di Franco Pezzini
Ivo Torello, La gorgiera della contessa sanguinaria. Gli strani casi di Ulysse Bonamy. Vol. 1, pp. 128, € 9,90, Hypnos, Milano 2019.
Ivo Torello, L’harem delle vergini dannate. Gli strani casi di Ulysse Bonamy. Vol. 2, pp. 146, € 9,90, Hypnos, Milano 2019.
Ivo Torello, Il maledetto paese che puzzava di pesce. Gli strani casi di Ulysse Bonamy. Vol. 3, pp. 138, € 9,90, Hypnos, Milano 2020.
Ivo Torello, Estasi e tormento a Montmartre. Gli strani casi di Ulysse Bonamy. Vol. 4, pp. 144, € 9,90, Hypnos, Milano 2021.
A spin-off dello splendido La casa delle Conchiglie (Hypnos, 2018), e a partire dalla stessa Parigi, l’autore Ivo Torello sviluppa questa saga degli Anni Ruggenti, con protagonista un piccolo manigoldo, appunto Ulysse Bonamy, avventuriero di buon cuore, coraggioso e romantico, che ha avuto la ventura di ricevere un’iniziazione magica da un vecchio occultista. Mettiamo da parte Harry Potter: qui, a dispetto di un’ironia diffusa, la magia è quella seria, tocca i gangli dell’interiorità fino alle basse psichiche e conosce dinamiche torbide, a volte terribili. Tanto più che la scena è quella di una Ville Lumière che di occulto gronda (cfr. qui e qui): nei caffè, nei piccoli musei, nelle collezioni private, nelle sale-professori di istituti per ragazzine, nel retro dei teatri – un mondo evocato con straordinaria fantasia ma anche, finemente ed efficacemente, con l’occhio a documenti e realtà d’epoca.
Nella prima, vorticosissima avventura Ulysse Bonamy cerca di sciogliere il nodo della sparizione d’una stellina dei music-hall parigini, un caso che lo condurrà a dover sottrarre a un pericoloso personaggio la reliquia blasfema del titolo – appunto la gorgiera di Erzsébet Báthory. Nel secondo una scuola privata femminile rivelerà un bizzarro doppiofondo: e il gusto dell’operazione non sta tanto nell’imprevedibilità del quadro (dinamiche torbide nei collegi sono un topos, e non sono mancati effettivi sviluppi storici) quanto nella sua godibile, divertita e pirotecnica narrazione. Nel terzo il recupero di un’altra reliquia, la Coda del Leviatano, spingerà Ulysse e la sua alleata d’occasione a una catabasi in un paesotto francese di un’area (al tempo) non ancora turistica. Nel quarto, una guerra occulta esplode a Parigi sullo sfondo di una rivalità tra artisti…
Tassonomizzare tout court storie entro un genere può presentare sempre spazi di discussione, ma il richiamo agli strani casi indirizza immediatamente al weird, assai più che allo “strano” di Todorov: quel che è certo è che raramente ci si imbatte oggi in un mix tanto libero, colto, sottile, lisergico, originale in tema di fantasie sull’occulto & avventure d’azione. Il sordido c’è, ma c’è anche una sensualità frizzante e non torbida, gioiosa, spregiudicata ma sana. C’è la bellezza, non solo la tenebra o il disgusto. E, come l’uso dei dati colti, anche lo humour è sottile.
Forse anche per questa vivida originalità le truppe cammellate dell’usato sicuro non hanno mostrato eccessive attenzioni a storie brillanti, in sé naturaliter aperte a un potenziale grosso successo. Torello scrive molto bene, e sa rivelare un passo genuinamente letterario; è capace di declinare le storie, anche quando echeggianti più da vicino le fonti (penso a Il maledetto paese che puzzava di pesce, ammiccante a Lovecraft), con scarti robusti di intelligente autonomia, e giocando con efficacia sull’effetto pastiche; mostra una conoscenza autentica, attraverso ricerche non banali, di sottomondi che gli autori weird, se bravi, orecchiano in genere da lontano. La Parigi degli occultisti anni Venti è descritta con gusto, attenzione filologica, divertimento: e proprio la chiave del divertimento – finalmente!, verrebbe da dire – è ciò che stacca questi testi da tanta produzione corrente anche buona ma, almeno per chi avvicini il genere da mezzo secolo, non troppo ricca di sorprese. Torello conosce i trucchi del feuilleton, sa dispensare delizie di cultura con moti di sprezzatura di rara eleganza, è capace persino di pietas: tutti connotati che dovrebbero premiarlo, ma non forse in questa Italia.
Poi certo, queste avventure – finora ne sono uscite quattro, ma il recensore attende ansiosamente le seguenti – sono memori con vivace citazionismo di un’intera storia del fantastico: dove la lezione meglio appresa si rivela quella che sa smarcarsi dall’imitazione pedestre di personaggi, situazioni, temi per andare oltre. In un panorama dove il registro alto di un tessuto narrativo è considerato troppo spesso bene minore, merita cogliere di queste prove la potenza visionaria (le descrizioni delle esperienze chimiche di Ulysse, per esempio, sono notevolissime) e un’impeccabile qualità stilistica. Un risultato del resto possibile perché l’autore, sanamente, non si chiude nel recinto del fandom ombelicale e a colpi di altre letture – e di un’attenzione militante alla realtà – segue una propria poetica. Sta al lettore che sia davvero libero capire l’operazione e premiarla.