di Giorgio Bona

Florence Macleod Harper, Addio Russia! Una testimone della rivoluzione del 1917, trad. di Mariana Tudorache, pp. 208, € 15, Lorenzo de’ Medici Press, Firenze 2024.

Florence Macleod Harper (1886-1946) era una giornalista canadese appena ventisettenne al momento del suo viaggio in Russia, inviata speciale dal quotidiano statunitense “Frank Leslie’s Illustrated Newspaper” (più tardi “Leslie’s Weekly”, di proprietà dell’incisore, illustratore ed editore Frank Leslie), con l’incarico di coprire la Prima guerra mondiale sul fronte orientale.

Florence fu una delle prime corrispondenti di guerra e una delle poche giornaliste occidentali a lasciare un resoconto immediato delle prime fasi della Rivoluzione.

Arrivò a San Pietroburgo attraverso la Siberia su un treno lungo e sporco, dividendo il suo tempo nella città della Rivoluzione, tra gli ospedali del personale in prima linea. Fu testimone degli eventi che andavano da febbraio a luglio del 1917.

Nei suoi reportage da giovanissima inviata c’è tutto l’ardore dell’età dentro un evento di così grande portata, visto con entusiasmo e anche con una ferma e curiosa capacità analitica che appare entro una scrittura sempre fresca e ironica, capace di raccontare la realtà e mostrare ai suoi lettori la verità con un’appassionata partecipazione. Una testimonianza viva, una descrizione dal vero minuziosa, che non lascia indietro nulla di quello che accadde in quei lunghi mesi: cortei, scioperi, scontri a fuoco, carestie e tragedie al fronte.

Questi articoli rimasero a lungo dimenticati, anche se tanto si era scritto degli eventi che caratterizzarono quel periodo, ma sicuramente rappresentano una testimonianza che, riscoperta, dà luce a molte ombre che resterebbero oscure ancora ai giorni nostri.

Come scrive Gian Piero Piretto in Quando c’era l’URSS. 70 anni di storia culturale sovietica (Cortina, 2020), la parola dominante della Rivoluzione fu: fare a pezzi il passato per ripartire dalla tabula rasa con un mondo inedito fondato su principi e valori diversi e opposti ai precedenti, irrimediabilmente inquinati; autocrazia zarista, economia rurale stagnante, terrorismo, violenza e repressioni.

Distruggeremo tutto il mondo della violenza fino alle fondamenta, scandiva l’Internazionale. Non era la prima volta che nella storia russa si pensava di farla finita con un vecchio sistema per ripartire da zero.

Secondo il suo racconto Florence Macleod Harper capì rapidamente che la rivoluzione era inevitabile:

 

In effetti ne ero così certa che vagai per la città, su e giù per la Nevskij, osservandolo e aspettandola come una parata circense.

 

E ancora:

 

Alcuni studenti si unirono a questa piccola folla di forse cinquanta donne e una di loro cominciò a fare un discorso. Notai che gli operai che attraversavano il ponte non potevano procedere, ma venivano respinti dai poliziotti di guardia all’imbocco (…)

La folla cominciò a crescere fino a contare circa duecento persone. Improvvisamente alcune donne cominciarono a cantare. C’era qualcosa di familiare nella melodia che stavano cantando (…)

Ho sentito cantare molte volte la Marsigliese, ma quel giorno per la prima volta la sentii cantare come dovrebbe essere. La gente era della stessa classe e la cantava per lo stesso motivo dei francesi che la cantarono per la prima volta più di cento anni fa. Il giorno della rivolta era arrivato. La bandiera rossa della rivoluzione veniva alzata. La Russia stava per essere irrorata di sangue.

 

L’impatto su Florence Harper non fu positivo. Si rese conto di avere davanti un paese di grande espansione, cerniera tra Europa e Asia, ed era lo stato europeo più arretrato. L’immagine di una pessima condizione della popolazione dove la povertà era così diffusa e la situazione allo stremo era tale che un deputato della Duma aveva riferito come nelle campagne la presenza di scarafaggi e insetti nelle case fosse da considerare una ricchezza. (Francoise-Xavier Coquin, La Revolution russe, 1974).

Chi guidava il tumulto? Chi aveva messo in subbuglio gli operai? Chi aveva portato i soldati dall’altra parte della barricata?

La risposta sta nel termine “spontaneità”, perché il grande movimento partì per un’adesione totale di ogni parte. Momenti di radicale inversione di percorso rispetto al cammino del paese fino a quel momento che si interruppe bruscamente, rinnegamento di un passato definito erroneo e ormai superato, un’adesione convinta alla nuova realtà che si aveva davanti.

Gli scritti di Florence Macleod Harper sulla sua permanenza in Russia apparvero per la prima volta nel 1918 da una piccola realtà editoriale dedita all’editoria di viaggio e di esplorazione. Nell’edizione originale erano presenti fotografe che il fotografo, poi regista e produttore Donald C. Thompson (1885-1947) realizzò durante il periodo della rivoluzione e che dovevano essere pubblicate sul periodico cui collaborava l’autrice.

L’attività di Thompson in quel caso non ebbe molta fortuna e non trovò il riscontro che meritava, e la stessa autrice è oggi dimenticata sia come scrittrice che come giornalista.

Merito dell’editore che ha riportato a galla questi scritti, con la presenza di un QR code sottostante che, attivato, permetterà di scorrere moltissime fotografie del periodo scattate dal seguito di Harper.