mondo della prigione tra alterità e realismo storico. La morte di Francis Turatello, (con Bruno Turci); due articoli comparsi il 25 e il 28 febbraio 2023

Il volto di Marte e le sue forme. Note su guerra asimmetrica e guerra simmetrica; serie di sei articoli comparsi tra il 1° ottobre e il 29 ottobre 2022

Le gang dei “minori stranieri”: teppisti o nuovo soggetto operaio?, 28 settembre 2022

Esclusione sociale e capitalismo globale. Per una discussione su lotte e organizzazione nel presente; serie di quattro articoli comparsi tra il 6 e il 17 settembre 2022

Le voci di dentro. Intervista a Emilio Qudrelli (a cura di Chiara Cretella); pubblicata in due parti il 22 e il 23 dicembre 2005

A tutto questo va aggiunto che se nel frattempo nessun editore vorrà farsi carico della pubblicazione dell’opera di Quadrelli sulla lettura data da György Lukács dell'”eresia Leniniana”, György Lukács, un’”eresia” ortodossa, questa sarà presentata, nei prossimi mesi, in una serie di circa dodici puntate ancora una volta su Carmillaonline.


  1. Jacques Baynac, Kamo. L’uomo di Lenin. Una biografia, Casa editrice Valentino Bompiani & C., Milano 1974 (edizione originale francese 1972).  

  2. “Cominciamo a dire Lenin”, in Potere operaio, n.3, ottobre 1969.  

  3. E. Quadrelli, L’altro bolscevismo. Lenin, l’uomo di Kamo, DeriveApprodi, Bologna 2024, p. 5.  

  4. Si veda: E. Cinnella, L’altro Marx. Una biografia, Della Porta Editori, Pisa- Cagliari 2014.  

  5. E. Quadrelli, L’altro bolscevismo. Lenin, l’uomo di Kamo, pp. 180-181.  

  6. Ibidem, pp. 183-184.  

  7. Ivi, p. 184.